Caffe' Europa

 

 

La versione testuale del comunicato integrale delle Br

Caffe' Europa

 

(pag. 16)

maggioranza politica e come coalizione dell'Ulivo, non costituisce una formula politica stabile, nè si potrà istituzionalizzare la prassi della unificazione della coalizione intorno alla designazione della figura che viene proposta come presidente del consiglio come sintesi dell'equilibrio politico raggiunto all'interno della coalizione stessa. Già la caduta del governo Prodi e l'uscita di Rifondazione dalla maggioranza, dimostrarono come permanesse un processo di trasformazione delle forze e delle formule politiche, processo riconfermato dal successivo definirsi del progetto Prodi-DiPietro, teso non solo ad una semplificazione del quadro politico, ma anche ad assumere ruolo in essa, definendo un soggetto di centro-sinistra che superasse gli attuali partiti che compongono la coalizione dell'Ulivo, progetto che l'incarico di Prodi alla Presidenza della Commissione Europea ha ridimensionato in modo sostanziale. Un processo di trasformazione critico, a causa della difficoltà della coalizione di centro-sinistra a tradurre le scelte politiche di chiaro connotato antiproletario adottate dal suo Esecutivo, in formazione di un consenso elettorale sufficiente ad ottenere na maggioranza parlamentare. Un processo in cui dapprima, la ricerca di semplificazione, attraverso l'accentuazione del meccanismo elettorale maggioritario, ha impattato sull'esito referendario, decretando il concludersi di una stagione di forzature extraparlamentari legittimate con il voto referendario; poi, avendo la compattezza della coalizione, subìto una frattura con l'elezione di Ciampi alla Presidenza della Repubblica ed essendosi determinata una ridefinizione dei rapporti politici interni a vantaggio dei Ds, si è riaperto alla prospettiva di riforme istituzionali.

Sul piano internazionale dominano, il quadro della crisi economica e finanziaria con le sue prospettive di recessione mondiale, in particolare con il tracollo dell'economia giapponese, e la crisi economica sociale e politica che investe in specifico la Russia. All'interno di questo contesto si colloca l'offensiva Nato contro la Jugoslavia, con il pretesto di una "crisi umanitaria" nel Kosovo, passaggio odierno, e salto di qualità di quel processo di destabilizzazione e successiva normalizzazione imperialista dell'area balcanica e dei paesi dell'est europeo, su cui si è andato ridefinendo il ruolo della Nato e dell'Ue e dei loro Stati membri. Un ruolo che si colloca nel mutare dei termini della contraddizione est-ovest, non più imperniati sulla contrapposizione di sistemi economico-sociali e sulla deterrenza nucleare, ma sulla penetrazione economica e del modo di produzione capitalistico, operata in funzione della ricerca di nuovi ambiti di investimento di capitali, di forza-lavoro a basso costo e di nuove quote di mercato, con cui contrastare la crisi del capitale. Penetrazione economica e del modo di produzione capitalistico, che impossibilitata, non solo a prospettare uno sviluppo economico per queste aree, ma anche solo a mantenere, seppure nel medio-lungo periodo, gli storici livelli di sviluppo delle forze produttive e di risorse sociali, e che perciò non può essere sostenuta solo con i tradizionali strumenti usati negli ultimi decenni. Perciò il ruolo di Nato, Ue e Stati imperialisti, si è qualificato nel costruire le condizioni che la consentissero, attraverso la destabilizzazione politica, l'intervento bellico diretto, oppure attraverso l'integrazione dell'Alleanza Atlantica di alcuni Stati ex-socialisti, e , per governare le contraddizioni economico-sociali che genera questa penetrazione e il loro sviluppo politico, è stata attuata una strategia di annientamento di quegli Stati che rappresentavano punti di autonomia politico-militare, per l'assoggettamento politico e per l'insediamento militare, e per allontanare il fronte dai paesi del centro imperialista, e stringerlo intorno alla Russia e agli altri paesi non assoggettabili nè semplicemente con la dipendenza economica, nè con limitate offensive politico-militari. Processo in cui possono costruirsi le condizioni e le forzature politiche interne al rapporto Classe/Stato nei vari Stati europei, che mettano in grado di sostenere, nella Nato, questo complesso ruolo politico-militare nei confronti dell'Est europeo e dell'area mediterraneo-mediorientale. Un processo che, con i passaggi interni alla costruzione dell'Unione europea, e in particolare sul piano delle politiche repressive e controrivoluzionarie (Schengen), con la rifunzionalizzazione e il rafforzamento delle forze armate e di polizia, con la partecipazione attiva degli Stati europei alle iniziative militari Nato, con il rafforzamento della complementarietà tra Nato e Ue, nella funzione di quest'ultima di allargamento verso i paesi dell'est europeo, costituisce una dimensione idonea per mettere in grado i singoli Stati europei, di sostenere una proiezione offensiva su un piano politico-militare degli Stati Uniti. Processo che trova proprio nell'attestamento della mediazione politica in senso neo-corporativo, la principale base di attuazione e sviluppo, per un paese come l'Italia che svolge un ruolo cardine nella Nato, per la sua storica funzione di portaerei nel Mediterraneo, e che vede nella penetrazione in quest'area e in quella dell'Est europeo, uno sbocco non solo per il capitale monopolistico, ma anche, per quel capitale a più bassa concentrazione e centralizzazione investito in settori maturi, che può trovare quote di mercato e occasioni di investimento laddove vada costruito o ricostruito un intero tessuto economico (vedi la funzione svolta dall'Albania), interessi comuni a frazioni di borghesia per i quali, l'intervento politico-militare dello Stato in queste aree, costituisce una mediazione politica.

Il carattere dell'aggressione alla Jugoslavia, costituisce un ulteriore significativo approfondimento nel costruirsi delle condizioni per cui, la tendenza alla guerra accellerata dall'approfondimento della crisi di sovrapproduzione assoluta di capitali, può trasformarsi in effettivo sbocco bellico generalizzato per la sua maturazione, rivolta a forzare ulteriormente il rapporto con la Russia attraverso la completa esautorazione del ruolo dell'Onu; per il suo contenuto politico, attraverso il salto di qualità dell'intervento militare diretto e aperto della Nato che sulla base del principio dell'ingerenza umanitaria ha fondato la legittimazione formale dell'aggressione, e ha attestato il consolidamento della riformulazione della propria concezione strategica, riadeguata agli attuali caratteri



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