Caffe' Europa

 

 

La versione testuale del comunicato integrale delle Br

Caffe' Europa

 

(pag. 5)

Questo equilibrio si puntella sul ruolo della negoziazione neocorporativa, che a propria volta ha come principi fondanti la negazione degli interessi generali del proletariato e la composizione forzata di interessi sociali particolari e transitori intorno agli interessi generali della frazione dominante di B.I., ed è indirizzata a completare il processo di riforma e ristrutturazione economica e sociale per sostenere il ruolo del capitale monopolistico nella competizione e nel quadro dell'integrazione europea, e a strutturarsi come modalità di governo delle contraddizioni di classe, sostanziando lo Stato imperialista neo corporativo, che vuole ingabbiare le contraddizioni sociali in modo funzionale anche alla sua assunzione di ruolo nelle politiche centrali dell'imperialismo. Così la composizione neo-corporativa delle contraddizioni sociali, mentre è modalità di affrontamento delle contraddizioni sviluppate dalla crisi del capitale nell'ambito nazionale, è anche condizione politica interna per affrontare il manifestarsi delle stesse sul piano internazionale, condizione del sostegno alla borghesia imperialista che lo Stato può espletare nelle sue funzioni di dominio non solo all'interno, ma anche rivolto all'esterno, a spezzare le resistenze opposte alla penetrazione imperialista e alla sua oppressione.

Dentro questo quadro generale si colloca l'intervento dell'Esecutivo e delle parti sociali rivolto, come linea di fondo, alla ulteriore flessibilizzazione e abbassamento del costo del lavoro, nel sostenere il rapporto concorrenziale con altre aree economiche, incrementato dall'Uern e dalla crisi capitalistica. Una linea che cerca di coniugare corrispondenza alle istanze di competizione del capitale e risposta alla crisi occupazionale, ma nel concreto prevede una condizione di lavoro privata di garanzie fondamentali, selettiva su basi meritocratiche o produttivistiche e di controllo sociale, e mediamente impoverita come condizione salariale e di sussistenza in genere. La delega ottenuta dal Parlamento, per la riforma degli ammortizzatori sociali e il riordino degli incentivi, assieme alla delega sul collocamento, e a quella sulla sanità, e alla più complessiva politica fiscale, (ben 7 sono le deleghe, nel collegato ordinamentale all'ultima finanziaria su investimenti e occupazione), sono gli strumenti per un'opera organica di redistribuzione del reddito a favore del capitale e di riorganizzazione della società in funzione della competizione capitalistica e del profitto. Le "politiche attive del lavoro" sono un aggiornamento degli aiuti statali alle imprese, nel quadro dell'integrazione europea e della liberalizzazione dei mercati e del movimento dei capitali, che impongono allo Stato di svolgere la sua funzione di sostegno economico al capitale, stimolando non più i consumi, ma sostenendo e stimolando l'accumulazione capitalistica, in modo selettivo. La finalità ideologica è quella dell'occupazione, drasticamente contrattasi a partire dal programma di Maastricht, su cui può essere convogliato il consenso sociale. La concessione di tagli a oneri sociali e altri costi del capitale, viene compensata con tagli e rifunzionalizzazione della spesa sociale, in modo tale che le erogazioni siano, in parte circoscritte ad assistere situazioni socialmente marginali e particolarmente svantaggiate, quindi più universali, ma selettive, e in generale fungano soprattutto da stimolo alla flessibilità interna ed esterna della forza-lavoro incrementando la competizione tra proletari. La riforma amministrativa e quella fiscale, nel quadro più generale di una riforma in senso federale a livello costituzionale, sono tasselli di un mosaico di condizioni che è in corso di costruzione e di completamento, nel quale gli obiettivi di fondo di questo progetto possano trovare realizzazione, e di questo fa parte anche la riallocazione a livello locale e regionale della gran parte del sistema degli incentivi. Il complesso di questi passaggi dovrebbe costituire un processo di frammentazione degli interessi particolari e immediati della classe per poterli convogliare a una composizione subordinata, in primo luogo e in generale, agli interessi della B.I., e anche a quelli delle componenti di capitale concorrenziale e di borghesia locali, situazione per situazione. Dopo la riforma pensionistica di Dini che, rovesciando il criterio delle pensioni da retributivo a contributivo, introducendo il sistema a capitalizzazione e aprendo la strada alla previdenza integrativa privata, prospetta un futuro di povertà ai pensionati dei prossimi decenni, il processo di riforma e ristrutturazione economica e sociale, dovrebbe, oltre che velocizzare le scadenze della riforma pensionistica stessa, cancellare istituti come la Cigs e i prepensionamenti che, assieme alle pensioni di invalidità, criminalizzate ad arte negli ultimi anni, costituivano le misure di un welfare state povero che aveva essenzialmente consentito di governare gli effetti delle crisi e delle ristrutturazioni degli anni '80. In un contesto in cui la disoccupazione non è solo un effetto di crisi cicliche, ma è un dato strutturale non governabile con questi strumenti tradizionali, nelle contraddizioni sociali che genera e, dal momento che rapporti di forza favorevoli alla borghesia fanno reputare di poter eliminare questi costi sociali, la linea che nasce dal progetto centrale della B.I. prevede la loro sostituzione con un istituto come quello del "reddito minimo di inserimento" che consenta di perseguire l'obiettivo specifico di ridurre la spesa sociale, pur a fronte di incrementate esigenze sociali, e quello generale di favorire la competizione tra proletari. La natura e i caratteri di questo istituto in via di definizione, per la limitatezza, transitorietà e proporzionalità dell'erogazione, sono tali da farne una leva per la svendita della forza-lavoro che, affiancata alle misure per la "flessibilità in uscita" cioè per la liberalizzazione dei licenziamenti, svilupperà competizione tra occupati e disoccupati. L' "incentivo" a competere è dato dal rischio di perdita di questo reddito minimale e dello status stesso di disoccupazione che, con la riforma in atto del collocamento, si cerca di collegare alla ricerca attiva di lavoro, alla partecipazione a corsi di formazione, all'accettazione del lavoro che c'è, alle condizioni imposte. L'affermazione, attraverso una riforma organica degli ammortizzatori sociali, della logica "premiale" dell'erogazione di un reddito minimo, come corrispettivo dell'attribuzione all'iniziativa e responsabilità del



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