Caffe' Europa

 

 

La versione testuale del comunicato integrale delle Br

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(pag. 9)

elementi strategici che qualificavano tale proposta politica come avanzamento della strategia della rivoluzione proletaria nell'adeguamento alle forme di dominio e ai caratteri economico-sociali dell'imperialismo, in questa fase storica.

Il ricentramento dei termini dell'impianto politico-strategico, operato dalle Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente, nel rapporto con lo scontro, secondo la dinamica prassi/teoria/prassi, pur costituendo, per parte rivoluzionaria, termine di approfondimento della contraddizione rivoluzione/controrivoluzione, si è confrontato con le contraddizioni storiche che presiedono alle condizioni della Fase della Ricostruzione delle Forze in quella più generale di Ritirata Strategica, e si è prodotta una condizione di discontinuità nel percorso rivoluzionario. Il rafforzamento delle posizioni della borghesia realizzato con l'affermazione di questo duplice processo controrivoluzionario, sul finire degli anni '80 comincia a riversarsi sul piano complessivo delle relazioni politiche tra le classi. L'articolazione della dinamica controrivoluzionaria è stata infatti, il piano su cui le forze politico-istituzionali hanno avviato un processo di riposizionamento intorno agli interessi della frazione dominante della B.I., modificando il riflesso sulle stesse, del ruolo che lo sviluppo del movimento di classe aveva prodotto sui caratteri generali dello scontro politico; un riposizionamento, che ha riguardato principalmente le rappresentanze istituzionali della classe. La necessità di evitare la congiunzione tra piano rivoluzionario e piano della lotta di classe, aveva, infatti, contenuto l'attacco alle condizioni complessive della classe; il consolidamento del processo controrivoluzionario, determina le condizioni per riversare l'offensiva su tutta la classe, in quanto i passaggi per sostenere il governo dell'economia, nei caratteri storici attuali dell'accumulazione capitalistica, potevano avvenire in un quadro ipotetico di governabilità del conflitto di classe.

In quegli anni le linee di politica economica, che avevano accompagnato la risposta dello Stato all'offensiva di classe e rivoluzionaria, dovendo sostenere l'accumulazione capitalistica e sufficienti margini di governo del conflitto, raggiungono un punto critico di fronte alla ridefinizione degli interessi della frazione dominante della B.I., in relazione ai nuovi termini di concorrenza intermonopolistica e in relazione alle contraddizioni aperte dall'approfondirsi della crisi, aggravate dalle condizioni di debolezza dell'Italia collegate al posto da essa occupato nella divisione internazionale del lavoro. La leva del debito pubblico, come sostegno alla domanda interna e alla produzione, e come fattore su cui costruire equilibri sociali intorno agli interessi della B.I., ha teso a saturarsi per i livelli raggiunti e per gli effetti dell'investimento di capitali, tali da incrementare il deflusso di risorse in favore dell'accumulazione finanziaria ed estera, anzichè sostenere la produzione e il mercato interno.

La differenziazione valutaria come fattore di compensazione competitiva, rispetto alle economie di paesi dominanti, venne ridimensionata per l'aumento della spesa per interessi comportata dalla svalutazione, per i riflessi delle politiche di unificazione monetaria, e per l'interesse della frazione dominante della B.I., a favorire processi di concentrazione e centralizzazione di capitale e, della borghesia nel suo complesso, a ricercare la competitività del sistema economico. Tutto ciò, non ha peraltro impedito di ricorrere a svalutazioni che hanno portato la lira fuori dallo Sistema Monetario Europeo fino a quattro anni orsono. Anche il ruolo dello Stato come capitalista reale, è stato ridimensionato, a fronte delle politiche di liberalizzazione corrispondenti alle spinte alla concorrenza, alla concentrazione monopolistica multinazionale e al recupero di settori sottratti alla competizione internazionale.

La frazione dominante della B.I., espressa dal capitale monopolistico italiano, ha premuto sul quadro politico affinchè si facesse carico di sostenere i nuovi termini di concorrenza connessi all'avanzamento del progetto di Unione Economico-Monetaria-Unione Europea, e più complessivamente, di collocarsi nelle politiche centrali dell'imperialismo, che si rapportavano alla modificazione degli equilibri internazionali, in quanto il ruolo dello Stato sul piano internazionale per sostenere gli attuali termini di concorrenza intermonopolistica, assumeva, in questo contesto, un peso ancor più significativo.

 

Questi elementi, tra cui l'approfondirsi di un ciclo recessivo, connessi all'avvenuta modifica dei rapporti di forza tra rivoluzione e controrivoluzione, fanno assumere, all'azione della soggettività politica della borghesia, e in particolare dei diversi esecutivi che si sono succeduti, un connotato offensivo e complessivo, rispetto ai rapporti con la classe, e i caratteri di un sempre maggiore attivismo politico-militare nel quadro dell'Alleanza Atlantica e della Nato. La crisi delle leve consolidate e strutturate attraverso cui le forze di governo avevano costruito equilibri sociali e politici intorno agli interessi della frazione dominante della B.I., spingendo a un riadeguamento dell'azione politica degli esecutivi, si riversava anche sugli assetti istituzionali, sul ruolo del potere esecutivo, legislativo, giudiziario, delle forze politiche, e sulle forme di rappresentanza. Ciò, connesso agli esiti dell'offensiva controrivoluzionaria, assumeva il carattere di una crisi e ridefinizione della mediazione politica; cioè della sintesi del rapporto di forza e politico tra borghesia e proletariato riferita sia al



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