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Walzer: "L'idea di guerra giusta non e' per niente abbandonata"

Michael Walzer intervistato da Giancarlo Bosetti

 

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Guerra umanitaria? Guerra legittima o fuori dalle regole? Dopo l'intervento di Norberto Bobbio e nel mezzo delle discussioni che suscita, chiedo l'aiuto di Michael Walzer. E' un filosofo della politica, americano, apprezzato per tante ragioni e tanti libri, tra i quali ce n'e' uno che si intitola "Guerre giuste e guerre ingiuste". Il che lo predestina, ad ogni conflitto, a pronunciarsi sulla situazione. Giusta o no la guerra della Nato contro la Serbia? La domanda si ripropone anche se Bobbio su queste pagine ha preferito accantonare il dilemma: non ha piu' senso chiedersi - ha detto - se una guerra sia giusta o ingiusta, possiamo semplicemente domandarci se e' legittima o no dal punto di vista dell'ordinamento internazionale. E abbiamo visto che per il filosofo torinese l'attacco militare della Nato e' fuori dalle regole, non rientra nelle eccezioni previste dalla Carta delle Nazioni Unite. E' una scelta sostanzialmente obbligata e da condividere per altre ragioni storico-politiche, umanitarie, morali, - che sollevano le critiche di Luigi Ferrajoli e Danilo Zolo -, ma difficile da giustificare in un modo che non somigli in maniera imbarazzante alle guerre sante, alle Crociate, a un genere di cose che non si combina facilmente con una mentalita' moderna e liberale.

 

Se Bobbio dunque condivide la decisione di muovere guerra al dittatore nazionalista serbo per liquidarlo ma mostra le contraddizioni di una scelta compiuta dagli alleati al di fuori dell'ombrello dell'Onu, Michael Walzer invece giustifica la guerra pienamente, ritiene che sarebbe dovuta cominciare gia' anni fa per bloccare i progetti criminali di Milosevic. E che avrebbe fatto bene a farla l'Europa, da sola. Durante un convegno a Torino, la settimana scorsa, e' stato intervistato sull'argomento ed ha risposto in maniera molto determinata. E' stato presentato come un intellettuale pronto a difendere anche l'intervento sul terreno e a spingere gli incerti. Lo sento un po' a disagio, lui "left-liberal", il direttore di "Dissent", sempre cosi' temperato e meditato nei suoi giudizi, in questa rappresentazione estrema e bellicosa. Lo interroghiamo a Gerusalemme, dove si è trova da qualche tempo, in attesa di ascoltarlo di nuovo in Italia, tra poco più di un mese ad Abano Terme, dove aprirà un incontro pubblico italo-americano, organizzato da "Dissent" e "Reset" sul tema della guerra nell'epoca della globalizzazione.

 

Non e' esattamente il suo pensiero, professor Walzer, quello apparso sui giornali italiani a proposito della guerra?

"No, no le interviste andavano bene. Ho detto quel che ho detto, ma il titolo della "Stampa" ("fermatelo a ogni costo") faceva pensare che io sostenessi di essere pronto a fare "qualunque cosa" pur di fermare Milosevic. E questo e' sbagliato: io non appartengo a quel genere di assolutisti morali che farebbero "giustizia anche dovesse cadere il cielo". La guerra della Nato e' o dovrebbe essere governata dalle regole di prudenza e proporzionalita' esattamente come ogni altra azione militare o politica."

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Bobbio sostiene che questa guerra era necessaria ma che essa non si puo' legittimare nei vecchi termini di "guerra giusta". Questo concetto e' stato abbandonato, sostiene il suo collega italiano, durante le guerre dell'equilibrio europeo prima della Prima guerra mondiale. Ma forse lei non sara' d'accordo.

"E non lo sono infatti. Quelli che Bobbio chiama i "vecchi termini di guerra giusta" non sono stati abbandonati. Tutt'altro. Ho partecipato alle discussioni sulla guerra del Vietnam negli Stati Uniti senza sapere nulla, a quell'epoca, della teoria della guerra giusta. Ma ho imparato cose sulla teoria da questa pratica politica: gli argomenti che usavamo contro la guerra e gli argomenti impiegati dai suoi sostenitori provenivano tutti, per dir cosi', dall'arsenale della teoria della guerra giusta. Eravamo teorici senza coscienza teorica. E quando ho scritto "Guerre giuste e guerre ingiuste" io ho semplicemente sviluppato in maniera piu' formale quello che avevo gia' elaborato in una maniera pratica. Oggi la situazione e' la stessa: tutte le risorse che occorrono per parlare dell'intervento militare, tutti i concetti e gli argomenti che appaiono ora sui giornali quotidiani derivano dai vecchi libri sulla guerra giusta."

 

Se ho capito bene la sua opinione, lei sostiene che la guerra deve essere portata avanti fino in fondo dalla Nato, la quale deve impiegare tutti i mezzi militari necessari allo scopo, compreso l'intervento sul terreno. Bombardare la Serbia senza mandarci i soldati rischia di aiutare Milosevic nella sua strategia di pulizia etnica. E' cosi'?

"Non sono ne' un militare ne' uno stratega militare. E non so le le forze di terra sono un mezzo necessario per vincere nel Kosovo. Quello di cui sono convinto e' che gli stati dotati di eserciti che non possano essere messi a rischio non sono moralmente o militarmente qualificati per intervenire nel nome dei diritti umani. Se c'e' gente che viene assassinata, terrorizzata, portata via dalle sue case, una risposta militare sul terreno deve essere, almeno, una opzione disponibile. Non si puo' usare la forza nel paese di qualcun altro se non si e' preparati ad affrontare tutte le conseguenze della scelta di farlo. E non si puo' dire che si affronteranno le conseguenze di quella scelta soltanto fino a quando i tuoi soldati non saranno messi in gioco."

 

Lei dice che noi - noi come mondo civile, occidente, Europa - non dovremmo permettere senza reagire che accadano i massacri cambogiani, i crimini di Amin e altre simili cose. Ogni volta che i diritti umani sono violati da qualche parte e' giustificato un intervento militare esterno?

"Fermare i crimini contro l'umanita' e' qualcosa che i filosofi morali chiamano un "dovere imperfetto". Questo significa che si tratta di un dovere che non si puo' attribuire a nessun agente particolare. Qualcuno dovrebbe agire, ma nessun singolo agente o gruppo di agenti, nessuno stato e nessuna alleanza regionale di stati sono obbligati a farlo. Se l'Onu puo' agire, vale a dire se tutti gli stati con il potere di veto nel Consiglio di sicurezza sono d'accordo, questa e' probabilmente la migliore risposta. O forse la migliore risposta e' se uno stato vicino, o un gruppo di stati vicini, interviene. C'e' una serie di considerazioni prudenziali che sarebbero qui rilevanti. Ma, si', rispondo di si', se i crimini sono reali, se essi includono il genocidio, o la messa in schiavitu' su larga scala, o la pulizia etnica, e se la diplomazia non riesce a fermare quello che si deve fermare, allora l'intervento militare e' sempre giustificato."

 

L'opinione di Bobbio, e di altri su posizioni ancora piu' radicali, e' che l'intervento della Nato in Serbia non e' legittimo in termini di diritto positivo, di diritto costituito, perche' la Carta dell'Onu non contempla la eccezione della tutela dei diritti umani come ragione capace di giustificare l'intervento militare. E la sua?

"Cosi' come non sono un generale non sono neppure un avvocato o un docente di diritto. E neppure uno studente di giurisprudenza. Ma guardando ai fatti nella prospettiva di un cittadino qualunque, direi che l'Onu non ha ancora stabilito nulla che si avvicini a uno stato di diritto globale ("global rule of law") e percio' i suoi documenti non determinano realmente questioni di diritto positivo. Leggi che non siano approvate e messe in vigore ("enforced") mancano di "positivita'"."

 

Per continuare a fare le pulci a Bobbio, le sottopongo un altro suo giudizio, quello secondo il quale questa guerra in difesa dei diritti umani puo' essere paragonata alle "guerre sante", alle Crociate. Lei pensa che tutte le guerre di natura etica abbiano analogie con le guerre sante? Insomma e' necessario aggiornare la nostra concezione della guerra e della pace?

"Le memorie della Seconda guerra mondiale di Dwight Eisenhower furono intitolate "Crociata in Europa". E certo non e' difficile pensare in quei termini alla guerra contro il nazismo. Ma io lo eviterei se possibile, anche nella propaganda di tempi di guerra. La dottrina della guerra giusta fu dall'inizio indicata dagli autori cattolici del Medioevo come una alternativa alla dottrina della crociata o della guerra santa. Si tratto' soprattutto di uno sforzo per imporre dei limiti, perche' se uno sta combattendo una guerra contro Satana o l'Anticristo o le Forze del Male, e' probabile che pensi di poter fare qualunque cosa per vincere. E questo non si puo'. Si possono forse infrangere alcune regole morali, in casi molto speciali, in situazioni di terribile emergenza, ma anche allora si devono giustificare gli atti che si compiono. E non basta per giustificarli chiamare il proprio nemico con il nome di Satana."

 

Ma si puo' dare della guerra una giustificazione puramente di fatto? Gli Stati Uniti e la Nato combattono perche' mancano altri validi soggetti, non l'Onu, non una autonoma alleanza europea, capaci di fermare i crimini contro l'umanita'. E allora prendiamo per giusto quello che c'e'?

"Questa suona per me come una giustificazione morale. Che l'Onu non possa o non voglia agire nel caso del Kosovo - e che abbia tremendamento fallito in Bosnia - questo e' un fatto. Che la Nato possa agire e' anche un fatto. Ma sullo sfondo fornito dalla pulizia etnica, da centinaia di migliaia di profughi, questi fatti consentono una conclusione morale."

 

Alcuni ritengono che le lacune mostrate in questo e altri casi dalla Carta dell'Onu forniscano una buona occasione per riformarla introducendo la eccezione dei diritti umani, accanto alle altre due: la legittima autodifesa e la tutela della sicurezza internazionale. Lei crede a questa soluzione: sancire la guerra umanitaria da parte di una forza sovranazionale?

"Si', gli sforzi di riformare e trasformare l'Onu - e non solo di riscrivere la Carta - in uno strumento politicamente efficace al servizio dei diritti umani sono certamente giustificati e necessari. Ma non sono ottimista sul loro successo nel futuro prossimo. Questa unione di nazioni non e' una autentica comunita' politica; non possiede nulla che si avvicini a una volonta' comune. Proprio adesso si e' visto, come i mussulmani di Bosnia hanno imparato, non ci si puo' affidare alla tutela dei suoi soldati."

 

E dei soldati della Nato?

"Bene, quanto a questi ancora dobbiamo vedere se ci si puo' affidare a loro o no."

 

Pensa che sia concettualmente piu' promettente il tentativo fatto da Madeleine Albright in un recente discorso di ricondurre l'intervento della Nato a una necessita' di tutela nei confronti di una minaccia alla sicurezza internazionale (eccezione gia' prevista dalla Carta dell'Onu)?

"Suppongo che ci sia un senso in cui la sicurezza dell'Europa, o almeno dell'Europa dell'Est e del Sud, e' qui in gioco ed e' stata in gioco fin dal principio della rottura della Yugoslavia. L'argomento della sicurezza non dovrebbe essere impiegato in termini piu' larghi di questi. E' una questione europea, mentre la pulizia etnica e' una questione umana, e dunque un problema internazionale."

 

Bobbio ha avanzato anche una tesi estrema, una sorta di provocazione filosofica: gli Stati Uniti hanno una sorta di hegeliano "diritto assoluto" senza i limiti rappresentati da altri poteri perche' essi sono il potere egemone alla fine di questo secolo. Sono stati non solo i vincitori di tre guerre mondiali, ma i vincitori dalla parte dei valori della liberta' e della democrazia. Il loro potere assoluto e' dunque, per cosi' dire, storicamente meritato. Il che costringe ad essere filoamericani, senza alternative almeno fino a quando l'Europa non avra' una sua politica estera e una sua forza militare autonoma.

"Come americano, eviterei argomenti di questo genere. Ma li avverso anche come filosofo che respinge ogni versione del "diritto assoluto" hegeliano. Una "pax americana" non sarebbe la cosa peggiore che possa capitare al mondo, ma non e' il nome che do' alle mie aspirazioni. La mia speranza a breve termine punta verso un equilibrio di poteri di stile, diciamo, classico, possibilmente senza guerre fredde o rivalita' nucleari. E la prospettiva piu' immediata e' che il potere degli Stati Uniti sia bilanciato dall'Europa. Per questo avrei voluto vedere a suo tempo un intervento europeo in Bosnia, senza l'iniziativa o la leadership americana. Ma sono d'accordo con Bobbio: in assenza di una Europa indipendente, noi della sinistra dobbiamo appoggiare gli interventi congiunti Stati Uniti-Europa dovunque siano necessari ed efficaci. In generale, certo, e' meglio se i valori umani sono difesi da piu' di un solo agente."

 

 

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