Storia di Marie Jana Korbelova, in arte
Madeleine Albright Raffaele Oriani
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La guerra in Kosovo e anche e forse in primo luogo la guerra di
Madeleine Albright. E lei che lha voluta ed e il suo fallimento
diplomatico a Rambouillet che lha resa inevitabile. Questa, in sostanza, e la
tesi di un lungo ritratto del Segretario di stato americano apparso questa settimana sulla
rivista on-line Slate (http://www.slate.com). A.O.Scott, autore dellarticolo, mette
in luce i tanti aspetti inediti di questo personaggio cosi europeo, cosi
americano, esemplare unico di una miscela in cui biografia, genere, e personalita
vengono shakerati in un contenitore dacciaio: la tragedia del ventesimo secolo.
Madeleine e in realta Marie Jana Korbelova, il falco
clintoniano e una bambina praghese che sfugge impaurita alla presa di Hitler, la
figlia di un diplomatico ebreo di stanza a Belgrado, la nipote di quattro nonni morti nei
campi di concentramento. E Madeleine Albright, americana senza aggettivi,
apparentemente wasp, carattere di ferro, poche parole, tutte taglienti. Ed e
Mandlenka che a otto anni, finita la guerra, e di nuovo a Praga, ma non sa che la
storia ritornera presto a scassare i cardini della porta di casa. Passano infatti
tre anni ed e di nuovo emergenza, questa volta comunista, questa volta per un colpo
di stato in nome del popolo lavoratore. La famiglia ormai e allenata e
allemergenza risponde come sa: prontamente, con la fuga. Ma questa volta non ci
saranno ritorni e il trauma del 48 segnera lultimo capitolo europeo
della storia della figlia di Josef Korbel e Mandula Spiegel.
Per fortuna al mondo ce un posto dove e bello nascere
e non troppo difficile ricominciare. Per fortuna esiste un posto in cui per quasi
cinquantanni puoi vivere pensando di essere unaltra: una ragazzina di Denver
cresciuta secondo i precetti di santa romana chiesa, la figlia di uno stimato professore
universitario e presto la moglie di Joseph Medill Patterson Albright, rampollo di una
doppia schiatta di editori di quotidiani e padre delle tre figlie dellattuale
Segretario di stato. E questa fortuna Madeleine, come si fa chiamare da quando ha
attraversato lAtlantico, sa sfruttarla a piene mani: passa qualche anno a seguire
diligentemente la stentata carriera del marito e intanto studia, si diploma alla Columbia
University, segue le lezioni di politica internazionale di Zbigniew Brzezinski, comincia a
gravitare nellorbita democratica.
Nell84 e consigliere agli esteri della candidata
vicepresidente Geraldine Ferraro, nell88 del candidato presidente Michael
Dukakis. E nel corso di questultima campagna elettorale che incontra Bill
Clinton da cui non si e piu separata: al suo primo mandato e
ambasciatrice allOnu, al secondo Segretario di stato. E la prima donna a
rivestire questincarico e in breve si capisce che, a differenza dei suoi
predecessori Baker e Christopher, e destinata a diventare una celebrity. Grazie al
suo piglio deciso, certo, ma anche ai fantasmi che ritornano: non si e ancora
insediata nello staff presidenziale che Michael Dobbs racconta infatti sul
Washington Post il passato tormentato della ragazzina ebrea-praghese,
lemigrazione in America, il matrimonio con un uomo che labbandonera per
una donna piu giovane, la faticosa ascesa nellempireo washingtoniano. Una di
noi, insomma.
Da Segretario di stato anche per Madeleine e ora di riscoprire la
sua storia e di farne una chiara opzione politica. A differenza dei suoi predecessori non
orienta infatti la sua azione sui traumi del Vietnam ma su quelli di Monaco, non sulla
guerra persa ma sulla pace sbagliata, quella che concesse a Hitler un altro anno per
armarsi e colpire. La leadership che rivendica per il suo paese sa di diritti umani oltre
che di interessi economici, lautorita morale con cui riesce ad imporla le
deriva in tanta parte dalla doppia fuga da Hitler e Stalin: di nuovo cosi europea e
cosi americana. Eppure a guardare le cose per quello che sono a due anni e mezzo
dallinsediamento il suo score non e tra i piu brillanti: in Medio
Oriente la pace arranca, verso la Cina gli Usa hanno una politica altalenante, India e
Pakistan sono tornati a concorrere a colpi di esperimenti nucleari, Saddam Hussein e
ancora in sella e il suo popolo ancora sotto le bombe e lembargo.
Ora e la volta dei Balcani, forse lultima occasione per
tradurre finalmente in fatti le parole di un suo opuscolo del 93: Perche
lAmerica deve guidare il mondo. Il titolo puo sembrare sgradevole e i
palati fini del vecchio continente fanno segno di mal digerire tanta franchezza, ma
lallarme e almeno in parte infondato perche Madeleine Albright non
e tipo da sbornie ideologiche: ancora il 20 aprile, a guerra in corso da quasi un
mese, in unaudizione al Senato e riuscita a parlare toccando solo la corda del
buon senso e sostenendo che il nostro obiettivo deve essere trasformare i Balcani da
primaria fonte di instabilita' del continente a parte integrante della vita europea.
Esemplare sobrieta, quindi, che pero non deve far dimenticare che la ragazzina
ora e ministro, la preda e diventata falco e non ha piu bisogno di
fuggire di fronte ai dittatori del secolo. Se voleva spaventarla Milosevic e
arrivato con cinquantanni di ritardo.
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