Una 'crociata' illegale ma
necessaria e vincente perchè americana?
Lettera aperta a Norberto Bobbio
Caro Norberto,
abbiamo letto con l'attenzione e l'affetto di sempre l'intervista che
hai rilasciato a Giancarlo Bosetti sul tema della guerra in Serbia e che ieri è apparsa
su 'l'Unità' (15 aprile). Ora ti scriviamo questa 'lettera aperta' perché, pur
condividendo una parte delle tue affermazioni, siamo molto perplessi sul senso generale
della tua intervista e vorremmo che tu ci aiutassi a capire meglio il tuo punto di vista.
Tu riconosci che l'intervento armato della Nato viola il diritto
internazionale e non ritieni, a differenza di Antonio Cassese, che l'aggressione
umanitaria si sia autolegittimata ed abbia contribuito a fondare un nuovo ordinamento
internazionale, aperto all'ipotesi di un uso legittimo della violenza da parte delle
grandi potenze anche senza l'autorizzazione e fuori del controllo del Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite. Se così fosse, dichiari, "il principio di legalità
andrebbe a farsi benedire".
Per di più tu sostieni che, soprattutto nelle intenzioni dichiarate
dei "leaders" degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, questa guerra sta
assumendo le connotazioni arcaiche di una 'guerra santa', in questo caso in difesa dei
diritti umani e delle regole della democrazia liberale. Tu respingi questo spirito di
crociata planetario e inoltre rifiuti l'idea che gli Stati Uniti e i loro alleati possano
essere autorizzati a bombardare a loro discrezione i paesi nei quali i diritti umani e la
democrazia vengano violati: la guerra diverrebbe prassi quotidiana in ogni angolo del
pianeta.
A questo punto emergono però nella tua intervista due motivi che ci
sembrano in contrasto non solo con le tue dichiarazioni precedenti, ma che fatichiamo a
riconoscere come appartenenti al tuo insegnamento di filosofo del diritto e della
politica.

Per un verso tu sostieni che "noi dobbiamo agli Stati Uniti una
riconoscenza totale", perché è grazie a loro se oggi non siamo schiavi del fascismo
o del comunismo. Questa riconoscenza dovrebbe non solo spingerci alla comprensione nei
confronti della loro 'guerra santa' contro quello che tu definisci "il potere
demoniaco di Milosevic", ma indurci a pensare che la ragione stia ancora una volta
dalla loro parte.
Per un altro verso tu proponi una tesi di filosofia della storia
apertamente ispirata alla filosofia hegeliana. Secondo questa tesi sarebbe inevitabile che
in ciascun periodo storico una grande potenza eserciti un'egemonia culturale, politica e
militare sul mondo: così è stato con i greci, i romani, l'Europa cristiana, le potenze
coloniali ed oggi, di nuovo, con i paesi anglosassoni. Oltre a ciò -- e questo è per noi
un punto delicatissimo -- tu arrivi a sostenere che a questa egemonia non si può non
accordare una "giustificazione etica".Non riusciamo a condividere queste due
tesi e tentiamo di esprimerti qui, rapidamente, le ragioni del nostro dissenso.
Comprendiamo e condividiamo i motivi della tua simpatia per la cultura
liberale e democratica che in Inghilterra e negli Stati Uniti ha profonde radici storiche
e basi politiche molto solide. Riconosciamo che il mondo anglosassone è stato la culla
dei diritti individuali e delle libertà. Ma questo non dovrebbe farci dimenticare la
tragedia di Hiroshima e Nagasaki, la sconfitta degli Stati Uniti nella dissennata guerra
in Vietnam e l'aiuto da essi offerto in questo dopoguerra alle dittature latino-americane.
Nè può farci dimenticare l'entusiasmo degli americani per la pena di morte, l'enorme
diffusione negli Stati Uniti della criminalità e della violenza privata e la proporzione,
la più alta nel mondo, fra la popolazione carceraia -- quasi due milioni di reclusi -- e
la popolazione totale.
E non andrebbe trascurato non solo che negli Stati Uniti la violazione
dei diritti umani -- stando alle puntuali documentazioni di "Amnesty
International" -- è diffusissima, a cominciare dalla disciminazione razziale, ma che
essi si sono rifiutati di aderire al trattato che bandisce l'uso delle mine anti-uomo
oltre che alla costituzione del Tribunale penale internazionale (a favore del quale tu ti
sei più volte pronunciato).
Ma è un altro il punto sul quale vorremmo insistere. L'egemonia degli
Stati Uniti assume nelle tue dichiarazioni il valore di un argomento filosofico. Se è
vero che gli Stati Uniti sono oggi una potenza egemone che dispone di un "diritto
assoluto" rispetto ai diritti degli altri paesi, occorre riconoscere, tu sostieni, la
razionalità e l'eticità della loro egemonia. I rapporti di forza, tu dichiari, "non
sono solo un fatto compiuto, ma hanno una spiegazione di fatto ed una spiegazione di
diritto". Di Hegel tu citi un famoso passo della sua "Filosofia del
diritto" (il § 347) in cui egli riconosce al popolo che "è per quest'epoca
dominante" un "diritto assoluto di essere guida dell'attuale grado di sviluppo
dello spirito universale", non limitato dall'uguale diritto degli "altri
popoli", i quali invece "sono senza diritti" e, "come coloro la cui
epoca è passata, non contano più nella storia universale". "Il potere senza
rivali" degli Stati Uniti li pone dunque al di fuori dell'ordine internazionale e li
autorizza ad usare lo strumento della guerra senza più bisogno di alcuna giustificazione
legale?
Qui non riusciamo proprio a seguirti, al punto che speriamo in un
nostro fraintendimento. L'idea hegeliana del 'diritto assoluto' del più forte è l'esatto
contrario della concezione illuministica e contrattualistica che tu hai sempre difeso,
secondo la quale il diritto è semmai la legge che protegge il più debole contro le
prevaricazioni del più forte. Il 'diritto assoluto' hegeliano è l'esatto contrario di
quel progetto di ordine internazionale basato sul diritto che, seguendo l'insegnamento di
Kant e di Kelsen, tu hai proposto e lungamente elaborato nei termini del 'pacifismo
giuridico'. Al centro del tuo progetto c'è un'autorità giuridica superiore -- un 'Terzo'
neutrale ed imparziale -- la cui assenza hai sempre lamentato come la causa principale del
disordine e della violenza internazionale. E in questo caso il 'Terzo assente' è stato
appunto il Consiglio di Sicurezza che gli Stati Uniti, nonostante il potere di veto di cui
dispongono, tendono ormai a considerare com un impaccio di cui liberarsi al più presto.
Il tuo richiamo ad Hegel ci sorprende anche perché tu sei stato in
questi decenni un maestro di filosofia analitica ed empiristica, che ha sempre messo in
guardia contro le filosofie della storia. Proprio tu hai raccomandato a numerose
generazioni di studiosi del diritto e della politica la distinzione fra i dati di fatto e
le prescrizioni, fra la rappresentazione della realtà e la sua giustificazione morale,
fra la 'rozza materia' e i valori universali, tra essere e dover essere. Il principio
hegeliano al quale implicitamente ti richiami -- "ciò che è reale è
razionale" -- può servire al più come massima realistica nello studio delle vicende
umane, ma non può certo tradursi in una filosofia giustificazionistica della storia che
dia comunque ragione ai vincitori, che riconosca loro il monopolio della forza, della
ricchezza e della moralità.
Aggiungiamo che il ricorso alla guerra in Serbia, assieme all'abbandono
della fiducia nel diritto e negli strumenti pacifici del negoziato e del dialogo, è ben
lungi dall'ottenere i fini che sono stati proclamati dalle grandi potenze: la protezione
dei diritti fondamentali di un popolo perseguitato e martirizzato da uno spietato
dittatore nazionalista. Assieme alle immani distruzioni e all'uccisione di civili
innocenti la guerra voluta dal 'potere senza rivali' della massima potenza mondiale ha
avuto per ora, come ha scritto l'oppositore serbo Dusan Raljic, il solo effetto di
scatenare la vendetta di Slobodan Milosevic contro le inermi popolazioni kosovare, di
rafforzarne il potere all'interno della Serbia e di screditare le democrazie occidentali
agli occhi del mondo slavo.
Attendiamo su questi punti un tuo chiarimento. Se andiamo con il
pensiero a tutto ciò che hai scritto contro la guerra moderna e a favore della pace non
possiamo rassegnarci a pensare che tu oggi sia orientato ad accettare come
"obbligata", in un senso qualsiasi di questa parola, una guerra "fuori
dalle regole". A nostro parere un atteggiamento di questo tipo rischia di
rilegittimare in generale la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie
internazionali, in contrasto non solo con la Carta delle Nazioni Unite ma anche dello
statuto del Patto Atlantico e della Costituzione italiana.
E tutto ciò non solo equivarrebbe al collasso del diritto
internazionale ma rappresenterebbe un grave pericolo per la pace mondiale. Questa guerra
sta infatti rialzando il muro abbattuto dieci anni fa e lo interpone fra l'occidente e
quell'ampia parte del mondo -- dalla Russia all'India e alla Cina -- che si è opposta
alla 'guerra umanitaria' della Nato. Davvero possiamo pensare che questo sia un prezzo da
pagare all'ennesima vittoria degli Stati Uniti? Su questo, ne siamo sicuri, tu sarai
d'accordo con noi.