Letti per voi/Lettere damore dal
fronte, via telefonino Andrea
Nicastro
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Letti per voi/Lettere damore dal fronte, via telefonino
Questo articolo e' apparso sul "Corriere
della Sera"
Base di Katlanovo (Skopje) - "Buongiorno amore mio", scrive
appena sveglio sulla messaggeria del telefonino il caporale maggiore Turdo
alla fidanzata Giuseppina. E la sera l'ultima cosa che fa, già nel sacco a pelo, è
battere lettera per lettera sulla tastiera del cellulare: "Buona notte e sogni
d'oro".
In fondo, era prevedibile. Una generazione cresciuta a spot e videoclip
non aspetta 15 giorni che una busta passi dalle tende mimetizzate dei bersaglieri in
Macedonia all'Italia. O viceversa. E' una generazione che ha fame di tempo
reale. Che non rinuncia al bello della diretta. E sfrutta la tecnologia.
Per le armi come per i sentimenti.
Una rivoluzione: non c'è soldato italiano che non abbia nella tasca
interna della mimetica il suo portatile perennemente acceso. Nonni e bisnonni di questi
bersaglieri scrivevano alle future nonne e bisnonne dalle trincee al lume di candela.
Passioni e sospiri rimanevano impressi sulla carta e le lettere dovevano fare il lungo e
avventuroso viaggio per passare dal teatro delle operazioni alle mani
dell'amata. O della mamma. Oggi sembra inconcepibile. "Per mandare gli auguri di
Pasqua ho dovuto spedirli il 17 marzo e la lettera è arrivata il 2 aprile: più di due
settimane. Quello che avevo scritto era già tutto superato, vecchio" spiega il
caporale Castrense. In estinzione lettere e francobolli, in attesa che l'e-mail su
Internet diventi realtà anche in tende e camerate, il cellulare è la cosa più comoda.
Con il telefonino si parla (a caro prezzo), e con il telefonino si scrive (risparmiando).
Un messaggio inviato tramite etere dalla Macedonia all'Italia costa 300
lire contro le oltre mille lire al minuto di una telefonata: i testi possono avere al
massimo 80/170 caratteri a seconda dei modelli. Una sorta di telegramma portatile, a ben
vedere. Pochi secondi e la destinataria sente un trillo che l'avvisa della comunicazione.
Si ha la sensazione di essere assieme, non si perde il contatto. Unico rammarico (ma anche
questo molto contemporaneo) è che sono comunicazioni usa e getta.

Se un rinato Ungaretti scrivesse che nel campo dei bersaglieri a Skopje
si sta come d'autunno sugli alberi le foglie, la sua poesia andrebbe
distrutta. Bisogna confidare nella pazienza delle ragazze. Se e quando trascrivono. L'ha
fatto la Bimba più bella del mondo quando il suo Cucciolo le ha
scritto a puntate una poesia d'amore, recuperata sempre tramite telefonino per
il giornalista curioso: "Ma che cos'hai di più/ di tutte le altre tu/ Sarà il tuo
viso dolce/ o le tue mani bianche/ creatura divina/ immagine unica/ di rara bellezza/
così semplicemente donna/ così teneramente bimba/ Sono sicuro che non arriverà/ il
giorno che ti perderò/ e spero invece arrivi al più presto/ il giorno in cui ti
sposerò".
Nostalgia e sentimenti non badano al futuro della letteratura
epistolare. Forse da queste tende non nascerà un capolavoro, ma i soldati italiani di
ritorno dall'addestramento corrono a pescare dallo zaino il telefonino, lo accendono e
leggono e rileggono nel minuscolo schermo le poche parole arrivate. "Sto bene, ti
amo. Mi manchi da morire. Tua ...". "Oggi che fai? sei giù di morale?".
"Sono triste orsacchiotto, questa è la seconda Pasqua che passiamo separati".
"Ciao Beppe, non vedo l'ora che scendi in licenza, di abbracciarti perché mi manchi
tantissimo".
E loro, i bersaglieri, rispondono. "Ciao amore, sono Beppe, ti amo
e sei la mia vita". "Oggi ancora esercitazione, stanco morto". "Mamma
e papà, non preoccupatevi, sto bene. Mi mancate. Un abbraccio forte". Oppure:
"Amore, chiamami stasera alle 9".
Con i messaggi scritti si fissano gli appuntamenti per le telefonate
successive. "Cara, oggi smonto alle 6. Ti aspetto". E sono le conversazioni a
mangiarsi una buona fetta di stipendio. In due mesi di missione in Macedonia i bersaglieri
dell'8° Reggimento della Brigata Garibaldi hanno speso da un minimo di mezzo milione al
milione e 700 mila di un caporal maggiore che pioggia o freddo passa le serate fuori dalla
tenda a parlare con la ragazza. "Il governo italiano potrebbe pensare a delle
agevolazioni", azzarda uno. Altro problema dei portatili è che si scaricano. Senza
il caporale maggiore Gaetano Lavino, l'"angelo delle batterie", rimarrebbero
muti in un paio di giorni. Invece Lavino setaccia gli accampamenti, ritira le pile
esaurite e consegna quelle ricaricate. Una camerata della base di Petrovac è
costantemente occupata da centinaia di caricabatterie in azione. Un lavoraccio, ma tutti
gli sono riconoscenti. E il morale, dicono i superiori, rimane alto.
Qualcuno che scrive lettere vere e proprie, con carta e penna, ancora
c'è. La ragazza di un bersagliere a cui sono arrivate in due mesi quindici lettere, tutte
conservate nello zaino, all'asciutto. O la sorellina di 7 anni di Mendoza: "Ciao sono
Annalisa, ti voglio bene. Sto studiando come mi dici tu. Il gatto sta sempre bene e ti
saluta", con sotto il disegno del micione di casa. O anche il caporal maggiore Andrea
che scrive a Elisa: "Ciao amore, qui le cose per ora sono tranquille. Credimi, ti
capisco quando mi dici di tornare. Lo so che per te è più dura aspettare quel giorno che
finalmente mi stringerai tra le braccia. Non credere che io non senta la tua mancanza, è
solo che sono tanto impegnato sul lavoro... L'altro giorno sono stato al campo profughi,
per la distribuzione del pranzo. Sono stato molto male, ho visto una coda interminabile di
bambini soli... E' una catastrofe senza fine! Amore mio, mi sono commosso pensando che al
posto loro avremmo potuto esserci noi... C'erano delle ragazze bellissime proprio come te
che magari sognavano serate fantastiche con i propri fidanzati, ora invece hanno gli
sguardi persi, il sorriso spento... Tesoro mio, ti prometto che tornerò per riempirti di
tutti quei baci e di tutte quelle coccole che ti ho fatto mancare... Ti amo, a
presto". Giuseppe Curò, bersagliere di Messina, è tra i fedelissimi del telefonino.
Di scrivere non ha alcuna intenzione e per essere sicuro a Natale ha regalato il portatile
alla fidanzata. "L'altra sera stavo giocando a scopone in tenda - racconta - quando
Domenica mi ha chiamato da un pub dove era con la nostra compagnia. E' stato bello perché
mi è sembrato di stare un po' con loro a divertirmi. Geloso? Io non le impongo di stare a
casa, ha 21 anni come me e deve divertirsi. E' Domenica che rinuncia, non le sembra
giusto, dice. Gli amici sono andati a ballare mentre lei è tornata a dormire. Anche
Domenica in fondo è in missione".
Le regole - Portatile spento di guardia o in pattuglia
L'ordine stampato su tutti i muri dell'Italia fascista era: "Taci
il nemico ti ascolta". Ma come avrebbe fatto Mussolini davanti a un esercito con
telefonini quanti soldati? Ai suoi tempi le lettere dal fronte arrivavano a destinazione
tagliuzzate dalla censura: le informazioni militari semplicemente non dovevano
passare oltre le retrovie. Era in gioco la sicurezza delle operazioni e soprattutto il
morale del fronte interno.
In questa guerra di fine millennio, almeno tra le truppe dell'Alleanza
atlantica, tutto è cambiato. Colpa di un teatro di operazioni
(l'Europa) dove le retitelefoniche sono capillari e soprattutto "colpa" dei
cellulari. "Alla 11° compagnia Demoni, 4° plotone, 18° Reggimento - assicura il
bersagliereGiovanni Munno - il capitano Piccirillo ci lascia tenere il cellulare acceso
quasi sempre. Lo dobbiamo spegnere quando siamo in pattuglia o di guardia. Allora lo diamo
a un collega che magari resta nel blindato o al campo". In tutta la Brigata Garibaldi
le regole sono queste. Ma se un bersagliere inviasse sul portatile della fidanzata un
messaggio del tipo "Cara, domani non chiamarmi, devo andare a occupare
Belgrado", sarebbe militarmente parlando una tragedia.
"Siamo professionisti - spiega Vincenzo Lauro, portavoce della
Brigata - e sappiamo valutare che cosa possiamo e che cosa non possiamo dire a casa".
Autocensura, dunque. Ma è sufficiente? "Ognuno di noi è comunque in possesso di
informazioni relative al suo livello" rassicura il capitano Lauro. Con l'enorme
trasparenza con cui agisce la Nato, una fuga di notizie persino da parte di un tenente
colonnello operativo non sarebbe un grande rischio. E nessuno comunque immagina di andare
in Jugoslavia con
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