La morte appartiene alla vita
Roberto Carifi con Tina Cosmai
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La seconda parte di questa intervista verrà pubblicata su un
numero successivo di "Caffè Europa".
La natura, l’uomo, la morte, il dolore, hanno perduto la libertà di
esistere per come sono, nella loro semplicità d’essere. E' il
pensiero di Roberto Carifi, il poeta filosofo che ha appena pubblicato
un piccolo libro dal titolo In difesa della filosofia (Le
Lettere Editore). “
Nel suo saggio, lei sostiene che tra la filosofia e la morte vi sia un
legame profondo. Ci spieghi.
La filosofia è esercitarsi a morire, è esperienza della morte,
del distacco, del congedo, ma la morte invita alla vita. L’uomo ha
una concezione inautentica della morte, la considera un avvenimento
fobico. Invece essa è un riferimento all’esistenza stessa, perché
appartiene alla vita, perché è semplicemente in quanto non ancora
morto che io vivo. Il filosofo si confronta con la morte e con il
dolore, ne prende coscienza, perché la morte esiste, ci appartiene e
noi apparteniamo alla morte.

Bisogna imparare a soffrire, accettare il dolore e non rifiutarlo,
perché sarebbe una battaglia persa; il dolore è come l’amore, fa
parte di noi, del nostro essere emozionale. Si pensa che la gioia sia
bene e il dolore no, questo atteggiamento è sempre sbagliato; bisogna
dire “c’è”, le cose sono così come sono e il bene o il male
sono determinati dall’intenzione del nostro sguardo.
Lei è anche un poeta e nelle sue poesie vive con forza il
sentimento della morte…
Sì, nelle mie poesie il sentimento della morte è molto più
forte che non nelle riflessioni filosofiche. Credo che pensiero e
poesia siano legati perché hanno in comune la contemplazione, lo
stupore, il cammino dell’essere verso la verità. Però non potrei
mai codificare la poesia con la stessa precisione con cui ho difeso la
filosofia in questo libretto. La poesia resta sempre un mistero,
qualcosa che improvvisamente nasce dentro di noi.
C’è nelle mie poesie il sentimento della morte perché la poesia è
scavo interiore, e io cerco di non sottrarmi mai a nulla quando scavo
in me. Ultimamente poi la mia poesia è stata un impegno civile; tutti
gli eventi a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, queste guerre
assurde, sono state per me materia di scrittura e di riflessione
poetica particolarmente dolorose.

La poesia è anche partecipazione al dolore?
Quando l’uomo compie gesti efferati provo sofferenza, poi capisco e
continuo a dare la mia testimonianza di scrittore, proprio per
combattere tutto questo dolore; non mi arrendo e il pensiero, la
poesia, sono i mezzi di cui dispongo per condurre le mie battaglie,
contro la globalizzazione ad esempio.
Potrei andare in piazza come fanno molti, ma l’arma migliore che ho
è la cultura. Io credo che questo mio libretto in difesa della
filosofia, sia anche una protesta contro questa modificazione violenta
del mondo e quindi rivendicare il significato della contemplazione
può essere un recupero della dimensione umana, perché l’uomo sta
perdendo se stesso.
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