Una tragedia che non deve ripetersi
Paola Bechis con Paola Casella
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Una tragedia che non deve
ripetersi
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La desapariciòn raccontata
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Paola Bechis ha sempre fatto molto cinema e teatro,
ha recitato per due anni con Carlo Cecchi e lavora spesso in Francia.
Nata a Buenos Aires da madre cilena di origine svizzero-francese e
padre metà palermitano e metà piemontese, si è trasferita in Italia
a dieci anni. Il lavoro di ricerca per la sua interpretazione del
personaggio di Gloria, la moglie di un desaparecido, in Garage
Olimpo, il film scritto e diretto da suo fratello maggiore Marco,
le ha consentito di scoprire il suo paese natale, e adesso si sente
"a tutti gli effetti italo-argentina".
Paola è molto attiva nell'introdurre proiezioni di Garage Olimpo,
(soprattutto nel contesto di eventi come Comunicare fa male, organizzato
la scorsa estate dal Gruppo Eliogabalo), e nel partecipare ai
dibattiti al termine del film, dove immancabilmente "qualcuno,
incazzato nero, si alza per chiedermi: 'Che cosa si può fare?'. E io
rispondo sempre che me lo domando tutti i giorni, ma credo che già
prendere coscienza della situazione e parlarne sia importante. Ognuno
può concentrarsi su quello che può fare nel suo campo, artistico,
politico, economico che sia. Sicuramente non si può rimanere
indifferenti. Anche solo per vedere un film come Garage Olimpo
ci vuole coraggio, perché sai che dopo starai male. Ma almeno
conoscerai un po' più di storia. E poi Garage Olimpo lavora
sul piano psicologico dei giorni nostri, perché parla del tipo di
violenza che si ritrova sempre più spesso, in tutto il mondo".

Quali sono le Argentine di oggi?
La Colombia, Timor Est, la Bosnia. Si tratta sempre di violenza di uno
Stato contro i suoi cittadini, per ragioni diverse, magari, e con
meccanismi non identici. Ma chi se ne frega del perché, sfido
chiunque a sostenere che un genocidio sia giusto, eppure il mondo
continua a riprodurre questo schema. In Europa poi subiamo un altro
tipo di violenza, quella della mediatizzazione, che non ti toglie la
vita ma ti priva lo stesso della libertà allontanandoti dalla
verità, tenendoti nella bambagia, così la gente scende molto meno in
piazza.
Qual è la situazione attuale in Argentina?
In Argentina c'è stato il maggior numero di desaparecidos: trentamila
persone, un vero olocausto, più che in Cile, Brasile o Uruguay. La
cosa più terribile è che i generali sono stati processati ma hanno
ottenuto l'indulto, per cui sono rimasti lì, impuniti. Non possono
uscire dal Paese, ma se ne stanno tranquillamente a casa loro. L'unica
attività politica giovane effettiva è quella degli Hijos, i figli
degli scomparsi, che adesso hanno fra i venti e i trent'anni, e fanno
parte di un'associazione con sedi in tutto il mondo, compresa
l'Italia. A Buenos Aires vanno sotto le case dei generali e scrivono
sui muri "Qua abita un'assassino", vanno dal panettiere e
gli dicono: "Il suo cliente è un torturatore", togliendo
agli ex carcerieri almeno il quartiere, e avvisando la gente, perché
la gente non sa chi sono.
Come vi siete documentati prima di girare Garage Olimpo?
Abbiamo lavorato moltissimo con i sopravvissuti dei campi e con i
familiari, che spesso sono rimasti con noi sul set. Il mio personaggio
è ispirato a una donna che ha cercato suo marito per vent'anni, e lui
si era suicidato 24 ore dopo essere stato preso perchè era un
operativo dei Montoneros. Lei l'ha cercato dappertutto, anche se dopo
alcuni anni ha immaginato che non l'avrebbe più ritrovato, ma il
dramma della desapariciòn è proprio quello che, non ritrovando il
corpo né la memoria dei propri cari, i parenti continuano a coltivare
la speranza. Inoltre, anche se il film non è interamente
autobiografico, si basa in gran parte sui ricordi di mio fratello
Marco, che è stato sequestrato negli anni Settanta e internato in un
campo, il Club Atletico, simile al Garage Olimpo del film.
Lei che cosa ricorda di quella circostanza?
Marco ha dodici anni più di me, e io all'epoca ne avevo solo nove,
per cui ho ricordi abbastanza confusi. Però sono stata proprio io a
rispondere alla telefonata dell'amico di Marco che annunciava la
scomparsa di mio fratello. Ricordo la tempestività con la quale i
miei genitori sono partiti dall'Italia: nell'arco di tre ore erano
all'aeroporto. Fra il fatto che Marco ha il passaporto cileno e che
mio padre ha sguinzagliato tutte le sue conoscenze, nel giro di venti
giorni hanno scoperto in che campo era rinchiuso, uno degli oltre 300
aperti in quel momento. Dopo venti giorni di sequestro Marco è stato
riconosciuto prigioniero politico e trasferito in un carcere "di
superficie". A quel punto esisteva un documento di carcerazione,
qualcosa di scritto. La tragedia di chi veniva sequestrato era invece
quella di diventare solamente un numero: non c'era più traccia di te,
eri letteralmente scomparso, tolto dall'esistenza.

E' difficile credere che nessuno allora sapesse ciò che stava
accadendo.
La gente che era coinvolta nel movimento di opposizione e che aveva
paura che i compagni parlassero sotto tortura è tutta scappata. Come
succedeva in quegli anni anche in Italia, esisteva una ribellione
studentesca. Solo che ovviamente in Argentina la ribellione si è
trasformata in opposizione alla dittatura. Così mentre in Italia
magari ci si picchiava, o ci si pigliava i lacrimogeni, là gli
studenti sparivano perché la dittatura aveva deciso di eliminarli
fisicamente. I giovani non sapevano che la gente sparisse, però
sapevano che certe loro azioni, come quella di insegnare nelle
favelas, come facevano Marco o la protagonista di Garage Olimpo,
andavano contro lo stato. C'era un coprifuoco, polizia da tutte le
parti, quindi erano coscienti di esporsi a un rischio. Ma non potevano
nemmeno immaginare ciò che succedeva nei campi. Finché non eri
dentro non lo sapevi. E quando c'eri non ne uscivi più. Di ciò che
succedeva nei campi si è saputo solo dopo, quando i pochi
sopravvissuti hanno cominciato a parlare.
Che cosa si aspetta dal processo di Roma (che dovrebbe avere luogo
a metà ottobre, nda)?
Tutti ci aspettiamo giustizia, Marco ha anche testimoniato. Speriamo
che, visto che il processo si svolge al di fuori dell'Argentina, si
possa ottenere qualche risultato concreto. Basta vedere la situazione
di Pinochet: è successo qualcosa soltanto quando Pinochet era fuori
dal Cile, e nel momento in cui è rientrato in patria tutto è
ritornato come prima. Il processo di Roma è per gli italiani
scomparsi. Esiste un grosso collegamento fra Italia e Argentina.
Moltissimi italiani vivono a Buenos Aires, e tanti argentini,
scappando alla dittatura, si sono rifugiati in Italia, oltre che in
Spagna.
Lei mantiene i contatti con la comunità argentina qui a Roma?
Sì, e anche all'interno della comunità dopo l'uscita di Garage
Olimpo c'è stato un fermento pazzesco. Il film ha scosso
l'opinione pubblica perché ha raccontato il meccanismo della violenza
in modo molto pudico, e il fatto che la tortura non si veda mai
direttamente rende il film ancora più forte. L'immaginazione è anche
più vivida dell'immagine.
E ti consente di immedesimarti meglio con i torturati, perché
nemmeno loro vedevano.
Sì, anche tu come loro non sai che cosa aspettarti da un momento
all'altro, che cosa ti può succedere. Direi che è la forza del film,
e anche la sua estetica. Il nostro obbiettivo era quello di raccontare
il meccanismo della violenza senza sensazionalismi o sentimentalismi,
esponendo semplicemente i fatti.
A cosa serve fare un film così?
A che la storia non si ripeta. La vicenda raccontata nel film è
successa vent'anni fa e da allora le cose non sono cambiate: la
violenza dello stato contro il cittadino continua a riprodursi. Garage
Olimpo è atemporale, potrebbe essere ambientato in qualsiasi
posto del mondo: entri nel meccanismo del garage e, a parte i costumi,
non riconosci né il luogo né il periodo storico. Marco ha aspettato
anni prima di realizzare Garage Olimpo, che aveva scritto molto
tempo prima, perché diceva che non si può raccontare una storia nel
momento stesso in cui sta avvenendo, non c'è abbastanza distanza dal
racconto. Gli ci sono voluti vent'anni per capire come raccontare
questa storia. Il suo progetto era inizialmente di girare un film in
Bosnia, e infatti ha scritto la sceneggiatura de Il carniere,
ma poi non l'ha diretto lui per disaccordi con la produzione. E'
allora che ha deciso di raccontare la storia dei desaparecidos come si
trattasse della Bosnia di oggi. Per lui l'"alto" di Buenos
Aires è l'Europa indifferente e il Garage Olimpo è la Bosnia. Se in
Argentina la gente viveva sopra i campi di tortura, noi viviamo di
fianco ai lager in Bosnia.
Anche nel film Il carniere (diretto da Maurizio
Zaccaro e uscito nel '97, nda), come in Garage Olimpo, i
protagonisti hanno l'impressione di capitare quasi per caso in un
inferno.
E' quello che succede a tutti i popoli oppressi.
I carcerieri di Garage Olimpo vengono descritti come demoni
minori, degli impiegati della tortura.
Infatti. Marco ha volutamente ridotto questi militari al niente, per
non dare loro importanza. Del Padrino si ricordano solo i
cattivi, Marco invece ha voluto fare un film dove ci si ricorda solo
delle vittime.
Come mai Marco ha scelto una protagonista femminile?
Per mantenere più distanza dalla storia, che era troppo personale per
poter essere raccontata in maniera diretta. E poi la sceneggiatura
prevedeva la vicenda sentimentale della protagonista con un militare,
e i militari erano tutti uomini.
Marco sta lavorando a un nuovo film?
Sì, è in preproduzione. E' ambientato un po' in Italia e un po' in
Argentina, e so solo che riguarderà un altro aspetto del tema della
desapareciòn.
Ha difficoltà a girare in Argentina?
No, è dal '90 che va avanti e indietro da Buenos Aires, e Garage
Olimpo è stato girato tutto lì nel '98.
La protagonista di Garage Olimpo non ha padre e viene difesa
dalla madre; il personaggio di Gloria è quello di una donna che cerca
il marito. L'impressione che lascia il film è che gli uomini siano
stati carcerieri o vittime senza voce in capitolo.
Effettivamente sono state soprattutto le donne a combattere per i
desaparecidos. Il fatto è che i militari hanno sottratto tanti figli
alle loro madri, e sono le madri a lottare fino alla morte per
difendere i loro cuccioli. Nella scena di Garage Olimpo che è
stata girata all'interno di una chiesa, le donne sedute sulla panca
erano le vere madri dei desaparecidos, una delle ultime due è Lita
Boitano, una dei capi dell'organizzazione dei Familiares, che ha perso
due figli che andavano a scuola con Marco. Lei dice sempre: "Non
voglio sparare in bocca ai carcerieri, ma ottenere giustizia. Solo
così potrò sentire che i miei figli sono in pace." Perciò
collabora con qualsiasi iniziativa che possa restituirle una verità,
una memoria. Come atto di estrema generosità, ha prestato due vestiti
di sua figlia Adriana all'attrice protagonista di Garage Olimpo,
fra cui quello nero che lei indossa nella scena dell'uscita finale.
Il trattamento che gli Hijos riservano agli ex torturatori è
speculare e contrario a quello che hanno subito i loro genitori: ai
desaparecidos è stata tolta l'identità, e i loro figli restituiscono
agli ex carcerieri l'identità di assassini che loro adesso cercano di
celare.
Infatti la desaparecion è proprio di una questione di identità.
Quando la protagonista del film entra nel garage e le chiedono il suo
"nome di guerra" e le danno un numero. Gli Hijos devono
riscoprire la loro storia. Poi c'è la tragedia dei figli dei
desaparecidos che sono stati adottati e scoprono, magari a 15-16 anni,
che i loro genitori adottivi hanno ammazzato i loro genitori veri, con
lo Stato argentino che, dopo aver concesso agli ex carcerieri
l'indulto, dà loro addirittura un'indennità per tirare su i figli,
dei soldi con i quali loro vivono. Una schizofrenia assoluta. La cosa
secondo me peggiore è che i militari hanno distrutto intere famiglie,
intere generazioni: la loro opera di devastazione è proseguita ben
oltre la durata della dittatura. Per questo tutti i giovedì le madri
vanno ancora in piazza. Quando giravamo Garage Olimpo a Tucuman,
un ex generale è diventato governatore e centinaia di ragazzi sono
stati lì due giorni a urlare e a manifestare. Almeno questo. E' la
loro lotta, se non addirittura la loro ragione di vita.
Qual è stata la reazione a Garage Olimpo in Sudamerica?
Per il momento il film è stato distribuito solo in Cile e in
Argentina, e in entrambi i paesi è andato meno bene che in Europa.
Meglio di quello che ci si aspettava, ma non ha riempito le sale. In
Argentina è stato commesso un errore di distribuzione, perché il
film è uscito in troppe sale contemporaneamente, e non si può fare
uscire un film così in un centro commerciale di fianco a Rambo.
C'è stato anche il boicottaggio di alcuni cinema dove all'ingresso
dicevano che la sala era piena quando invece non c'era nessuno dentro,
così dopo due o tre settimane potevano dire che il film non aveva
incassato e toglierlo dalla programmazione. C'è una grande fetta di
pubblico che rimuove, che non vuol più sentir parlare di
desapariciòn. C'è ancora una fetta di gente, anche se non la
maggioranza, che pensa che i desaparecidos fossero giovani che si sono
messi in politica, e quindi cazzi loro. C'è ancora chi pensa che i
Montoneros fossero degli assassini: certo, era una guerriglia di
opposizione, quindi ovviamente ci sono stati atti di violenza. Ma
quella parte dell'opposizione ha commesso infinitamente meno crimini
di quelli perpetrati dalla dittatura.
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