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Quelle che seguono sono alcune dichiarazioni di
Marco Bechis, regista di "Garage Olimpo", pubblicate sul sito
ufficiale del film
Durante un'indagine che ho fatto prima delle riprese mi raccontò il
proprietario del bar di fronte al luogo dove sorgeva l'edificio che
nascondeva nel sottosuolo il "Club Atletico" (il campo di
concentramento in cui è stato rinchiuso Marco Bechis, ndr) che
qualche mese prima del colpo di stato militare alcuni operai che
pranzavano nel suo bar gli raccontarono che stavano costruendo delle
celle nei sotterranei dell'edificio di fronte. Mancavano 7 mesi al
colpo di stato del marzo 76. Era stato tutto premeditato e studiato.
Tra il 1976 e il 1982 nella città di Buenos Aires hanno funzionato
365 campi di concentramento clandestini come il "Club
Atletico" e l’"Olimpo". 365 luoghi sotto la città
che ha ospitato un mondiale di calcio nel ‘78, tournè di balletto
moderno, l’Opera lirica. Nel 1977 alcuni giornalisti hanno
protestato vivamente riempendo colonne dei loro giornali perché
alcuni film europei venivano proiettati con tagli di censura, ma gli
stessi non hanno scritto mai una riga su quello che stava avvenendo
sotto i loro piedi. E sapevano, loro sapevano. Buenos Aires, una
città che in quegli anni ha moltiplicato vertiginosamente gli affari
con investimenti che arrivavano da paesi di tutto il mondo, l’Italia
tra i primi.

La sparizione dei prigionieri e il silenzio sul loro destino non era
casuale, era stata una decisione presa scientificamente dall'inizio
della dittatura militare. Un particolare di cui si è parlato poco è
l'età delle vittime e dei carnefici, tutti giovani, tutti intorno ai
vent'anni. Durante l'addestramento ai militari veniva mostrato La
battaglia di Algeri, non tutto il film che era proibito, solo le
sequenze delle torture.
Non dimentichiamoci che gli stessi torturatori erano giovani: Videla
aveva 49 anni, "El Tigre" Acosta ne aveva 33, l'aguzzino
Astiz ne aveva 24.
Tutto questo sistema è venuto alla luce grazie alla confessione di un
pilota, il capitano Scilingo, a un giornalista. Questi ha dichiarato
di essersi trovato settimanalmente a pilotare questi aerei della
morte, almeno finché un giorno, compiendo il "suo dovere"
ha rischiato di scivolare e di cadere dal portellone dell'aereo. In
quel momento si è immedesimato nella condizione delle sue vittime, e
questo pensiero ha covato per anni finché non ha maturato la
decisione di parlarne.
Dopo la caduta del regime, gli stessi carnefici si sono costruiti una
legge "ad hoc" che amnistiasse i crimini commessi, la "Obediencia
Debida". Tanti, troppi, comandanti di allora hanno così scampato
il giusto giudizio... per fortuna questa legge non aveva tenuto in
conto le situazioni future che potevano crearsi, non comprendeva i
bambini, i quali spesso venivano adottati dai carnefici stessi. Si è
calcolato un numero di circa 400 di questi bambini, ormai adolescenti.
53 di essi sono stati individuati, questo vuol dire che almeno 350
giovani ancora vivono con gli assassini dei propri genitori
desaparecidos.

Giustizia in Argentina non c’è stata, i responsabili dello
sterminio circolano oggi liberamente per le strade: sequestratori,
torturatori, colonnelli, generali. Capita di incontrarli in un bar, in
un ristorante, in un cinema. Capita anche che qualcuno li riconosca e
li insulti. In genere il criminale accenna un sorriso beffardo e si
risiede a tavola, bene o male è soddisfatto di essere ancora
qualcuno. Ecco che cos’è l’impunità.
L'Argentina oggi è divisa tra il desiderio di giustizia e una
tensione alla rimozione... C'è un tentativo di recuperare un altro
rapporto col passato e con la legalità. Da poco sono stati arrestati
10 militari e alcuni processi si stanno tenendo in Europa, dove la
giustizia per fortuna è indipendente e va avanti.
Negli ultimi vent'anni altri orrori sono accaduti e hanno occupato i
media... "Forse fino a poco fa non importava più a nessuno dei
desaparecidos e delle dittature sudamericane, ma la vicenda di
Pinochet le ha riportate all'attenzione. Poi c'è l' attualità del
processo che si terrà la prossima estate, in cui lo stato italiano si
è costituito parte civile contro i militari argentini per la tortura
e la morte di almeno cento cittadini italiani. Un processo che si deve
a Pertini, il primo ad assumere un impegno che poi il governo Prodi ha
sottoscritto".
Sono più di un centinaio gli italiani (con un passaporto in tasca)
che sono ancora desaparecidos. L’udienza preliminare contro i
militari argentini colpevoli della morte e della tortura di centinaia
di italiani, è (stata, ndr) l’11 luglio 1997 a Roma. Uno degli
imputati è l’ex generale Guillermo Suarez Mason, colui che mi
graziò nel lontano 1977. Ma rimane imputato di 435 omicidi, una
piccola punta dell’iceberg di quello che sono state le sue vere
responsabilità. In una recente intervista che Suarez Mason ha
concesso a casa sua a Buenos Aires, il giornalista del settimanale
Noticias, gli ha chiesto se non gli dava fastidio che la maggior parte
dell’opinione pubblica lo considerasse un criminale, e lui ha
risposto: "Non è che mi dia fastidio, o no. E’ che qualcuno lo
doveva fare".
Il problema dei desaparecidos non è solo argentino o cileno, è
l'espressione di un fenomeno di diffusione mondiale: la violenza dello
Stato sul cittadino. L'azione "militare e politica"
attraverso la tortura tecnologicamente avanzata e la sparizione delle
prove, iniziata in America latina negli anni '60-70, si ricollega alle
tragedie attuali, la Bosnia di qualche anno fa, Timor Est più
recentemente. Ben venga dunque la nascita di una coscienza mondiale,
di cui l'iniziativa del giudice spagnolo Baltasar Garzòn e il
processo ancora aperto in Italia sono buoni segnali.
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