Letti per voi/Olivera, l’ombra lunga
della P2
Claudio Tognonato
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Questo articolo è apparso su “il
manifesto” del 28 settembre.
La scarcerazione dell’ex militare argentino Jorge Olivera,
grazie a un documento palesemente falso, continua a suscitare
perplessità in tutto il mondo. Le indagini della procura di Roma e
del Csm (quest’ultima voluta dallo stesso Ciampi) sui magistrati
della IV sezione della Corte d’Appello di Roma arrivano però troppo
tardi: il primo militare argentino accusato di crimini contro l’umanità
è introvabile, forse nel Nord-Est dell’Argentina.
Restano però le perplessità sulla decisione dei tre magistrati
romani, che hanno permesso la fuga di un criminale che in Argentina è
riuscito ad evitare il carcere solo dopo la sanzione della norma (un’aberrazione
giuridica) che ha scagionato gli autori materiali dei delitti, i
subordinati, perché solo esecutori.
Olivera era accusato di sequestro, torture, stupro e desaparición della
cittadina franco-argentina Marie Anne Erize, sequestrata il 15 ottobre
1976 da un commando militare comandato da Olivera, delitto per il
quale la Francia aveva emesso un mandato di cattura internazionale.
Il ministro della giustizia Piero Fassino teme che ne vada di mezzo l’immagine
dell’Italia e corre ai ripari, anche se ormai la faccia è persa.
Prima che Olivera venisse scarcerato, i giornali argentini già
avevano scritto, allarmati, che il paese da cui erano fuggiti il
criminale nazista Kappler e il capo della P2 Licio Gelli, lasciasse
libero il primo militare argentino arrestato all’estero. I loro
sospetti sono stati superati dagli eventi.
Già, la P2. C’è da chiedersi perché un noto avvocato come Augusto
Sinagra (già nell’81 legale di Licio Gelli) abbia accettato di
difendere un militare argentino di secondo ordine come Olivera. E
chissà se è vero che Olivera, nella sua veste di avvocato,
patrocinava l’ex generale Suarez Mason, anche lui piduista; se è
vero che Emilio Massera, già capo della giunta militare che prese il
potere nel 1976 in Argentina, è iscritto alla P2; se è vero che
Licio Gelli ha sempre avuto un passaporto argentino; se è vero che
davanti a Regina Coeli, lunedì, ad attendere l’uscita del militare
argentino, per accompagnarlo a Fiumicino, c’erano i servizi segreti;
se è vero che nessuna autorità del governo è stata avvertita dell’imminente
scarcerazione.
Ieri, per tentare una risposta, Piero Fassino ha spedito a Buenos
Aires il sottosegretario degli esteri Franco Danieli che porterà in
Italia le prove della falsificazione del certificato di morte di Marie
Anne Erize. Nelle poche ore che resterà a Buenos Aires, Danieli
incontrerà Diana Conti, della segreteria di diritti umani, e
funzionari del ministero degli esteri. Intanto l’interrogazione
parlamentare che era stata fissata per oggi è slittata alla prossima
settimana: si sa, le istituzioni sono lente. Tutte, tranne la IV
sezione della Corte d’Appello che con una celerità mai vista prima
ha scarcerato Olivera.
In Spagna le organizzazioni di diritti umani temono che il cattivo
esempio dell’Italia abbia ripercussioni sulla vicenda di Ricardo
Miguel Cavallo, l’ex militare argentino arrestato in Messico su
richiesta del giudice Baltasar Garzon. Venerdì scorso il consiglio
dei ministri non ha esaminato la richiesta di estradizione di Cavallo
che attende dal 12 settembre.
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