Le donne, custodi della memoria
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ripetersi
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Massimo Carlotto ha un passato degno di un eroe
della letteratura d'azione. Padovano, generazione '56, ex
simpatizzante di Lotta Continua durante gli anni della contestazione
giovanile, accusato dell'omicidio di un'amica è fuggito in Sudamerica,
dove ha vissuto una latitanza (poi raccontata nel suo primo romanzo, Il
fuggiasco) durata anche dopo che lo Stato italiano gli ha concesso
la grazia - a lui che si era sempre dichiarato innocente.
La Grazia vera, cioè la scrittrice e critica Grazia Cherchi, è
comparsa nella sua vita nei primi anni Novanta, e ha incoraggiato il
suo talento di scrittore favorendo la pubblicazione del Fuggiasco
per le edizioni e/o, che hanno poi dato alle stampe anche i suoi
romanzi successivi: La verità dell'alligatore, Il mistero di
Mangiabarche e il recente Il corriere colombiano, nonché
quel Le irregolari, del quale pubblichiamo alcuni stralci (vedi
articoli collegati), che racconta con dettagliata precisione (e con
commossa partecipazione) la tragedia della desapariciòn in Argentina.
Le irregolari è narrato in prima persona, e nasce da una
scoperta fatta dallo scrittore (oggi anche sceneggiatore e
giornalista) in modo apparentemente casuale - "una pura
coincidenza", scrive Carlotto nel suo libro, senza crederci.
Qualche anno fa si trovava in Argentina, sulle tracce di un nonno
emigrato là e poi tornato in Italia senza raccontare quasi nulla
della sua lunga esperienza sudamericana, e a Buenos Aires ha scoperto
una parente anche più memorabile: Estela Carlotto, figlia di un
fratello di nonno Guglielmo, nonché la presidentessa delle Abuelas,
le Nonne di Plaza de Mayo.
Le Nonne sono un gruppo di anziane signore argentine che hanno visto
"sparire" uno o più figli durante la dittatura dei
generali, e da più di due decenni cercano di ritrovare i loro nipoti,
bambini nati nei campi di tortura istituiti dal regime e poi adottati
dagli stessi carcerieri o da loro conoscenti senza figli. L'idea era
quella di sopprimere definitivamente l'opposizione eliminando la
generazione dei giovani più o meno politicamente impegnati e poi
neutralizzando la loro progenie, di fatto "annettendola" al
regime, e sottraendola definitivamente alle famiglie di origine. Lo
sforzo delle Nonne per ritrovare i nipoti scomparsi si scontra infatti
con una burocrazia efficiente, che ha cancellato nomi, date di
nascita, e qualunque altra prova delle origini di questi bambini (ora
adulti fra i venti e i trent'anni) nonché dell'esistenza stessa dei
loro genitori.
Perché la desapareciòn è soprattutto un meccanismo di annullamento
dell'identità, e come tale è un fenomeno figlio dei nostri tempi, in
cui la tendenza alla rimozione - della individualità dei singoli, ma
anche della perseguibilità di crimini sempre meno identificabili -
sembra essere il leitmotiv globale. Ciò che preoccupa maggiormente
Carlotto è la diffusione, a livello mondiale, della desapariciòn
come strumento di repressione, esportato come un brevetto aziendale
proprio dagli ex carcerieri argentini.
"Il primo paese ad acquistarlo fu l'Arabia Saudita", ci
dice, dalla sua casa di Cagliari. "In generale, il meccanismo
della desapariciòn viene applicato in tutti i paesi dei quali non si
sente mai parlare. La Siria, ad esempio, dove è in atto una scomparsa
sistematica dell'opposizione, e guarda caso sono stati "in
visita" i militari argentini. Così come c'è sempre stato un
grande rapporto con la Croazia, visto che parecchi "ustascia"
(collaborazionisti filonazisti croati durante la guerra, nda)
formarono la polizia segreta di Peron. La desapariciòn è stata
applicata nella guerra di Jugoslavia e oggi in Kosovo. Non è facile
far sparire la gente, ci vuole un meccanismo perfezionato,
un'organizzazione che funziona in maniera sistematica. Ce l'hanno in
Estremo Oriente e nel Perù di Fujimori. Pochi giorni fa ho incontrato
un missionario che mi ha detto che ormai in Colombia è applicato in
maniera sistematica da parte dell'esercito e dei paramilitari".
In Le irregolari lei scrive che la desapariciòn dovrebbe
essere classificata come un crimine contro l'umanità.
Questo servirebbe anche a non farla cadere mai in prescrizione. Ma l'Onu
deve ancora riconoscerla come tale. E' un sistema perfetto, perciò
gli stati tendono a tenerselo buono, e a non codificarlo a livello
legale. In molte nazioni poi, come l'Italia, il reato di tortura non
esiste, così come non esiste la concezione di un crimine composito
come la desapariciòn. E' un reato la cui intera struttura è basata
sulla non esistenza e sul non ricordo.
Lei scrive invece che le storie dei desaparecidos "non si
possono non conoscere".
Perché ricordare è fondamentale, altrimenti la gente scompare per la
seconda volta. Ricordare la tragedia argentina significa creare
coscienza del fatto che questo sistema esiste e che bisogna in qualche
modo fermarlo. C'è sempre qualcuno che non sa e il fatto stesso di
ricordare serve a creare coscienza.
Nel suo libro lei scrive anche che "chi dimentica si
spezza".
Sì, perché dimenticare è una dichiarazione di sconfitta totale. E'
un meccanismo di autodistruzione. In Argentina sono stati soprattutto
gli uomini a cercare di dimenticare. Le organizzazioni, di fronte al
sistema della desapariciòn, si sono frantumate, un milione e mezzo di
persone sono scappate nei primi due anni, e di queste sono tornate in
Argentina solo centomila. La dimensione della desapariciòn ha
completamente annichilito il mondo maschile. Di fronte alla scomparsa
dei propri cari c'è stata la resa del fisico: le statistiche rivelano
che in quel periodo c'è stato un incremento enorme di tumori e
infarti fra gli uomini. Molti si sono arresi, hanno abbandonato la
ricerca dei parenti "prelevati", e le donne sono rimaste
sole. Lo sono ancora oggi. Il giovedì in Plaza de Mayo vedi raramente
qualche uomo, soprattutto giovani o qualche sopravvissuto, e quando
succede rimani colpito, perché è un'eccezione.
Come mai, dopo la caduta della dittatura, non ci sono state
vendette violente contro gli ex carcerieri?
Il sistema della desapariciòn ha così penetrato la società
argentina che non c'è stato un solo tentativo di violenza o di
vendetta, ma una totale passività che però va letta coma paura.
L'Argentina è stata segnata da molti colpi di stato per cui nel paese
si è instaurata una sorta di cultura della rassegnazione. La violenza
dello Stato nei confronti del cittadino in Argentina è un discorso a
senso unico. Per questo l'Argentina è una società malata e non
riuscirà mai a risolvere il problema della desapariciòn.
Le donne però non si sono rassegnate.
Perché a scomparire sono stati i loro figli. Da madre, se ti uccidono
un figlio alla fine ti rassegni, se ti scompare no.
A sentirla parlare, si direbbe che il sistema della desapariciòn
abbia un impatto specificamente demascolinizzante: il che forse è un
ennesimo motivo per cui funziona così bene. E' come se la
mascolinità latina tradizionale fosse diventata una prerogativa dei
carcerieri, in un processo di polarizzazione secondo cui, come uomo, o
eri carceriere o eri vittima
In effetti i torturatori, che avevano una grande ammirazione per le
militanti Montonere, ogni tanto le portavano fuori dei campi, erano
galanti col mondo femminile, secondo il ruolo del macho latino. Per
contro, nel mondo machista sudamericano, gli uomini che facevano parte
delle organizzazioni di resistenza non hanno retto l'impatto della
desapariciòn e sono fuggiti.
Ha l'impressione che in Argentina siano riusciti a stroncare
definitivamente il potenziale di opposizione?
L'unica azione sistematica la fanno gli Hijos, i figli dei
desaparecidos, che si sono riuniti in un'associazione e vanno sotto le
finestre degli ex carcerieri per mettere in atto il cosiddetto "escrache",
cioè una sorta di sputtanamento pubblico: attaccano manifesti e
striscioni davanti alle loro case e chiedono ai negozianti della zona
di non servirli.
In Le irregolari lei si è dichiarato scettico
sull'efficacia del processo che si terrà a Roma a metà ottobre.
Sì, e ho sempre più dubbi ogni giorno che passa. L'esito del
processo decreterà in modo definitivo la rottura del grande rapporto
che c'era un tempo fra la comunità italiana in Argentina e l'Italia.
Un tempo la comunità era un pezzo di Italia al di là dell'oceano,
oggi gli italiani d'Argentina si sentono traditi dallo Stato italiano.
Il processo riguarda otto casi, poi diventeranno quattro, poi
diventeranno tre. Ma gli italiani scomparsi, di passaporto italiano
intendo, sono più di seicento. E i desaparecidos italo-argentini di
prima e seconda generazione sono circa 5000. La tragedia argentina è
stata la più grande strage di italiani dopo la Seconda guerra
mondiale. Eppure questo paese non ha coscienza di quanto è successo.
Qualche giorno fa in Italia hanno scarcerato Jorge Olivera, un
militare argentino ricercato in Francia per la sparizione di parecchie
persone. E pare che il provvedimento sia stato assunto dietro
l'esibizione di un certificato falso.
L'episodio ha ribadito l'immunità di questi macellai che hanno
milioni di dollari nelle banche svizzere, perché la desapareciòn è
un sistema di repressione che vende bene in tutto il mondo.
Qual è oggi la situazione degli ex torturatori in Argentina?
Il gruppo trasversale clandestino che organizzava la desapariciòn è
stato individuato e una parte consistente si è trasformata in
un'associazione a delinquere, soprattutto all'interno della polizia di
Buenos Aires. Quando qualcuno dà loro fastidio, lo fanno sparire. Non
c'è pericolo di golpe da parte dell'esercito: la dittatura non ci
sarà più, perché agli Stati Uniti, da un punto di vista economico,
conviene una democrazia imperfetta. Ma resta un'illegalità diffusa da
parte della polizia. E non è rimasto nessuno che possa opporsi.
L'opposizione bisogna cercarla col lanternino e quella che è rimasta
è priva di una dimensione culturale e politica forte. Ho visto gruppi
giovanili anche molto agguerriti con striscioni su cui c'era di sfondo
la bandiera argentina, a destra Che Guevara e a sinistra Evita Peron.
La confusione è assoluta. E' come se in Italia l'intero sindacato
fosse stato distrutto e fossero stati eliminati tutti gli
intellettuali. La repressione in Argentina è stata un discorso
scientifico: tanto per dire, è scomparsa persino la scuola del
fumetto. Come si fa a ricostruire? Non c'è tessuto. Non si sa quello
che sarà il futuro, perché le nonne e le mamme purtroppo stanno
morendo. L'unica speranza, lo ripeto, sono gli Hijos, perciò i
proventi dello spettacolo Più di mille giovedì (scritto da
Carlotto e attualmente in tournée, vedi nota a fine articolo, nda)
vanno a loro, perché possano costruire una sede fissa a Buenos Aires,
perché riescano a sopportare la mancanza delle donne.
In Le irregolari, lei scrive che proprio attraverso il
contatto con le donne argentine ha ritrovato una sua personale
motivazione politica.
Sì, quando sono andato a Buenos Aires ero molto in crisi rispetto al
mio percorso politico. Invece dalle Nonne e dalle Madri di Plaza de
Mayo ho imparato che le ingiustizie vanno sempre combattute. In loro
non c'è un progetto di morte o di vendetta, hanno solo una gran
voglia di vivere e una straordinaria capacità di comunicarla.
Perché lei, che nel libro scrive che era "stanco di
accumulare sconfitte, sia personali che generazionali", ha
abbracciato la loro battaglia, che per molti versi può apparire persa
in partenza?
Perché la desapariciòn è un punto di non ritorno sul discorso dei
diritti umani. Non solo chi dimentica, ma anche chi smette di lottare
si spezza. In Le irregolari ho ripetuto quasi ossessivamente
nomi e date per dare il senso della moltitudine di storie e sono
entrato nei dettagli delle vite di ognuno perché parlare dei
desaparecidos senza accennare alle loro vite individuali equivale a
compilare solo una lista. Queste microstorie raggiungono invece
l'obbiettivo di scatenare l'orrore nel lettore, che dalla moltitudine
dei racconti capisce che la tragedia argentina non ha riguardato solo
qualche martire, ma è stata una vera e propria strage.
Che lei spesso paragona all'Olocausto.
Be', i militari stessi dicevano che studiavano il nazismo per
perfezionarlo. Il paragone col nazismo mi fa venire in mente un'altra
cosa: il mondo machista argentino non ha contato fra i desaparecidos
gli omosessuali scomparsi, così come tutta una serie di altre
categorie. Per esempio i bambini dopo i dieci anni, che erano troppo
grandi per essere adottati, e dei quali non esiste una lista separata.
Ci sarebbero ancora molte storie da scrivere a proposito della
desapariciòn. E bisogna continuare a parlarne, perché chi entra in
contatto con questo discorso in maniera cosciente poi non se ne stacca
più.
Queste sono le date della tournée dello spettacolo Più di mille
giovedì, scritto da Massimo Carlotto:
30 settembre - Osasco (TO) - ore 10.30
3 ottobre - Annecy (Francia) Festival del Cinema Italiano - Spettacolo
abbinato alla proiezione del film "Garage Olimpo"
12 o 16 ottobre - Roma - Camera dei deputati - Omaggio alla sua
presenza in Italia a Estela Carlotto
28/29 ottobre - Buenos Aires - Sala Recoleto
3 novembre - Rosario - Teatro Empleados de Comercio
4/5 novembre - Buenos Aires - sala da definire
6 novembre - Montevideo - Teatro Valdese
Per ulteriori informazioni contattare l'Assemblea Teatro di Torino
all'indirizzo e-mail assteat@tin.it
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