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Il servizio pubblico: la sentinella della qualità



Giovanna Melandri




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Io non ho sottoscritto l'appello di Reset soprattutto perché mi pare che le proposte che vi si avanzano debbano essere calate maggiormente nell'Italia e nella Rai di oggi. Se l'obiettivo è quello di sterilizzare il servizio pubblico dai cambi di maggioranza, io sono assolutamente d'accordo; però non si può ragionare di questo tema senza vedere quanto sia forte l'insopprimibile voglia di censura e di controllo del potere politico sulla cultura e sulla televisione; censura e controllo che prendono le forme della proposta del ministro Gasparri di costituire una commissione di verifica della qualità dei programmi e delle affermazioni sulla discrzionalità dell'aumento del canone.

Io sono dell'idea che i partiti debbano fare insieme dei grandi passi indietro rispetto ai meccanismi di nomina dei Cda, ma penso anche che le forze politiche, e mi riferisco al centrosinistra, dovrebbero fare altrettanti passi avanti nella riflessione strategica sulla funzione del servizio pubblico.

La Rai ha vissuto stagioni felici e infelici, ma ha avuto due grandi funzioni storiche nel nostro paese: quella alfabetizzante e didattica dell Rai monopolista, e la funzione, di argine al primato della televisione culturale nell'epoca della sfida del duopolio. Oggi la Rai deve fare un terzo salto di qualità, un terzo scarto nella sua funzione sociale: deve essere sentinella e presidio della qualità in quel processo di "divaricazione" in cui i contenuti pregiati si spostano gradualmente, ma inevitabilmente, sulla televisione a pagamento o digitale, mentre la tv generalista rimane invece impoverita e priva di contenuti.

Il centrosinistra ha mancato una grande riforma strategica, quella del riassetto e della liberalizzazione del sistema che avrebbe dovuto portare a un ridimensionamento bilanciato di Rai e di Mediaset, vero presupposto non solo per l'apertura del mercato analogico italiano, ma anche per la creazione di uno spazio di mercato reale per lo sviluppo del digitale.

La vera occasione persa dai governi di centro-sinistra fu la mancata realizzazione della legge Maccanico che doveva imporre lo spostamento su satellite di una rete Mediaset, precondizione per la privatizzazione di un canale della Rai. Ma in assenza di quello scenario oggi io mi chiedo cosa significhi discutere di privatizzazione della Rai. Parlare di privatizzazione oggi, in assenza delle condizioni già citate - che avrebbero dovuto verificarsi e non sono state realizzate -, significa immaginare un processo asimmetrico.

Ripensare l'idea di servizio pubblico, in un periodo in cui sembra avanzare velocemente la disponibilità di tecnologie digitali che offrono la possibilità di creare canali tematici specializzati che si contrappongono alla tradizionale tv generalista, vuol dire ripensarne la funzione sociale e storica che non può essere la stessa degli anni passati.
Se vogliamo calare l'appello di Reset nell'Italia di oggi dobbiamo vedere quale proposta politica la maggioranza avanza in materia di assetto del sistema televisivo. E' giusto sterilizzare la Rai dai cambi di maggioranza nel momento della nomina degli organismi di direzione dell'azienda, ma non sottovalutiamo le tendenze di censura e controllo che l'attuale governo sta dimostrando.

Sono, poi, d'accordo in merito alla liberalizzazione del sistema televisivo se con questo intendiamo un sistema che vede nella diffusione e nell'equilibrio della televisione analogica italiana un ridimensionamento bilanciato di Rai e Mediaset.

 

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