Donne unite per un'autentica parità
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La Convenzione che ha redatto la Carta dei Diritti Fondamentali
dell'Unione Europea è stata composta unendo fonti di legittimità
nazionale ed europea e rappresentanze degli esecutivi nazionali ed
europei, in modo tale da garantire il più possibile la democraticità
dei lavori. I quattro italiani che hanno partecipato alla Convenzione
sono l’On. Rodotà (che ha rappresentato il Capo dello Stato
italiano), l’On. Paciotti (rappresentante italiana del Parlamento
Europeo), l’On. Manzella (per la Camera del Senato), l’On.
Melograni (per la Camera dei Deputati). Abbiamo raccolto il loro
parere su diversi aspetti del dibattito: il valore della Carta, gli
articoli più dibattuti, e i motivi del mancato -o tardivo-
coinvolgimento dell’opinione pubblica, soprattutto in Italia.
Elena Ornella Paciotti è Membro del Parlamento Europeo (PSE),
della Commissione per i diritti della donna e le pari opportunità e
della Commissione per le libertà ed i diritti dei cittadini, la
giustizia e gli affari interni.
Quale ritiene sia il valore della Carta? Crede che sarà sminuito
da un’eventuale mancata inclusione nei trattati a Nizza?
Il valore della Carta è molteplice. Il primo è politico: il vertice
di Colonia, al quale è stato deciso di redigere la Carta, si è
svolto all'indomani della tragedia del Kossovo, quando maggiore
visibilità dei valori politici e diritti umani fondamentali europei
sembrava indispensabile. Dal punto di vista istituzionale, invece,
credo che la Carta rappresenti un processo di costituzionalizzazione.
A differenza da molti stati nazionali dove la costituzione è un atto
fondativo di un nuovo regime (la nostra, quella spagnola, quella
portoghese, quella greca), nel caso dell'UE la Costituzione europea è
il prodotto di una costruzione progressiva data da una serie di atti.
Uno di essi è proprio quello che stabilisce la propria carta dei
diritti fondamentali.
Quanto al valore giuridico, certo varia a seconda di quella che sarà
la sua collocazione: se sarà inserita nei trattati sarà davvero una
prima parte di costituzione. Ma anche in caso contrario non sarà
comunque giuridicamente irrilevante perché la Corte di Giustizia
della Comunità Europea, chiamata ad applicare i diritti fondamentali
dell'unione che attualmente ricava con operazione giurisprudenziale
sul fondamento dell'Art.6 dei Trattati, si troverà di fronte un testo
approvato da Consiglio, Commissione, parlamenti e non credo lo
ignorerà quando verrà il momento.
Quali i diritti che ritiene siano stati maggiormente problematici
nella redazione della Carta?
Tutti i diritti sociali, che hanno visto lo scontro tra sindacati e
industriali, conservatori e progressisti, socialisti e liberali. In
generale c'è stata una posizione contraria del Regno Unito, e
singolarmente dei paesi scandinavi i quali, pur avendo un altissimo
livello di protezione sociale al loro interno, non volevano che questi
diritti fossero collocati nella carta europea per il timore che questo
comportasse una competenza dell’UE sulle loro questioni interne.
Questo timore non ha ragion d'essere perché è evidente che la Carta
non modifica in alcun modo le competenze delle istituzioni nazionali.
Lei nel Parlamento Europeo è anche membro della Commissione per i
diritti della donna e le pari opportunità. Come si è svolto il
dibattito intorno a questo tema?
Quella delle donne della Convenzione è stata proprio una buona
operazione. Infatti, come purtroppo accade spesso in queste occasioni,
la percentuale di donne presenti nella Convenzione era bassissima: 9
su 62 membri titolari. Tuttavia si sono unite e hanno fatto delle
richieste comuni, essenzialmente due: utilizzare nella carta un
linguaggio neutro non sessista (non si tratta di diritti dell'uomo, ma
di diritti umani), e specificare non soltanto il riconoscimento
dell'uguaglianza formale ma anche l'obbligo per gli stati membri di
attivarsi per la parità sostanziale, e quindi per le azioni positive
nel trattamento di uomini e donne. Questo non solo nel campo del
lavoro, come risultava già dalle bozze della Carta derivanti dai
testi già vigenti in Europa, bensì in tutti i campi dell'agire
umano.
Si parla della Carta come documento fatto per dare ai cittadini
visibilità dei loro diritti, ma il loro coinvolgimento nel dibattito
è stato molto scarso.
Il fatto che non ci sia stata la partecipazione dei comuni cittadini
è uno dei molti torti del sistema dei massmedia, perché certamente
la convenzione ha fatto tutto quanto era possibile per garantire la
trasparenza. Le riunioni erano pubbliche, i documenti sono apparsi su
Internet in tempo reale, le 60 organizzazioni non governative che
hanno chiesto di essere ascoltate sono state ascoltate. A me è
capitato di ricevere giornalisti che mi chiedevano commenti sulle più
svariate questioni giudiziarie italiane, e quando proponevo di parlare
della Carta europea mi rispondevano che ai loro direttori questo
argomento non interessava per nulla. Questo nel caso italiano e di
altri paesi mediterranei (dato che nei paesi del Nord la carta è
stata invece molto dibattuta) dove i direttori di giornali ritengono
che qualcosa sia interessante solo quando è occasione di polemica
interna.
Pero’ il disinteresse non è stato solo dei giornali: anche in
parlamento il dibattito è stato minimo.
La Commissione Costituzionale in sede bicamerale ha organizzato
diverse audizioni: sono stati sentiti i più importanti
costituzionalisti, europei e italiani, e i membri italiani della
Convenzione. Ma a queste audizioni partecipavano solo due o tre
deputati perché anche i parlamentari - allo stesso modo dei direttori
dei giornali - erano poco interessati. Salvo poi svegliarsi quando il
testo era già redatto, per dire bisogna cambiare questo o quello: ma
era ormai troppo tardi per le modifiche.
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