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Editoriale/Morcellini fa male ai bambini

Giancarlo Bosetti

 

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E’ sempre florida in Italia una corrente di mass-mediologi e uomini di televisione che si alimenta in perpetuo della polemica contro i cosiddetti apocalittici. Vengono definiti cosi’, magari con un po’ di spregio, i critici cattivi, quelli che ritengono che le comunicazioni di massa, e soprattutto la televisione, fanno del male, non solo ma anche del male, alla democrazia e alla societa’ moderna. La scuola degli apocalittici ha i suoi padri fondatori nella teoria critica francofortese (Horckheimer, Adorno) ed ha trovato nei decenni successivi dei vigorosi sostenitori in alcuni noti intellettuali, diversi tra loro, come Karl Popper, Hans Georg Gadamer, piu’ di recente Pierre Bourdieu e Giovanni Sartori.

Le armate degli apologeti, che portano sulle loro bandiere il nome di McLuhan, sono rappresentate da figure meno note, come Dominique Wolton in Francia, e, in Italia, da studiosi e uomini di televisione come Alberto Abruzzese, Stefano Balassone, Angelo Guglielmi, Enrico Ghezzi. Umberto Eco, che ha il copyright della distinzione tra apocalittici e integrati fin dagli anni Sessanta, inizialmente equidistante e forse un po’ piu’ severo nei confronti degli apocalittici si e’ spostato un po’ di piu’ dalla loro parte negli ultimi anni. Gli studi di Mauro Wolf e di Gianni Losito hanno intanto insegnato a prendere con molta piu’ cautela il problema degli effetti sociali della Tv.

La battaglia, in questo campo, procede a volte a colpi di machete. Popper, come si sa, non aveva scelto il fioretto con il suo "Cattiva maestra televisione", in cui indicava la tv come veicolo di violenza tra i bambini. Arriva adesso un nuovo esponente dei supporter della squadra filo-tv ed e’ Mario Morcellini, che con il titolo del suo libro "La Tv fa bene ai bambini" (Meltemi), fa il verso proprio al filosofo della "societa’ aperta". Spesso in queste polemiche e’ chiaro l’intento polemico anti-apocalittico, molto meno chiara la dimostrazione della tesi proposta. Quello che e’ singolare nella struttura dell’argomentazione di Morcellini e’ che la prova della tesi che dovrebbe corroborare la predica contro i toni catastrofici dei Popper e dei Sartori (l’homo videns come degenerazione dell’homo sapiens via tv) consiste nel fatto che la tv non e’ riuscita a distruggere la societa’ tant’e’ vero che i bambini e i ragazzi ora guardano meno la tv.

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Proprio cosi’, per quanto possa apparire buffo: secondo Morcellini e’ vero che la televisione fa bene ai bambini perche’ sempre piu’ spesso scelgono il computer ed altri strumenti multimediali. Prova dei "benefici" della Tv e’ che abbiano cominciato ad abbandonarla, a scegliere quello che e’ non-tv. La tesi circola per tutte le 114 pagine del libro senza che si riesca a uscire da questo circolo vizioso. A provare quanto bene faccia la tv altro non e’ che la capacita’ di rifiutarla, dimostrazione suprema del persistere di una certa autonomia di giudizio dei ragazzi. Si aprono ad una piu’ ampia tastiera multimediale, non guardano la tv, dunque sono ancora intelligenti.

Insomma, anche per Morcellini, un metro di misura dell’acume dei giovani, assunto forse inconsapevolmente, e’ che si allontanano dal televisore. E questo smentirebbe gli apocalittici? No, ne e’ invece una inaspettata conferma, dal momento che la progressione della qualita’ della vita civile viene misurata dagli stessi suoi apologeti come l’abbandono della tv. Il che corrisponde peraltro al senso comune, il quale percepisce alla buona che quanto piu’ un ragazzo e’ pigro e, soprattutto, quanto piu’ privo di alternative, tanto piu’ poltrisce come un vegetale davanti al video.

Ma c’e’ di piu’ Morcellini assume anche uno dei fondamenti delle tesi popperiane sulla tv, quella che i centri di produzione di televisione sono agenzie pedagogiche non intenzionali (pag 19), sono cioe’ educatori inconsapevoli (per questo Popper proponeva corsi di formazione che avevano lo scopo di rendere gli operatori consapevoli delle loro responsabilita’). Il libro sostiene si’ anche che il mezzo tv sollecita una curiosita’ che poi viene soddisfatta altrimenti, ma non lo dimostra e si attesta piu’ spesso sulla constatazione che le virtu’ del tubo catodico consistono fondamentalmente nel fatto che i bambini gli sono sopravvissuti e sono pronti per altro.

Piu’ efficaci sono le pagine di Morcellini quando analizza il ritardo del servizio pubblico nel conquistare le simpatie dei giovani e la maggiore sensibilita’ delle reti di Mediaset, avvantaggiate dal fatto che sempre di piu’ il telecomando e’ nella mani dei ragazzi e che sono loro a trainare i grandi flussi fino sulla prima serata, o quando analizza il successo e l’influenza della comunicazione pubblicitaria. Qui l’indagine campione si fa piu’ sottile e non manca di fornire indicazioni sul peso maggiore che nella strategia del concorrente della Rai hanno i ragazzi.

Pensato come un pamphlet polemico contro i nemici della televisione, il testo di Morcellini e’ tra quelli che assumono in modo piu’ radicale la televisione come un male. E finisce per contraddire frontalmente l’assunto del titolo. Come non volevasi dimostrare.

 

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