| Barbara Spinelli e il mito di
            Cassandra 
 
 
 Antonio Carioti
 
 
 
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            Sembrano appartenere a un’altra era, in questi giorni d’incertezza
            e paura (solo in parte alleviate dalla presa di Kabul), i discorsi
            sulla fine della storia e il trionfo universale del liberalismo che
            furono in voga solo dieci anni fa, subito dopo la caduta del Muro di
            Berlino e il disfacimento dell’impero sovietico.
 
 In effetti le smentite fioccarono subito: la tragedia jugoslava, il
            genocidio ruandese, le due guerre cecene. Poi gli smottamenti della
            new economy, l’insorgere della contestazione anti-global, la nuova
            Intifada in Palestina. Infine, a suggellare il tutto e dissipare
            ogni residua illusione, il tremendo colpo di maglio dell’11
            settembre sui simboli del potere economico e militare dell’Occidente.
  
 
            Benché scritto prima dell’attacco alle due torri e al Pentagono,
            il libro di Barbara Spinelli Il sonno della memoria (Mondadori)
            non stona per nulla nel clima di sgomento creato dalle gesta atroci
            di Osama Bin Laden. Sotto certi aspetti lo si può considerare
            profetico, soprattutto per il suo monito severo contro “l’ideologia
            dell’entusiasmo”, fatta di ottimismo sparso a buon mercato e di
            fiducia spensierata in una storia destinata comunque a finire bene.
 L’autrice è molto aspra verso gli eredi dei totalitarismi
            novecenteschi che tendono ad autoassolversi in nome di un malinteso
            storicismo. Prende di mira la persistente sottovalutazione dei
            crimini comunisti, che impedisce alla Russia di liberarsi dall’ombra
            di Stalin, come il cinico utilizzo delle pulsioni xenofobe, in un
            quadro di deliberata rimozione del passato nazista, praticato da
            Jörg Haider e dai suoi emuli. Quanto all’Italia, non risparmia
            critiche acuminate ai nipotini di Palmiro Togliatti come agli
            epigoni di Giorgio Almirante.
 
 Aggiunge però che il progetto di una società perfettamente
            omologata e armonica, tipico delle ideologie totalizzanti, ha anche
            una versione pseudoliberale, cioè “il sogno di una conclusiva
            vittoria del mercato, percepita come prevalenza ormai mondializzata
            di una fede, di una legge naturale indiscussa”. Presi dalla
            mistica del libero scambio come panacea universale, ci siamo
            scordati di quanto sia intrisa di sofferenza e irrazionalità la
            vicenda umana, abbiamo creduto che il futuro avrebbe avuto un volto
            talmente diverso e allettante da rendere ormai superfluo riflettere
            sul passato. Un’illusione foriera di gravi errori e pericolose
            mistificazioni.
 
 Basta pensare, sottolinea Barbara Spinelli, al rovesciamento del
            mito di Cassandra. Oggi questo nome viene usato come sinonimo di
            petulante profeta di sventure destinate a non avverarsi, ma la
            terribile condanna della principessa omerica era invece quella di
            vaticinare con esattezza eventi funesti, senza essere creduta. Tutti
            infatti la reputavano pazza, ma poi Troia venne ridotta a un ammasso
            di macerie fumanti. Sì, come il World Trade Center di Manhattan.
 
 D’altronde, se l’oblio del passato rende vulnerabili di fronte
            al riemergere degli orrori, l’uso strumentale della memoria è un’arma
            formidabile a disposizione dei seminatori d’odio. Slobodan
            Milosevic aveva costruito il suo potere agitando il ricordo dei
            traumi storici subiti dalla nazione serba, a partire dalla disfatta
            storica inflittale dai turchi nel remoto 1389. E l’estremismo
            musulmano esorta alla restaurazione di un Islam primordiale e
            incontaminato, nei fatti mai esistito.
 
 Sono illuminanti le pagine che l’autrice dedica al Medio Oriente,
            soffermandosi non solo sulla follia sanguinaria dell’integralismo
            islamista, ma anche sulle forme aberranti che assume un certo
            fanatismo religioso ebraico. Non si può che darle ragione quando
            denuncia la “presenza ridondante” di un Dio “adoperato per far
            politica”, quindi “immaginato e manipolato” a misura delle
            ambizioni terrene di leader forsennati o soltanto spregiudicati.
 
 Purtroppo, ammonisce, a questa distorsione della fede corrisponde
            spesso da parte dell’Occidente, specie dell’Europa, una “disillusa
            rinuncia alla forza della laicità”, quasi che la consapevolezza
            di essere fallibili fosse qualcosa di cui vergognarsi di fronte all’arrogante
            sicumera degli invasati.
 
 La conclusione che Barbara Spinelli trae dal suo viaggio tra le
            ferite aperte della coscienza contemporanea - dai Balcani alla
            Palestina passando per la Cecenia - è un invito tutt’altro che
            facile da raccogliere. Solo un esercizio critico della memoria,
            avverte, può aiutarci a battere entrambe le malattie: da una parte
            la noncuranza della storia, dall’altra la sua falsificazione a
            fini d’indottrinamento.
 
 Per fare tesoro delle esperienze vissute dai nostri padri, insiste,
            occorre il coraggio di esaminare anche errori e colpe di cui furono
            responsabili. Non tanto per ergersi a loro giudici, quanto per
            allargare lo sguardo, come “nani che camminano sulle spalle di
            giganti”, fin dove essi non riuscirono a spingersi. E se da quell’altezza
            vedremo profilarsi minacce inquietanti, non dovremo chiudere gli
            occhi, né tacere per paura di essere derisi come Cassandra. Se
            avessero ascoltato quell’infelice fanciulla, forse i troiani si
            sarebbero salvati.
 
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