Diritto al voto entro il 2001
Mirko Tremaglia con Antonio Carioti
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Se doveva esserci un ministro per gli Italiani nel mondo, non poteva
essere altri che Mirko Tremaglia. Alla causa dei nostri connazionali
residenti all'estero l'esponente di Alleanza nazionale ha infatti
dedicato gran parte del suo impegno politico, attraverso i Comitati
tricolori fondati un po' in tutto il pianeta e la richiesta insistente
di un diritto effettivo al voto per gli emigrati. Quest'ultima
inizialmente era una battaglia solitaria del Msi, che però si è
fatta strada grazie anche alla capacità di Tremaglia di tenere aperto
il dialogo in tutte le direzioni. Così il parlamentare bergamasco si
è conquistato stima e riconoscimenti anche da parte degli avversari
politici, come si è visto in occasione della triste vicenda del
figlio Marzio, scomparso in giovane età dopo aver dato ottima prova
di sé come assessore alla Cultura della Regione Lombardia.
Nella scorsa legislatura, il lavoro di Tremaglia ha trovato un
sostegno importante nel presidente della Repubblica Carlo Azeglio
Ciampi E si è giunti a un soffio dalla possibilità di far votare gli
italiani all'estero nelle recenti elezioni politiche. Poi però tutto
si è bloccato, proprio sul traguardo. "Comunque - precisa il
ministro - è stato raggiunto un risultato eccezionale, perché io
sono l'unico deputato che ha ottenuto due modifiche costituzionali. E
l'ho fatto muovendomi in modo trasversale, ricercando il consenso di
tutti i gruppi parlamentari, senza fare distinzioni tra maggioranza e
opposizione".

Entriamo nel merito di queste riforme della
Costituzione.
In primo luogo abbiamo cambiato l'articolo 48, istituendo la
circoscrizione estero, che dà la possibilità ai nostri connazionali
di votare direttamente i loro rappresentanti nel Parlamento di Roma.
Inoltre abbiamo modificato gli articoli 56 e 57, fissando in dodici
deputati e sei senatori il numero di coloro che verranno eletti dagli
italiani sparsi nel mondo. Quindi è stato un enorme successo.
Però non si è fatto in tempo a rendere operativa la revisione
costituzionale entro il 13 maggio. Come mai?
Restava da approvare la legge ordinaria di attuazione delle norme
costituzionali. E lì è avvenuto il misfatto. La Commissione Affari
istituzionali del Senato ha votato la riforma il 22 febbraio, ma il
testo è stato trasmesso alla Camera troppo tardi per essere varato
prima che si concludesse la legislatura. Al di là della tanta
ipocrisia profusa, è mancata la volontà politica. Per gli italiani
nel mondo è stata una cocente delusione.
Lo ha fatto notare anche il capo dello Stato.
Il presidente Ciampi è andato in Uruguay e in Argentina proprio in
quei giorni. E ai nostri connazionali ha detto chiaramente che sarebbe
stata l'ultima volta in cui non avrebbero potuto esercitare il loro
diritto di voto.
Quindi adesso bisogna mantenere l'impegno.
Certo. Ho già ripresentato la proposta di legge ordinaria e l'ho
mandata a tutti i capigruppo, in modo che venga sottoscritta da
rappresentanti della maggioranza e dell'opposizione. Inoltre ho
dichiarato espressamente che mi attendo l'approvazione definitiva del
testo entro la fine dell'anno. Infine va sottolineato che per la prima
volta nella storia della Repubblica un presidente del Consiglio ha
detto che c'è un antico debito da saldare con gli italiani nel mondo
nelle sue dichiarazioni programmatiche davanti al Parlamento.
Insomma, le condizioni sembrano ideali per raggiungere l'obiettivo.
Sì, il quadro complessivo si presenta favorevole. Ciò si traduce in
una grossa responsabilità e in un impegno assoluto per me, che ho
dedicato tutta la mia vita politica a questa battaglia. Intendo
mantenere la parola data. Sono convinto che entro la fine dell'anno
riusciremo a far passare la legge. E gli italiani nel mondo non
saranno più misconosciuti e abbandonati come sono stati per troppi
anni.
Con quali modalità voteranno i nostri connazionali?
Eleggeranno con il sistema proporzionale dei loro parlamentari, con il
compito di tutelarne i diritti e gli interessi specifici, divisi per
grandi blocchi continentali. Si voterà per corrispondenza, perché
organizzare seggi nelle ambasciate e nei consolati creerebbe troppi
problemi.

Come mai si arriva a questo risultato solo ora, a
oltre mezzo secolo dalla nascita dell'Italia repubblicana?
Purtroppo la classe politica non si è mai resa conto di quale
straordinaria risorsa costituiscano gli italiani all'estero. Eppure
basta pensare agli istituti di cultura, al problema della difesa e
della diffusione della nostra lingua, alla presenza economica dei
nostri connazionali in tutto il mondo, alle centinaia di testate
giornalistiche e radiofoniche. Se noi apriamo le porte a questa
"altra Italia", costituita da oltre tre milioni di persone,
riconoscendone finalmente i diritti, potremo ottenere risultati
eccezionali sul piano economico e per quanto riguarda le relazioni
internazionali.
A parte la questione del voto, quali altre iniziative intende
assumere come ministro?
Metterò in cantiere, lavorando insieme al Consiglio generale degli
italiani all'estero, un pacchetto di misure riguardante diversi
aspetti: gli istituti di cultura, le scuole, le iniziative economiche,
gli interventi previdenziali e sociali. Non ci deve essere più alcuna
forma di discriminazione verso i nostri connazionali che hanno
lasciato l'Italia. Bisogna che il governo si assuma pienamente questa
responsabilità.
Ha in programma anche delle visite all'estero?
Ovviamente sì. La prima avrà un grande significato simbolico,
perché mi recherò a Marcinelle, in Belgio, dove l'8 agosto del 1956
morirono 146 operai italiani, sepolti nella miniera dentro cui
lavoravano in condizioni veramente terribili. Durante lunghi decenni
di emigrazione, prima di diventare comunità ben integrate e
influenti, gli italiani all'estero hanno dovuto sopportare sacrifici e
umiliazioni di ogni genere. Ma dovunque hanno portato progresso e
civiltà: ospedali, scuole, strade. E' tempo che la patria lontana
riconosca, anche in modo concreto, i loro immensi meriti.
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