L'amore del tempo
Franco Loi con Tina Cosmai
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Una finzione intenzionale
La poesia di Franco Loi investe l’animo di una forza intensa e
pacata, che trasporta valori saldi nel tempo e nello spirito dell’uomo.
E’ una poesia che ha ricercato la creatività orale della persona,
difendendola con vigore in uno spazio temporale che Loi preserva da
ogni attacco passivo, sordo, della società odierna. Nato a Genova nel
1930 da padre cagliaritano e madre colornese, si trasferisce a Milano,
dove vive la guerra, legge, lavora, si innamora, fa politica, passa il
tempo tra cortili e strade, case del popolo, sempre tra la gente. E
racconta questo suo mondo attraverso il dialetto milanese.
La sua ultima raccolta di poesie Amur del temp, edita da
Crocetti con testo italiano a fronte, è ricca di amore, di dolore, di
gioia, di passione, di quel tempo che attinge significato dalle
origini, dalle radici dell’uomo. E’ un tempo ricco di fantasia, di
vitalità, di libertà, nella dimenticanza di quell’urgenza del fare
che uccide il tempo e l’uomo.
L’uso del dialetto è la difesa di una dimensione umana e creativa
che oggi si tende a disperdere, quasi le parole d’origine fossero
spurie, sparse nella mente dell’uomo. Franco Loi raccoglie questi
elementi primordiali, dando vita a una poesia ricca della
spiritualità che risiede nel quotidiano, nell’esperienza di vita.
Sono versi che intrecciano le sequenze della realtà, vista attraverso
la percezione di un oltre che dà significato alla vita.
Ci parli di lei: quando ha avvertito l’esigenza di diventare un
poeta?
Le ragioni per cui sono diventato un poeta possono essere tante.
Fin da bambino sono stato affascinato dall’idea e dall’atto dello
scrivere; ho composto racconti, ho tenuto un diario. A dieci anni ho
fatto una riduzione teatrale dei Tre Moschettieri di Dumas, che
è stata recitata in un cortile.
Ho cominciato a scrivere poesie a trentacinque anni; mi capitò di
leggere i Sonetti di Gioacchino Belli e ne rimasi molto
colpito. Ho cominciato a scrivere in italiano ma, sentivo che la mia
non era poesia, bensì una costruzione della poesia, con referenti
importanti come Petrarca, Dante, Pascoli, Leopardi, tutti i poeti che
avevo studiato; insomma, non c’era quella libertà del dire come la
intendevo.
Ma per una ragione estetica, siccome dovevo scrivere di due operai
milanesi, usai la loro lingua, il dialetto milanese appunto. E come ho
messo in bocca a loro questa lingua popolare, ho capito due cose
importanti: una che avevo il milanese dentro, che non sapevo di aver
così profondamente assimilato durante la mia infanzia e la mia
giovinezza, e l’altra che cos’è la poesia.

Ci dica, cos’è la poesia?
La poesia non è una costruzione mentale, ma la sequenza sonora
delle nostre esperienze, di ciò che vogliamo ascoltare. E’ una
successione che si evidenzia in maniera musicale, seguendo il ritmo
dei versi, e che va al di là della nostra intenzione e impostazione
razionale. Citando Einstein, occorre un rapporto simpatetico con l’esperienza,
perché è da questa relazione che nasce l’intuizione. La poesia è
ascolto della realtà, della memoria, del sentire del corpo, delle
emozioni, del pensiero inconscio, non una più o meno abile capacità
di costruire versi.
Lei crede che la poesia abbia una sua missione?
Certamente, ed è quella di muovere, di rimuovere e di muovere
ancora, l’ascolto di noi stessi. Le emozioni, il pensiero, il corpo,
si muovono e bisogna saperli ascoltare, per richiamare il loro
significato alla nostra esperienza. Ed allora cresce la
consapevolezza, che è la missione più importante della poesia,
perché è crescita interiore.
Nelle sue liriche i sentimenti sono percepiti come elementi della
natura. Perché questo intreccio tra emozioni e natura?
Credo che nell’universo le cose siano legate tra loro, che vi
sia un’unità profonda tra noi e la natura, tra noi e gli altri.
Quindi mi è del tutto spontaneo intrecciare le cose della natura con
le cose del mondo, con gli uomini, con la società. Bisogna saper
vedere oltre l’apparenza e cogliere la sostanzialità della natura,
il suo significato spirituale. Citando Dante, le cose hanno ordine tra
loro e sono sostanziate dallo spirito. Quando si scrive poesia, anche
inconsapevolmente, si entra in rapporto con la spiritualità che
percorre il mondo; è un’energia che la poesia dà a chi legge, la
sensazione che tutte le cose sono somiglianti.
Attribuisce anche un significato religioso alla poesia?
Sì, come diceva Petrarca, la poesia in quanto poesia, è sempre
Sacra Scrittura. Così come Ungaretti scrisse che la poesia è sempre
una preghiera. E’ proprio del poeta percepire la religiosità del
suo fare, riconoscere un legame trascendentale nel suo atto poetico.
Non so come definirlo questo qualcosa d’altro… Dio probabilmente.
Mi piace la parola Dio perché è sintetica, somiglia a un suono. Ma
penso sia presuntuoso parlare di Dio. Sono convinto però che vi sia
una forza divina che dà vita alle cose; una forza che tutti noi
sentiamo, anche intuitivamente, perché credo che il sentimento
religioso sia in ogni uomo.
Lei scrive molto dell’amore, ma è un amore che spesso perde la
coscienza di se stesso, il suo senso…
Confondiamo spesso l’amore con la passione e con il sentimento.
Quest’ultimo può essere affezione per una persona, per un’idea,
per una convinzione; è un sentire con la mente e dunque un
sentimento. La passione invece è condizione passiva verso un
movimento intenso che ci attraversa e non va confusa con l’amore,
perché l’amore è movimento in sé verso qualcosa e quindi, è
privo d’ogni egoismo. L’amore è desiderare il bene dell’altro,
è amare l’altro per ciò che è, e ha una sua rigorosità, una
legge in sé, perché è un valore. Nelle mie poesie l’amore perde
la coscienza di se stesso, divenendo movimento puro che ci porta
chissà dove. E' autonomo rispetto alle nostre intenzioni, alla nostra
volontà… è infinito.
Il tempo è un elemento fondante della sua poesia. Lei scrive di un
morire del tempo e di un tempo che va oltre la sua volontà…
Quando siamo innamorati, il tempo non esiste più, muore dentro di
noi che entriamo così in una dimensione eterna. Questo morire del
tempo ci trasforma, perché ci introduce alla vita vera, in cui il
tempo non è uno scorrere assillante, ossessivo, e noi possiamo vivere
con libertà il rapporto con la natura, con il mondo, con noi stessi.
Bisogna saper vivere il tempo, e non lasciarlo fuggire oltre la nostra
volontà, farlo passare senza accorgerci del suo senso. Se noi fossimo
davvero liberi e fuori dai dettami della mente, probabilmente vivremmo
l’eternità del tempo; ci sarebbe corrispondenza tra il tempo della
vita e l’eterno. Perché il tempo è una dimensione che ci è data e
sta a noi saperlo vivere con creatività.
Questo è il significato di Amur del Temp?
L’ “amore del tempo” ha molti significati, vuol dire amore
del nostro tempo, del tempo in cui viviamo, ma vuol dire anche i vari
amori che noi abbiamo nel tempo. E poi l’amore che riusciamo a
vivere nel tempo, perché l’amore ci è dato per il tempo, lo
viviamo all’interno di un tempo che è quello della vita, non quello
dell’orologio.
In questa era di globalizzazione, vi è una ripresa della poesia
dialettale. Cosa ne pensa?
Dialettalità vuol dire oralità e il dialetto è la lingua
primigenia. Come sappiamo ogni lingua è un derivato della lingua
orale, del dialetto appunto. In epoche antecedenti la nostra, il
lavoro aveva una forte connotazione creativa, parlo dell’artigianato,
del lavoro nei campi, e la lingua si inventava. Con la scomparsa di
queste attività è scomparsa anche la creatività, ed è questo il
vero problema di oggi.
Ho vissuto in un’epoca in cui la gente parlava il dialetto e creava
continuamente la lingua, la creava e la parlava. Tutto ciò mi ha
fatto innamorare della lingua che si arricchiva nel mutare del
rapporto con gli uomini. La globalizzazione tende ad annullare la
creatività e per questo genera una resistenza, che in parte viene
esercitata dalla poesia in dialetto, testimonianza di un’oralità
che ha un’importanza enorme nella vita degli uomini. E’ una
resistenza che invita a non perdere le proprie origini, a difendere la
forza creativa dell’individuo; perché per quanto uno Stato sia
presente, se manca questa forza, crolla, crolla la società e crolla
la Storia.
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