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Recensione/Le particelle elementari


Antonia Anania

 

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Recensione/Le particelle elementari

  Uno stile volutamente cerebrale, gelido e spietato. Un contenuto tremendamente forte, urtante, e vero. "Appuntare qualcosa sul sangue" aveva scritto su un foglietto Michel Djerzinski, dopo le confessioni disperate del fratellastro Bruno, e qualche giorno dopo aveva aggiunto: "La legge del sangue". Ma di fronte al fratellastro, quella sera, era rimasto in silenzio, nessuna parola di conforto, o sconforto, solo una birra. Così era successo di fronte ad Annabelle, la donna che lo amerà per sempre, che sin dall'adolescenza aveva cercato un bacio da lui.

Michel e Bruno sono i protagonisti di Le particelle elementari (Bompiani), il romanzo del chimico e biologo Michel Houellebecq, che dà la misura di quanto la genetica colpisca la fantasia popolare e si presti come argomento di speculazione fantascientifica (ma non troppo, visto che la realtà, soprattutto in tema di scoperte scientifiche, continua a superare l'immaginazione).

Il romanzo di Hoeullebecq (oltre 250.000 copie vendute e polemiche a iosa) esprime opinioni forti su questa società, attraverso excursus storici, sociologici, filosofici. E' un elenco di tutti i tentativi dell'umanità, secondo lui falliti, di raggiungere la felicità e di allontanare il dolore: gli hippy, la new age, le filosofie e le meditazioni, le vacanze tutto sesso e libertà… E' l'espressione dello spirito del nostro tempo senza fronzoli, orpelli e compiacimenti (forse solo qualcuno di ordine scientifico), con qualche punta ironica, anche divertita; è l'esplorazione dei rapporti professionali e sentimentali di oggi. L'espressione di una società in bilico tra "illimitato emozionale" e certezze razionali.

E' un romanzo a tesi, e forse è questo il suo difetto. Houellebecq, che ha una grande cultura ed educazione scientifica, scrive le sue storie in uno stile che alterna un linguaggio comune e colloquiale, a uno astratto e filosofico, a uno tecnico scientifico (la spiegazione di alcune malattie come la necrosi delle vertebre lombari; il cancro; la dissertazione dell'animale alfa, l'animale omega; i comportamenti degli insetti; le fasi della decomposizione di un cadavere…). Da vero studioso di biologia e chimica, Houellebecq racconta questa storia come se scrivesse un testo di scienze, in cui ad una tesi corrisponde una dimostrazione e in cui il corollario finale è inevitabile, necessario.

Una mente scientifica, dunque, che si è servita dei suoi studi di genetica per dare voce alle paure razionali e irrazionali degli uomini. Michel, il protagonista del romanzo (evidentemente molto autobiografico, a cominciare dal nome), studia le particelle elementari per trovare un senso di vita, che gli sfugge, che non riesce a toccare, a sentire, ma che riesce a spiegare scientificamente: "in questo spazio di cui hanno paura (…) gli esseri umani imparano a vivere e a morire; in mezzo al loro spazio mentale si creano la separazione, la lontananza, la sofferenza…L'amore avvince, (…) La pratica del male estrania". Lui invece sorvola tutti i sentimenti e le sofferenze, e ne è consapevole. Glaciale e indifferente, incapace di sentire. E allo stesso tempo profondamente triste, annientato, devastato: la vita per lui diventa sempre più un peso, tanto da confondere il coma di Annabelle con uno stato di felicità.

Michel è un biologo molecolare il cui unico scopo di vita è ricostruire 'in studio' geni, neuroni, sinapsi, mitocondri, saccaromiceti, per dare al mondo una generazione di immortali: "…il DNA è una molecola complessa…dobbiamo partire dalle molecole autoreplicanti più semplici, cioè quelle con al massimo un centinaio di legami". Discorsi che lo entusiasmano, gli unici. Sin da bambino era rapito, quando leggeva di equazioni differenziali e di biochimica: si sorprendeva a pensare alla bellezza delle molecole di silicio, fosforo, germanio, selenio, arsenico, che prima immobili, una volte accoppiate provocavano reazioni violente e creavano un'altra sostanza.

Le stesse reazioni riscontrabili negli amplessi sessuali. Il suo cruccio è provare che il sesso non è fondamentale per l'embriogenesi, la riproduzione della specie, la creazione delle particelle elementari. Quando accetterà la possibilità di dare un figlio ad Annabelle, non penserà di far l'amore, o anche solo sesso, con quella donna, ma vedrà solo il fondersi dei gameti e delle prime divisioni cellulari: "perché mai lui non provava niente? Inspiegabile". Bruno e Michel sono due particelle elementari, simili e diverse. Sono nati dalla stessa madre, odiata da Bruno, non considerata da Michel, entrambi allevati dalle rispettive nonne paterne. Entrambi con lo stesso rapporto patologico col sesso, le stesse difficoltà di base. Sentono la necessità del desiderio e della felicità: Bruno la cercherà nella moltiplicazione degli incontri sessuali, un misto di istinti repressi e bestialità, Michel invece nell'azzeramento delle pulsioni. Due destini diversi ma ugualmente sintomatici, ugualmente disperati e rappresentativi della società di fine millennio.

Una società in crisi. Lo specchio di una umanità degradata. Tanto che secondo alcuni critici Houellebecq è il Camus digitale, un esistenzialista di fine millennio, un nichilista che ha in comune con l'autore de 'Lo straniero' (in L'estensione del dominio della lotta) l'uso letterario dell'atto gratuito (spesso un assassinio senza motivo), in risposta all'assurdità e alla casualità dell'esistenza. Anche Christiane e Annabelle sono due particelle elementari, quelle positive. Le uniche che danno felicità, e tentano di lottare per saldare una relazione, un legame di coppia; le uniche che si sacrificano. Donne di una grande discrezione, sofferta. Quello che fa rabbia, e che potrebbe sembrare pensato dallo scrittore per misoginia, è il loro destino tragico e di annullamento: entrambe malate, alla fine scelgono il suicidio, perché nulla, morte inclusa, è così terribile come vivere in un corpo menomato. Di fronte ai loro sacrifici, Bruno e Michel esitano, sono passivi, incapaci di agire, anche egoisti, possono apparire al lettore dei bastardi indifferenti.

Ma ognuno di loro ha una propria disperazione.e miseria. Bruno cercherà di dimenticare il desiderio sessuale con l'aiuto del litio, Michel ritornerà ai suoi studi, in Irlanda, lontano dalla Francia, ma si renderà conto che grazie ad Annabelle ha acquisito un'immagine dell'amore, così come come ha acquisito un'immagine dei sentimenti. Perché dal momento in cui pensa alla legge puramente scientifica che lega i consanguinei (l'"appuntare qualcosa sul sangue") solo per continuare le sue ricerche a quello in cui si ritrova il viso zuppo di lacrime per la morte di Annabelle, potrebbe sembrare che Michel sia cambiato. Ma il cambiamento è in realtà minimo. Alla fine, infatti, la soluzione di Michel all'infelicità e ai tanti secoli di dolore e morte non è spirituale ma è genetica: grazie ai suoi studi (Tipologia della meiosi; Tre congetture di tipologia negli spazi di Hilbert, Clifden Notes) messi in pratica da Hubczejak, nel 2071 una razza umana che si riproduce in modo asessuato vive felice e immortale.

Una razza di angeli o di dei che vive in una sorta di paradiso e che ha scritto, si capirà solo alla fine del romanzo, "Le particelle elementari" in omaggio alla razza precedente - la nostra, tormentata, contraddittoria, individualista, rissosa ma anche in grado di considerare la possibilità della propria sostituzione e del proprio superamento. Dunque "questo libro è dedicato all'uomo" scrive alla fine Houellebecq; all'inizio invece aveva scritto "questo libro è innanzi tutto la storia di un uomo". Se volete leggere la recensione di Estensione del dominio della lotta, sempre di Michel Houellebecq, cliccate qui

 

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