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La sfida della nuova biologia

 

Edoardo Boncinelli

 

   

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Questa relazione è stata presentata nell'ambito del convegno "WWW Welles' War of the Worlds" durante la dodicesima edizione di Spoletoscienza organizzata dalla Fondazione Sigma-Tau. Spoletoscienza si concluderà il 16 luglio.  Per ulteriori informazioni potete collegarvi al sito della Fondazione Sigma-Tau, il cui indirizzo è: http://www.sigma-tau.it/fondazione

  L’uomo ha manipolato e modificato da sempre gli enti di natura che lo interessavano. Ha prodotto il grano, i piselli, il pomodoro, il cane, il cavallo e la gallina. L’abilità di allevatori e coltivatori nel produrre varietà e specie animali e vegetali sempre più rispondenti alle loro necessità impressionò Darwin stesso e gli ispirò la teoria della selezione naturale. Quello che mancava ai tempi di Darwin e che è mancato fino ai primi di questo secolo era la conoscenza dei meccanismi genetici alla base dell’eredità dei caratteri biologici.

  Con l’avvento della genetica prima e dell’ingegneria genetica poi, l’uomo è penetrato nei meccanismi dell’ereditarietà e dell’azione genica e ha potuto operare sempre più spesso a ragion veduta. Questo gli ha fornito degli strumenti che non sono qualitativamente diversi da quelli di un tempo ma che dal punto di vista quantitativo ci appaiono di una potenza incomparabile e secondo alcuni preoccupante.

  L’avvento dell’ingegneria genetica ha implicato innanzi tutto la possibilità di isolare i singoli geni, cioè gli elementi nei quali può essere scomposto il patrimonio genetico, dalla massa di tutti gli altri, che nel caso dell’uomo sono circa centomila. Il gene che contiene le istruzioni per produrre un certo carattere biologico può così essere analizzato e caratterizzato, per poi eventualmente modificarlo e reinserirlo in una cellula o in un organismo ed osservare poi cosa succede. Tutto ciò che ne è seguito ha condotto a grandi successi sulla strada della comprensione degli esseri viventi e a enormi progressi nelle applicazioni pratiche.

  Conviene esaminare tutto ciò procedendo lungo tre direttrici principali: la produzione di conoscenze, la produzione di beni e servizi di interesse economico; la tutela e il miglioramento della salute dell’uomo. Personalmente sono interessato quasi soltanto al primo aspetto, senza il quale fra l’altro non ci può essere nessun altro tipo di avanzamento. La possibilità di isolare un gene ha permesso di osservarlo, di determinarne la struttura nel più intimo dettaglio e di tentare di capirne la funzione, osservandolo nella sua forma normale o nelle sue varie forme mutate.

Dopo aver compreso i rudimenti del meccanismo d’azione dei vari tipi di geni, l’uomo si è riproposto di determinare: il numero totale dei geni delle varie specie; la natura dei vari tipi di geni; il meccanismo d’azione dei vari geni; la regolazione dell’azione dei vari geni; le eventuali interazioni fra due o più geni; le interazioni fra i vari geni e l’ambiente; la patologia associata alle mutazioni dei diversi geni. Si registrano continui progressi nella determinazione del numero e della natura dei vari geni delle diverse specie d’interesse.  

Per quanto concerne la nostra specie, ci è stato promesso che entro il 2001 conosceremo il numero esatto e la natura almeno approssimata di tutti i 100.000 geni umani. In quei centomila geni composti da tre miliardi di nucletotidi sta racchiuso il segreto della nostra natura, almeno della nostra natura biologica. Sarà interessante vedere, tra le altre cose, che cosa effettivamente ci separa dallo scimpanzé che condivide con noi più del 99% del suo patrimonio genetico.

  Il primo capitolo delle applicazioni della moderna genetica molecolare riguarda La produzione di beni e servizi di interesse economico. Con questo termine vogliamo intendere quell’insieme di applicazioni pratiche che conducono al miglioramento di piante e di animali di interesse per l’uomo e alla loro utilizzazione a fini vecchi e nuovi. Spesso si tratta di aumentare il prodotto –più grano, più riso, più latte, più carne, più lana, più cotone, più seta- delle varie specie e/o ridurne il costo.  

Distinguiamo quindi la produzione di: sostanze naturali a prezzo minore; sostanze naturali di qualità migliore; sostanze naturali rarissime; sostanze nuove; sostanze di sintesi. Per quanto concerne le sostanze naturali rarissime e quelle di nuova concezione, la disponibilità di animali e piante (o anche batteri) capaci di sintetizzarle a comando diviene una necessità sempre più impellente e certamente una prospettiva irrinunciabile per il futuro più o meno immediato. L’era della produzione di particolari anticorpi, di fattori di coagulazione del sangue o di nuove molecole ad azione antitumorale da parte di piante coltivabili o di animali da fattoria è già iniziata e tutto lascia pensare che questo particolare tipo di produzione diverrà una voce sempre più importante dell’economia delle varie nazioni.

  Tutto ciò può piacere e non piacere, ma avverrà. Chi non sarà pronto e non avrà perfezionato tutte le tecniche necessarie per questa produzione e per il controllo degli eventuali rischi individuali e sociali ad esse connessi si troverà in posizione di svantaggio e ad inseguire affannosamente un mondo che comunque va. Questo non vuol dire che non ci siano rischi. La strategia più matura è quella di accettare i rischi, cercando al contempo di minimizzarli.

  Non c’è dubbio però che il campo che ci sta più a cuore e nel quale sono stati fatti i progressi più esaltanti sia quello della tutela e del miglioramento della salute dell’uomo. Distinguiamo un certo numero di voci: la diagnosi di malattie ereditarie monofattoriali, malattie multifattoriali, tumori. La prevenzione e i relativi concetti di predestinazione, predisposizione. La terapia, e più precisamente, la terapia farmacologica, i trapianti, la terapia genica. L’invecchiamento e la senescenza e in questi, il controllo del logoramento, il controllo degli orologi biologici e della morte programmata delle cellule.

  La medicina si articola da sempre sulla triade “diagnosi-prevenzione-terapia” e la medicina moderna, o come la chiama qualcuno la medicina molecolare, non fa eccezione. Abbiamo aggiunto la voce sull’invecchiamento per il suo particolare interesse e perché forse per la prima volta l’uomo può fare qualcosa di realistico e di sensato in questa direzione. Non c’è dubbio che i più grossi successi la moderna genetica molecolare li ha riportati e li sta riportando nel campo della diagnosi e della prevenzione.

  Il numero di malattie genetiche causate da un solo gene (malattie monofattoriali) di cui si conosce la natura e per le quali si possiede uno strumento diagnostico, è già notevole e in continuo aumento. Malattie ereditarie come la talassemia, la distrofia muscolare, la fibrosi cistica o la malattia di Huntington non sono oggi più un mistero e ogni giorno si registra la caduta di un altro ostacolo verso la comprensione della nostra patologia genetica nel suo complesso. Meno reclamizzati e meno noti sono i progressi nel campo delle malattie causate da più geni (le cosiddette malattie multifattoriali) come il diabete, la dislocazione congenita dell’anca, la poliposi del colon, la predisposizione a malattie cardio-circolatorie e alcune delle malattie psichiatriche maggiori.

  E’ mia convinzione che questo sarà il campo di battaglia principale della medicina del futuro. Il motivo è semplice. Le malattie monofattoriali sono tristissime, producono sofferenze strazianti e causano inconvenienti tragici, ma sono relativamente rare. Le malattie multifattoriali sono invece molto più diffuse e il loro impatto sociale è enorme. Il campo però nel quale personalmente mi aspetto i più grandi successi è quello della diagnosi sempre più precoce dei tumori. Con l’allungamento della vita media, questi assumeranno un’importanza sempre maggiore, ma nessun tumore è letale e neppure nocivo se preso in tempo. Mi immagino, non so con quale fondamento, che un domani ciascuno di noi possa passare a intervalli regolari, ogni sei mesi o una volta l’anno, attraverso una specie di metal detector che segnali la presenza di un piccolo o piccolissimo tumore in crescita in una regione del suo corpo. Le conseguenze della disponibilità di un presidio diagnostico del genere appaiono incalcolabili.

  Due parole ancora sulla prevenzione. La biologia moderna ci insegna che alcune malattie sono determinate dalle mutazioni in alcuni geni. Altre invece sono solo agevolate da una o più mutazioni. E’ il concetto di predisposizione, che comincia ad affacciarsi oggi e che dominerà la genetica medica di domani. Alcune persone nascono più predisposte di altre a certe malattie, congenite o acquisite. Predisposizione però non significa predestinazione. Su base statistica però le persone predisposte rischiano di più e il saperlo per tempo, anche se psicologicamente sgradevole, può alleviare o prevenire le conseguenze di questa predisposizione. Anche queste opportunità comportano dei rischi. La scienza mette a disposizione dell’uomo un certo numero di conoscenze e di strumenti pratici. Sta alla società e ai singoli farne buono o cattivo uso.  

Sul fronte della terapia, ci appoggiamo ancora largamente sulla terapia farmacologica, che contempla però anche i farmaci nuovi, come abbiamo appena ricordato.

  Una voce in continuo aumento è rappresentata dai trapianti d’organo. Qui si profilano all’orizzonte due grandi rivolgimenti: da una parte la possibilità di trapiantare organi di animali diversi dall’uomo (xenotrapianti); dall’altra la possibilità, remota ma non troppo, di trapiantare organi prodotti in laboratorio a partire da alcune cellule dello stesso individuo che dovrebbe ricevere il trapianto. Se e quando ciò si realizzerà, sarà importante giocoforza, affrontare consapevolmente molte questioni di liceità e di eticità, in un dibattito civile e informato.

  La terapia genica mira a individuare all’interno di certe cellule di un organismo un gene mutato e a sostituirlo con una sua copia sana o anche semplicemente ad affiancare una copia sana a quella mutata. Per certe particolari patologie la terapia genica è già una realtà e la sua importanza crescerà probabilmente sempre più negli anni.

  Un certo numero di scoperte ci mettono in grado di comprendere per la prima volta qualcosa delle basi biologiche dell’invecchiamento. Noi invecchiamo perché i nostri componenti si logorano, come quelli di una qualsiasi macchina. Ebbene, esistono geni che controllano questo logoramento. Ma invecchiamo anche perché possediamo alcuni geni che controllano che certi processi biologici abbiano una vita limitata e che certe cellule muoiano al momento giusto. Non è inconcepibile pensare che agendo su questi due tipi di controllo, si possa arrivare ad un miglioramento complessivo delle condizioni di invecchiamento, fermo restando l’insegnamento di Seneca: Quam bene vivas refert, non quam diu.

 

*Edoardo Boncinelli dirige il laboratorio di Biologia molecolare dello sviluppo presso l’Istituto scientifico San Raffaele e insegna all’Università Vita-Salute di Milano. Ha percorso le tappe fondamentali della sua carriera scientifica all’Istituto Internazionale di Genetica e Biofisica del CNR di Napoli, divenendo nel tempo uno dei maggiori esperti mondiali nello studio dei geni che regolano la disposizione delle varie parti del corpo durante lo sviluppo embrionale.

  E’ autore di molte ricerche pubblicate sulle principali riviste scientifiche internazionali. All’attività di ricercatore affianca quella di divulgatore. Tra i suoi libri: I nostri geni. La natura biologica dell’uomo e le frontiere della ricerca (Einaudi, 1998), Il cervello, la mente e l’anima (Mondadori, 1999), Le forme della vita. L’evoluzione e l’origine dell’uomo (Einaudi, 2000) e, insieme con Umberto Galimberti e Giovanni Maria Pace, E ora? La dimensione umana e le sfide della scienza (Einaudi, 2000).

   

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