In che modo il
futuro ha bisogno di noi?
Sebastiano Maffettone*
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Questa relazione è stata
presentata nell'ambito del convegno "WWW Welles' War of the
Worlds" durante la dodicesima edizione di Spoletoscienza
organizzata dalla Fondazione Sigma-Tau. Spoletoscienza si concluderà
il 16 luglio. Per
ulteriori informazioni potete collegarvi al sito della Fondazione
Sigma-Tau, il cui indirizzo è: http://www.sigma-tau.it/fondazione
Tra non
molti anni, animali e cibi transgenici sostituiranno gran parte della
flora e della fauna a cui siamo abituati, cambiando il nostro
ecosistema in maniera repentina dopo che ci eravamo ad esso adattati
nel corso di un' evoluzione di durata millenaria. Contemporaneamente
macchine intelligenti, da noi create ma poi forse sfuggite al
controllo, tenderanno a subentrare in
tutti i nostri ruoli più significativi. Noi stessi, d'altra parte, muteremo
corredo genetico e saremo dotati di microchips che ci aiuteranno a
svolgere alcune delle funzioni più importanti. Uno
scenario fantastico, ma non troppo, come questo serve a farci
riflettere sul fatto che il progresso scientifico e tecnologico cambia
sempre più velocemente le nostre vite. Gli sviluppi recenti della
genetica molecolare e dell'intelligenza artificiale ne sono
probabilmente le istanze più eclatanti.
Mai come
adesso la cultura sembra addirittura entrare in conflitto con la
biologia, e il nostro lento passato evolutivo scontrarsi con un futuro
vorticoso tecnologicamente mediato.
In che modo
è possibile e giusto
reagire intellettuamente a queste mutazioni
così profonde? Ho cercato di rispondere a questa
domanda nella maniera più semplice per me, e cioè mettendo a
confronto, e direi quasi giustapponendo, qualcosa di quello che si
riesce a comprendere dell'impatto del progresso scientifico sulle
nostre vite avvalendomi dell'armamentario tradizionale - che a tutti
noi, anche quando lo pratichiamo, talvolta appare francamente obsoleto
- della filosofia teoretica e pratica (che nel mio caso eredita molto
da Kant e Hume).
E' possibile un esercizio
di questo tipo? E se lo è, risulta anche sensato e addirittura utile?
Sappiamo dalla seconda legge della termodinamica che in un sistema
chiuso, sarebbe a dire che non subisce influenza dall'esterno, il
disordine o "entropia" cresce.

Ciò vuol
dire che, lasciato a se stesso, un sistema-mondo, come quello in cui
viviamo, dovrebbe diventare sempre più caotico. La seconda legge
della termodinamica, basata sull'aumento costante dell'entropia,
sembra così lasciare poco spazio all'emergere di creature
intelligenti. Una creatura intelligente, comunque la si voglia
intendere, espone un comportamento che è l'opposto di quello caotico,
dato che ogni creatura capace
di rispondere intelligentemente all'ambiente che la circonda
presuppone un ordine sofisticato. La chimica della vita intelligente
senza dubbio presuppone un progetto complicato di questo genere. Ma
allora, apparentemente, la legge dell'aumento costante dell'entropia e
la teoria dell'evoluzione, che si muove in direzione di un ordine
sempre maggiore, cioè verso l'intelligenza, costituiscono due
tendenze in contraddizione reciproca.
La risposta tradizionale a un dilemma di questo tipo consiste nel
concepire l'evoluzione come un processo aperto, che fa parte di un
sistema molto più grande e strutturalmente caotico, in maniera che
l'aumentare dell'ordine nel processo evolutivo che ci riguarda da
vicino tocchi solo marginalmente il livello di complessità del
sistema generale (che resta così soggetto alla legge dell'entropia).
Nel processo evolutivo di una vita, le molecole si autorganizzano in
funzioni distinte e complesse, a mano a mano che la chimica si
trasforma in biologia. Durante lo svolgersi di tale processo, è
fondamentale l'esistenza di un codice "scritto" che registri
progressivamente i risultati ottenuti, in modo che il meccanismo
problem-solving non ritorni costantemente sugli stessi punti. Proprio
per questa ragione, la genetica del DNA è così basica come
registrazione e guida dell'evoluzione. Con il DNA l'evoluzione mette a
a sua disposizione una sorta di computer digitale che struttura il suo
processo nel tempo. Ciò consente di pensare, quasi istintivamente, i
due mondi con "ampie e "normali" intersezioni.

Esiste ora tutto un orizzonte di ricerca basato su queste
intersezioni, di cui un esempio
importante è costituito dallo studio interdisciplinare della vita
artificiale (che mescola non solo biologia teoretica e computer
science, ma anche ecologia, economia e matematica della complessità).
In questo senso, gli studiosi di vita artificiale accostano i
programmi di software della vita in maniera strutturalmente differente
dagli studiosi di intelligenza artificiale, nel senso che vanno alla
ricerca di programmi più isomorfi alla spontaneità dell'ordine cui
fanno riferimento.
Da questo punto di vista, l'affintità tra i due campi di ricerca -
che hanno un precursore comune negli studi sugli automi
autoriproducentesi di von Neumannn - non vuol dire identità ma solo
"somiglianza di famiglia" (vedi in proposito le due diverse
antologie curate da Margaret Boden, The
Philosophy of Artificial Intelligence e the Philosophy of Artificial
Life per somiglianze e differenze).
Se partiamo dalla questione evolutiva della vita intelligente, e
aggiungiamo che la tecnologia costituisce un ulteriore gradino
evolutivo della vita intelligente, non possiamo non considerare
proprio la computazione come un caso padigmatico. Continuando nel ragionamento
precedente, possiamo affermare infatti che la computazione come
capacità di ricordare e risolvere problemi è il tipico anello di
congiunzione tra l'evoluzione naturale e l'evoluzione tecnologica.
Funziona in maniera analoga negli organismi multicellulari e nelle
tecnologie più sofisticate. In entrambi i casi, per esempio, creature
più recenti e sofisticate possono rispondere più adeguatamente ai
contesti complessi in cui sono immerse.
La cosiddetta legge di Moore - che regola il rapporto tra superficie
(sempre minore) dei circuiti integrati e loro potenza (sempre
maggiore) - istituisce una sorta di ritmo stabile di mutazione
scientifico-tecnologica nell'area dello hardware della computazione in
grado di esibire una crescita esponenziale di capacità. Alla luce di
quanto detto sul rapporto tra caos generale ed evoluzione
dell'intelligenza e dell'ordine, si può dire che la legge di Moore
contribuisca a mostrare -
ciò che è anche intuitivo- che al crescere dell'ordine intelligente
i ritmi del cambiamento sono esponenzialmente più veloci.
In realtà non è facile comprendere le implicazioni di quest'ultima
affermazione. Dal punto di vista generale - come abbiamo visto prima -
si può dire che l'evoluzione, come sistema aperto, prende la sua
energia per creare ordine dall'ambiente esterno, che fa parte a sua
volta di un sistema universo soggetto alla legge dell'aumento costante
dell'entropia e quindi caotico. Da un altro punto di vista, non è
chiaro però se nella tecnologia presente-futura possiamo osservare un
aumento effettivo di ordine o solo un aumento di informazione.
L'informazione, come distinta dal rumore puro e semplice, è una
sequenza significativa di dati all'interno di un processo, più o meno
come lo è il DNA per un organismo. Tuttavia l'informazione in quanto
tale non costituisce un ordine. Riprendendo il Kant della Critica
del Giudizio, si può dire che un ordine è un'informazione con
uno scopo inerente. Il DNA di un organismo è un'informazione che può
aspirare a diventare un ordine solo se accettiamo uno scopo prefissato
costituito dalla sopravvivenza dell'individuo e dalla stabilità della
specie. Il concetto di complessità è stato di recente adoperato per
descrivere un rapporto del genere tra informazione e scopo all'interno
di un processo.
La conclusione del ragionamento precedente è che la capacità
computazionale è l'aspetto essenziale dell'ordine che si ricava dal
processo evolutivo di una vita intelligente che includa anche la
tecnologia come sviluppo ultimo. Considerando la natura esponenziale
della crescita di complessità della capacità computazionale (legge
di Moore), si può ipotizzare che essa conduca prima o poi a un
mutamento evolutivo radicale. Questo mutamento consisterà
verosimilmente nella creazione di intelligenze artificiali competitive
con le nostre. Qualcosa del genere rappresenterebbe senza dubbio uno
shock evolutivo, e mostra inequivocabilmente una possibile rotta di
congiunzione in nome della complessità tra biologia genetica e
intelligenza artificiale.
*Sebastiano
Maffettone (Napoli 1948) è professore ordinario di Filosofia politica
presso la Facoltà di Scienze politiche
della L.U.I.S.S. "Guido Carli" di Roma e direttore
responsabile della rivista Filosofia
e questioni pubbliche. E' autore di numerosi saggi nell'ambito della
filosofia morale, sociale e politica, tra cui Valori comuni (Il
Saggiatore 1989), Le ragioni degli altri (Il Saggiatore 1992), I
fondamenti del liberalismo (con Ronald Dworkin, Lterza, 1996) e Il
Valore della vita, (Mondadori, 1998).
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