Che fare? Un direttorio
Oreste Massari
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Questo articolo è apparso sul numero 60 di Reset, attualmente in edicola e in libreria
Lamara notte del 16 aprile ha risvegliato in tutto il
centrosinistra la ricerca degli errori con il senno di poi. Si tratta ora di trasformare
il senno di poi in senno di prima. Abbiamo un percorso temporale ristretto, poco meno di
un anno. E non sarà indifferente - data la distribuzione territoriale del voto - con
quale legge elettorale si voterà. Abbiamo - che piaccia o no - Giuliano Amato, un
socialista, come presidente del Consiglio, e i due veri leader
dellUlivo/centrosinistra, Prodi e DAlema, sono fuori gioco. I dati elettorali
mostrano unindubbia maggioranza per il centro-destra, ma secondo un rapporto di
forze che non è cambiato granché rispetto al 1996. I due blocchi si mostrano abbastanza
stabili, presi complessivamente. I sommovimenti sono stati tutti allinterno delle
due coalizioni e/o per tipo di elezione, come le europee del 1999 (vedi leffimero
fenomeno Bonino o la sopravvalutazione dei Democratici). Cresce lastensionismo
elettorale e sembra che colpisca di più la sinistra.
Ciò che è cambiato è la struttura dellofferta politica: lalleanza Polo-Lega
assegna virtualmente quasi tutti i collegi del Nord al centro-destra, la desistenza con
Rauti potrà spostare almeno una trentina di seggi nel centro-sud a favore del Polo, con
ciò compromettendo, rebus sic stantibus, le possibilità di vittoria per il
centrosinistra. La struttura delle coalizioni è inoltre fortemente asimmetrica a
vantaggio del centro-destra. Questo ha meno partiti e partitini, ha un partito trainante
vero, Forza Italia, con un leader vero riconosciuto dalla coalizione. Ha insomma una
struttura più adatta alla competizione bipolare (e non si capisce come mai ora Berlusconi
non capisca il vantaggio che gli deriva dalluninominale ad un turno!).
Tale struttura è assente nel centrosinistra. La frammentazione partitica, con la
litigiosità conseguente, ha impedito finora qualsiasi direzione unitaria e qualsiasi
leadership riconosciuta. Manca un partito trainante e trascinante. I Ds sono
elettoralmente troppo deboli per imprimere una spinta aggregativa alla coalizione.
Luscita di scena di DAlema, non più neppure leader di partito, ha compromesso
per ora le aspirazioni alla premiership dei Ds, anche se Veltroni poteva costituire
un ottimo candidato (anche per il suo impegno nellUlivo di Prodi). Il loro punto di
forza, riconosciuto dagli alleati, è quello di possedere collegi sicuri nelle regioni
centrali. Ma è anche il punto di debolezza della coalizione: la spinta ad occupare
collegi sicuri da parte della dirigenza dei partner inibirà la competizione in altre aree
e lo stimolo per la conquista di collegi meno sicuri, e costringerà comunque a pratiche
spartitorie dei collegi sicuri inevitabilmente centralizzate e come tali non in grado di
mobilitare dal basso gli elettori nel territorio.
Dal punto di vista sociale, proprio la parte più moderna, avanzata e produttiva del
paese, il Nord, appare impermeabile al centrosinistra. Né appare forte
linsediamento della sinistra nella classe operaia settentrionale. Le regioni
centrali, con la perdita di Bologna e di altre città nelle precedenti amministrative,
registrano scricchiolii preoccupanti del tradizionale insediamento elettorale. Con
leccezione della Campania, anche il Sud è in prevalenza nelle mani del Polo. Viene
alla luce, insomma, una grande questione di rappresentanza sociale. E anche un paradosso:
il centro-destra appare, anche se in forme demagogiche e populistiche, più in sintonia
con la società reale, di quanto non lo sia il centrosinistra insediato nelle istituzioni
di governo e percepito appunto come tale.
La campagna elettorale e i risultati in voti mostrano, inoltre, i seguenti dati:
- lanalisi di DAlema e con lui di tutto il centrosinistra di poter conquistare
o aumentare il consenso tramite le politiche governative e le posizioni occupate (in
termini di visibilità) si è rivelata sbagliata. Il cosiddetto "partito del
presidente" non può sopperire alla mancanza di partiti reali, di reti organizzative,
di strutture di partecipazione collettive. Cè da aggiungere, per la verità, che
DAlema è stato pressoché solo nel condurre una campagna nazionale, laddove la
coalizione come tale è stata visibilissima nel momento delle candidature;
- questa constatazione è corroborata da un altro dato connesso: il fattore personale, o
la leadership personale, è importante ma fino ad un certo punto. In Veneto Cacciari
prende più voti della coalizione ma non fino al punto di colmare il gap con il voto di
lista ai partiti del centro destra. Bassolino vince in Campania ma sulla base di una
coalizione maggioritaria e vincente. Detto in altri termini, si è commesso lerrore
di pensare che il voto al presidente potesse sopperire alla carenza del voto di lista. Il
voto personale della Bonino e quello dei radicali si è rivelato per quello che era: un
clamoroso flop. Solo lassenza di veri esperti elettorali nello staff presidenziale
(e per un leader questo è un errore capitale) poteva far scambiare il dato eclatante ma
effimero e congiunturale delle europee (preparato dalla campagna delle Bonino for
President) per un dato strutturale o acquisito. Eppure Giovanni Sartori si sgolava
invano affermando che il valore dei radicali in Italia non va oltre il 3%. Lo stesso
dicasi dei Democratici: il risultato delle europee era congiunturale. Insomma, il voto
rivaluta due fattori (oltre quello della leadership personale): quello dei partiti
radicati e in grado di avere antenne sociali e quello della comunicazione politica;
- la comunicazione massmediologica del centro-destra, veicolata principalmente da
Berlusconi è stata efficace, laddove quella del centrosinistra è apparsa regredire allo
stile, ai toni, ai messaggi del 1994. Ricordate? Nel 1994 i progressisti demonizzano
lavversario e perdono. Nel 1996 DAlema cambia registro e si appella a un paese
normale. E assieme al ruolo rassicurante di Prodi il centrosinistra vince nella
competizione maggioritaria (non in quella proporzionale). Nelle regionali del 2000 si sono
dimenticate le lezioni precedenti, forse per eccessiva sicumera.
Che fare a questo punto?
- sbarazziamoci delle analisi sbagliate o comunque non utili in questa fase. Il paese non
è diventato improvvisamente di destra. Se vota il Polo, non per questo è egoista,
individualista, anarchico, sovversivo. Se il Polo fa laccordo con la Lega non per
questo cè un pericolo per la democrazia o per lunità nazionale. Il paese è
elettoralmente grosso modo quello del 1996. Il fatto è che abbiamo una competizione
bipolare dove lalternanza è possibile. In questo tipo di competizione ciò che fa
vincere è un insieme intrecciato e complesso di fattori, ma non si vince mai solo
demonizzando lavversario, si vince conquistando al fiducia degli elettori con le
proposte, gli stili comunicativi, i comportamenti concreti, le percezioni (false o reali
che siano) che si comunicano. Dunque un atteggiamento mentale: gli elettori hanno sempre
una loro razionalità. Non offenderli mai. E concentrarci su una campagna elettorale a
breve scadenza, non sullanalisi del mondo;
- la dirigenza del centrosinistra deve al più presto pensare al tipo di legge elettorale
(e più in generale al tipo di forma di governo) più adatta alla sua condizione
strutturale attuale. Faccio un esempio: se Amato dovesse essere il candidato premier del
centrosinistra e se, come pare, dovesse presentare una propria lista in grado di attrarre
i voti della diaspora socialista, allora il sistema più adatto a tale prospettiva (che ha
una sua valenza) è proprio lattuale che valorizza lappartenenza nel canale
proporzionale (esperimento riuscito a Dini nel 1996). Dopo lesito del referendum,
bisognerà riflettere sulla questione. È evidente, tuttavia, che se i rapporti di forza
rimangono inalterati, il centro-destra può vincere con qualsiasi sistema elettorale; ma i
sistemi elettorali non sono tutti eguali e a seconda di quello prescelto si possono
massimizzare e minimizzare vantaggi e svantaggi, data una determinata distribuzione
territoriale del voto;
- la coalizione si deve dare al più presto una regia di comando, una leadership
collettiva che non può essere la sommatoria di tutti i leader della coalizione. Occorre
una sorta di direttorio, di comitato di salute pubblica, sulla base non di quote
partitiche ma di merito, capacità, competenza, visione, immagine e di capacità di
rapporto di aree elettorali-sociali che si vogliono raggiungere. Quando la casa brucia, o
si addotta la massima salus Respublicae, suprema lex (massima che imponeva nella
Roma repubblicana, la figura temporanea di un dictator), oppure la sconfitta è
segnata. Il centrosinistra soffre del fatto di apparire come un ceto politico frantumato e
di Palazzo. Occorre spezzare questa immagine e presentare una squadra collettiva fresca,
dinamica, appassionata;
- occorre recuperare un rapporto politico con Rifondazione. Questo rapporto è una
necessità. Senza lapporto di Rifondazione non cè partita. Se questo deve
costare qualcosa da pagare in termini di programma e di politiche pubbliche occorre
valutarne i costi. Se dovessero essere troppo alti, il centrosinistra deve ripensare la
sua strategia elettorale e istituzionale. Contemporaneamente occorre riprendere il
rapporto con quellelettorato di sinistra che è deluso e che si astiene. Dunque,
rapidissima rivitalizzazione delle strutture partitiche sul terreno territoriale;
- un programma elettorale, un manifesto ben studiato, in grado di avere un appeal
maggioritario nel paese, in cui ci siano promesse fattibili, speranze realizzabili,
attenzione agli interessi e soprattutto ai ceti che si vogliono maggiormente
rappresentare. Un programma di questo genere non si improvvisa: il Labour Party ci ha
messo 15 anni. Un programma si basa sulla capacità di ascolto, sulla competenza, sulla
passione, su una visione del futuro;
- premiership: non cè tempo e cultura per primarie vere. Occorre invece
"costruire " limmagine di un candidato premier, una volta che la scelta
sia stata fatta. Alla scelta si può arrivare, ad esempio, attraverso una convention
nazionale degli eletti a tutti i livelli, di rappresentanze degli iscritti e degli
elettori della coalizione, e altro ancora. La scelta, comunque, deve essere fatta sulla
base di considerazioni politiche del tipo: è meglio un candidato di centro, come Fazio,
oppure il presidente del consiglio in carica, oppure ancora puntare su un volto nuovo e
giovane, tipo Rutelli o Letta. Occorrerebbero sondaggi approfonditi, focus groups
per avere dati informativi;
- più utile sembra invece aprire al massimo i processi di democratizzazione e
partecipazione al livello dei singoli collegi uninominali anche attraverso primarie. Il
fine è mobilitare e motivare quanto più possibile la partecipazione a livello
territoriale. Ma il processo va deciso e regolamentato subito. Chiediamoci: che cosa è
più utile ai fini delle chanches elettorali del centro-sinistra, garantire collegi sicuri
ai vari dirigenti oppure buttarli nella mischia in un processo in cui gli elettori di base
sono chiamati a decidere? Un vero politico non teme le primarie, tuttaltro. Ma la
coalizione è in grado di rinunciare alle quote prestabilite? Se non è in grado, tutto
questo è legittimo e comprensibile, ma allora non si parli più soggetto unitario,
trasferimento di sovranità, Ulivo 1 o Nuovo Ulivo
- le campagne elettorali si giocano su molte dimensioni, comprese quelli che sono i trend
nellopinione pubblica, il vento che soffia. Decisivo è il contenuto politico,
il messaggio, i leader, le questioni di sostanza, ma anche le tecniche. Chi sottovaluta le
tecniche, specie nella comunicazione politica, non ha capito niente delle competizioni
politiche nellera della democrazia di massa mediatizzata. Dunque,
professionalizzazione della campagna elettorale, con veri professionisti ed esperti del
settore;
- in generale, una leadership personale e collettiva che vuole competere per il governo
deve avere strumenti tecnici e scientifici di supporto, oltre che delle idee in testa che
accettino questa dimensione. Un pool non di freddi esperti o di interessati pubblicitari,
ma di appassionati partecipi delle sorti della propria parte. Le campagne elettorali negli
Usa, in Gran Bretagna, in Germania, in Francia si giocano con questi strumenti.
Berlusconi, comunque, è nel suo habitat naturale. La sua sfida deve essere raccolta. Un
esempio delle tecniche: individuare i collegi marginali, investire in questi in risorse
umane, finanziarie, tecniche, scegliendo per tempo il candidato e costruendo, accanto alla
campagna nazionale, campagne locali mirate.
Riusciranno i nostri a muoversi non secondo queste proposte, ma secondo questo spirito?
Non lo so.
So che, o la coalizione ritrova agilità e libertà di movimento nel condurre al massimo
grado di efficacia il confronto con il centro-destra, correggendo gli errori passati e
adottando le misure che vanno adottate, oppure è già condannata alla sconfitta.
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