Questo articolo è apparso sul numero 60 di Reset, attualmente in
edicola e in libreria
Reset - Nel libro Di Mauro Calise Il partito personale viene
affrontato il tema della personalizzazione dellattività di intermediazione
partitica, fino al costituirsi di partiti che vengono appunto definiti personali, questa
è soltanto una risposta ad un disagio dello specifico italiano, oppure è semplicemente
un nuovo modo di essere, unevoluzione delle modalità di conduzione
dellattività politica nelle società contemporanee?
Weber - Il fenomeno della personalizzazione della politica è facilmente rilevabile e
misurabile. I sondaggi dopinione evidenziano un trend di costante crescita. Un
curioso mix di populismo, di politica simbolica e di personalizzazione nei meccanismi di
raccolta del consenso elettorale, e nella pratica dellintermediazione politica. In
questultima tornata elettorale regionale ha avuto un peso molto elevato anche la
capacità di innovare i moduli del campaigning utilizzando nuove tecniche di
comunicazione. Inoltre la forte politicizzazione ha interessato più i leader degli
schieramenti contrapposti che i singoli candidati alle presidenze delle regioni. Da questo
punto di vista, la maggiore visibilità della leadership di Berlusconi, ha prodotto una
rendita elettorale superiore a quella generata da una non altrettanto chiara preminenza di
DAlema nel centro sinistra. Questa coalizione ha perso soprattutto nelle regioni
dove la transizione dal modello di struttura partitica tradizionale a quello maggiormente
incentrato sulla leadership, non è ancora stato avviato. In sostanza, laddove il
centrosinistra è riuscito a centralizzare e personalizzare la leadership, utilizzare
consulenti e professionisti della comunicazione esterni, (vedi il caso della Campania ma
anche quello della Basilicata e del Molise) è riuscito a vincere.
Calise - Sono daccordo, per il centro sinistra è molto più facile riuscire a
competere laddove la transizione ad un nuovo modello di campaigning è stato
avviato. Non dimentichiamoci che loperazione Bassolino a Napoli nasce dopo la nomina
a commissario della federazione del Pds. Bassolino azzera, sostanzialmente, tutti gli
organismi dirigenti. La prima campagna elettorale del 1993 viene condotta per così dire
allamericana, a partire dalla direzione centralizzata da parte di un pool di
cinque professionisti esterni, di cui feci parte anchio. Il dato fondamentale è
stato, dunque, lazzeramento organizzativo e la ricostruzione del partito su basi
nuove.
Reset - Ma non è la liquidazione del vecchio partito a creare le condizioni per la
personalizzazione?
Calise - Non è proprio così. In questo caso la continuità risiedeva nella persona
di Bassolino, nella sua capacità di rivendicarla. Se ci fosse stata un organizzazione di
partito "autonoma", non ci sarebbe stato quel mix di personalizzazione,
centralizzazione e comunicazione che hanno consentito di trasformare una forza marginale
all8%, quale era il Pds napoletano nel 1993, ad essere centrale in una coalizione
che nel 1997, al secondo mandato, ottiene il 73%.
Weber - Un esempio analogo si è verificato a Trieste. Si è riusciti a eleggere
Riccardo Illy sindaco spostando lelettorato di sinistra e di centrosinistra su un
candidato non ortodosso e senza passato di militanza politica. Anche qui si è partiti
dallazzeramento organizzativo del partito più forte della coalizione. Nel 1993,
infatti, il Pds di Trieste aveva vissuto un processo di ristrutturazione che aveva portato
alla decapitazione del vecchio gruppo dirigente. La nuova federazione triestina, così
come quella napoletana, si fondò su una nuova compagine aperta al contributo di
consulenti e professionisti esterni. La lista guidata da Illy costituì uno dei primi
esempi di utilizzo di quei nuovi moduli di attivismo politico e di campaigning
di cui parla Calise nel suo libro. Dove invece vecchie strutture, gruppi dirigenti e
antichi permangono il centrosinistra perde: il caso di Bologna è esemplare.
Reset - Il " partito personale" rappresenta quindi uno dei modi possibili
per affrontare il disagio crescente nei confronti del malfunzionamento del sistema
politico italiano, che a causa di una frammentazione partitica elevata, vive un blocco del
processo di policy making e del normale meccanismo di assunzione delle
decisioni?
Calise - La cultura politica italiana dovrebbe riflettere in primo luogo sul sistema
elettorale: lintroduzione del maggioritario non può risolvere i problemi e le
contraddizioni. Sarebbe stato sufficiente rileggersi un prezioso saggio di Giovanni
Sartori, di ormai venti anni fa, Elementi di teoria politica, dove viene
spiegato molto chiaramente come non sia possibile creare un sistema bipartitico attraverso
la semplice introduzione di una legge elettorale maggioritaria, a meno che il sistema nel
quale si interviene non presenti già condizioni favorevoli a tale tipo di sviluppo. Il
problema maggiore, la frammentazione partitica, è anche, nello stesso tempo, la ragione
principale delle difficoltà a risolverlo. La chiave di lettura principale del mio libro
risiede nello sforzo di tenere insieme la categoria della personalizzazione con quella del
partito. Un processo di personalizzazione della politica, lo ricordava Roberto Weber, è
un dato ormai acquisito. Però, salvo casi particolari non ha poi molto a che vedere con
quella di cui parlava il grande sociologo e pensatore tedesco Max Weber in Economia
e società: quella odierna è, sostanzialmente, senza carisma, e, nel migliore dei
casi, si fonda su un grande patrimonio e uningente quantità di risorse da
investire. Questo deve essere langolo visuale, anche in relazione agli strumenti
necessari al rilancio della passione politica nel nostro paese. Bisogna essere consapevoli
che non si è ancora in grado di dispiegare capacità di mobilitazione completa e
accattivante. A questo punto la questione è: che rapporto si è instaurato fra
personalizzazione politica e partiti: questi ultimi in sostanza, che fanno? Negli Stati
Uniti il problema è stato affrontato e risolto cinquanta anni fa, quando i partiti erano
ormai allo stremo. Si è optato per una politica candidate-centered, cioè
supportata da partiti divenuti mere macchine elettorali, i candidate-parties.
Sono praticabili, in Italia, percorsi alternativi rispetto a quello statunitense?
Reset - Parlando delle disfunzioni principali del funzionamento del sistema
politico italiano, vogliamo considerare come prioritarie linstabilità e la relativa
inefficienza degli esecutivi o, piuttosto, la scarsa partecipazione al voto e
lallontanamento dalla politica in generale?
Weber - I tassi di non partecipazione sinora registrati sono fisiologici e comunque
inferiori a quelli espressi dagli altri paesi delloccidente industriale avanzato.
Alle elezioni europee in Italia ha votato una percentuale più significativa della media
dellUnione Europea. E anche alle regionali nonostante il calo rispetto alle
precedenti. Per me lastensionismo non è ancora un fenomeno di prioritaria gravità.
Calise - Il problema prioritario è il provincialismo culturale sul tema delle
riforme. Come mai, avendo comunque alle spalle strutture partitiche ancora degne di questo
nome, non si è lavorato per portarle in sintonia con le dinamiche di personalizzazione,
centralizzazione e medializzazione che tendono ad essere dominanti?. Oppure, per passare
all'altro nodo istituzionale su cui si sono affollate le inutili ricette degli apologeti
del maggioritario, come è possibile che nessuno si sia accorto che i governi in Italia,
oggi, funzionano molto meglio rispetto a quindici anni fa? Vi è stato un importante
processo di rafforzamento dellesecutivo di cui, daltra parte, Sabino Cassese
si era accorto sin dagli anni ottanta. Certo, c'è ancora poca stabilità. Ma stabilità,
anche in questo Sartori è molto chiaro, è altra cosa rispetto a efficienza. La Dc,
nonostante le innumerevoli crisi, è stata stabilissima al governo, ma non si può certo
dire che abbia fornito un esempio di efficienza. Ciò che hanno fatto governi tecnici come
quelli di Amato e Ciampi, in pochi mesi di vita e senza una reale maggioranza politica
alle spalle, non sono riusciti a realizzarlo i precedenti esecutivi in trentanni.
Allo stesso modo, quanto a efficienza, Prodi ha governato molto bene, così come
DAlema.
Reset - Ad un certo punto, però, Prodi è caduto. E DAlema si è dimesso due
volte
Calise - Questo è vero, ma è altrettanto vero che la caduta del governo Prodi non
ha inficiato lattività di policy making del governo DAlema.
Certo, resta il problema della legittimazione di un esecutivo forte che prescinda
dallintermediazione partitica e dal rapporto diretto che tale governo può
instaurare con la cittadinanza. La formazione di un esecutivo forte è diventata
incompatibile con la spartizione "cencelliana" della vecchia partitocrazia.
Vedremo anche cosa succederà con il nuovo governo Amato. Ricordate la staffetta Craxi-De
Mita? Fu limplosione di una coalizione incapace di lottizzare posti di governo fra i
partiti della maggioranza: ormai Palazzo Chigi valeva troppo, era fuori dai giochi. Da
quel momento si è finalmente aperto un nuovo gioco, avente per oggetto la competizione
per una struttura efficiente e forte. Che la transizione a questo nuovo scenario non
potesse avvenire in maniera indolore e in poco tempo era abbastanza prevedibile. Anche per
questo, non mi sembra il caso di stracciarsi le vesti per le condizioni della
partecipazione politica in questo paese, che non è in condizioni disastrose. Il rebus da
risolvere resta questo: come continuare a utilizzare ciò che resta delle strutture di
partito per garantire un maggior grado di legittimità democratica a governi che tendono
sempre più a personalizzarsi e a prescindere dal circuito tradizionale della
rappresentanza politica? Per tenere insieme tutti questi aspetti, cè bisogno di
più di consapevolezza critica e cultura politica ed un po meno di fiducia in
ricette risolutive "chiavi in mano" tipo la riforma del sistema elettorale. Sono
circa dieci anni che sostengo di non farsi illusioni sulle capacità terapeutiche del
maggioritario: da solo, con il sistema partitico in queste condizioni, non può bastare.
Se mi chiedono: vuoi o no un sistema bipartitico?, la risposta è "sì". Ma la
ricetta non sta in una semplice legge elettorale.
Reset - Non potrebbe essere che questo è accaduto perché la ricetta maggioritaria
applicata nel nostro paese, ossia il Mattarellum, non è quella giusta? Non
sarebbe preferibile un sistema a doppio turno?
Calise - Il doppio turno è preferibile. Ma se passiamo i prossimi dieci anni a
tentare di migliorare un tantino il sistema elettorale, nel frattempo il malato, che è
ora agonizzante, e mi riferisco ai partiti, muore. La domanda vera è perché non si è
cominciato a lavorare sui partiti e sulla loro organizzazione otto o nove anni fa. È su
questo aspetto che bisogna intervenire con una strategia ad hoc. Tornando
alla cultura e alla responsabilità o, se preferiamo, alla cultura della responsabilità.
Reset - Tony Blair è un esempio di personalizzazione ma anche di un partito che ha
seguito questo cammino.
Calise - Un percorso costruito in quindici anni e con una strategia precisa,
sorretto in modo sostanziale dal lavoro professionale della Shadow Communication Agency
guidata da Mandelson. Abbiamo parlato molto di personalizzazione, un po di meno di
centralizzazione, e prima o poi bisognerà parlare anche di professionalizzazione: questi
sono i tre aspetti critici, le tre chiavi del successo. Per quanto mi riguarda, sono un
alfiere della personalizzazione al servizio dei partiti, anche se so che lesperienza
del Labour non è ripercorribile nelle stesse forme.
Weber - Si è trattato di una rivoluzione pianificata. Hanno rivoltato il partito
laburista come un guanto e annientato il sindacato come azionista di maggioranza del
partito. Certo le Trade Unions rimangono un soggetto importante che
interviene nella società politica e civile, ma che è, in modo chiaro, altra cosa
rispetto al Labour.
Reset - Ma una specie di "operazione Bassolino" non si poteva tentare
anche su DAlema?
Calise - Se DAlema ha una colpa è quella di non aver spinto
sullacceleratore quando divenne segretario del Pds, vincendo su Veltroni, nel luglio
del 1994. Se in quel momento avesse avuto un po più di consapevolezza di queste
dinamiche di personalizzazione, centralizzazione e comunicazione, con la sua conoscenza e
il suo carisma, avrebbe potuto tentare di riformare il partito in senso moderno. Lui ha
fatto una diagnosi giusta sul breve periodo, riuscendo a prendere Palazzo Chigi. Ma, in
prospettiva, si è chiusa per la sinistra una finestra di opportunità storica.
Weber - Si sarebbe aperto uno scontro micidiale allinterno. Non sono convinto
che un tentativo del genere avrebbe potuto aver successo.
Calise - Ma anche la riforma del Labour è avvenuta con scontri violentissimi e la
leadership si è assunta i rischi. Qui invece si ha limpressione che si voglia
cambiare il sistema politico, mantenere o anche aumentare la partecipazione, rendere più
efficiente il sistema, dare risposte a tutto in sei mesi e magari anche con qualcuno che
firma una garanzia. Cè un elemento di rischio che va accettato. Si potrebbe parlare
di imprenditorialità politica, per dirla allamericana con Schumpeter, con Downs.
Reset- Al punto in cui siamo, dove è il possibile centro di rigenerazione?
Calise - Uno snodo vitale resta Palazzo Chigi. Ma, da solo, non basta. Mi auguro
che si apra a sinistra una discussione senza alibi. Vi è unesigenza di
centralizzazione sulla quale la politica oggi non fa sconti. Allo stesso modo, sono
necessarie forti dosi di nuova professionalizzazione. Le regole del gioco sono cambiate,
restano ormai pochi mesi per rimboccarsi le maniche.
Mauro Calise insegna Scienza Politica allUniversità di Napoli Federico II.
Editorialista del "Mattino" oltre al libro Il partito personale ha
pubblicato di recente Dopo la partitocrazia. LItalia tra modelli e realtà
e La Costituzione silenziosa
Roberto Weber è amministratore delegato della Swg di Trieste, società di marketing,
analisi e studio sullopinione.
(a cura di Stella Bianchi e David Bogi)