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Kriminal e Satanik, il fascino del Male



Antonio Carioti



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Anthony Logan, chi era costui? E Marny Bannister, l’avete mai sentita nominare? Oltre vent’anni dopo la loro scomparsa dalle edicole, le identità anagrafiche delle due crudeli creature a fumetti di Magnus e Bunker non dicono quasi nulla a nessuno. E anche i ben più celebri nomi di battaglia dei due personaggi, Kriminal e Satanik, la maggioranza del pubblico li conosce soltanto per sentito dire.

Qualche tentativo di ristampare le vecchie storie di entrambi c’è stato, ma si trattava d’iniziative dal respiro limitato, che non hanno lasciato alcun segno. Ed è probabile, purtroppo, che anche il volume appena dedicato a Satanik nella bella collana Rizzoli di classici del fumetto non faccia registrare vendite sensazionali.

Eppure quegli albi tascabili in bianco e nero dell’editoriale Corno furono un fenomeno di costume notevole, tra la metà degli anni Sessanta e l’inizio del decennio successivo. Soprattutto segnarono la consacrazione dei loro autori: lo straordinario sceneggiatore Luciano Secchi (Max Bunker) e il mai abbastanza rimpianto Roberto Raviola (Magnus), forse il più versatile e geniale disegnatore di fumetti popolari della sua generazione. Solo più tardi sarebbe venuto il maggiore successo di quella prolifica coppia, lo scanzonato Alan Ford.

Per quanto il primo "cattivo" protagonista e vincente sia stato Diabolik, capostipite di un’alluvione di personaggi con la K (di solito imitazioni scadenti), è solo con Kriminal e Satanik che il noir vero e proprio irrompe, con tutta la sua carica di crudezza, nel mondo edificante e moralista del fumetto italiano anni Sessanta.

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L’antieroe in calzamaglia nera delle sorelle Giussani, nato nel 1962, è certo un fuorilegge assassino, nei primi episodi anche decisamente spietato, ma sesso, sadismo e orrore sono quasi assenti dalle sue storie: la relazione con Eva Kant non ha nulla di torbido e in fondo il duello con l’eterno avversario, l'ispettore Ginko, è improntato a una reciproca lealtà. Il Diabolik classico uccide solo se messo alle strette e osserva un codice d’onore da bandito gentiluomo. Se qualcuno lo minaccia, naturalmente la sua rappresaglia è implacabile, ma in fondo questo vale anche per molti eroi buoni, a cominciare da Tex Willer.

Tony Logan, alias Kriminal, è fatto di un’altra pasta, benché anche lui indossi una calzamaglia, in questo caso con uno scheletro disegnato e corredata da una maschera a forma di teschio. Segnato da un passato orribile che ha visto perire tutti i suoi cari in modo tragico, votato alla vendetta fin dal primo episodio, esibisce la sua ferocia sanguinaria senza inibizioni. In lui troviamo uno spessore psicologico che manca a Diabolik, anche perché le sue storie non sono ciascuna a se stante, ma in sequenza cronologica, come il lungo romanzo di una vita maledetta.

Inoltre l’atmosfera degli albi, anche grazie alle tavole impareggiabili di Magnus, risulta molto più cupa e macabra, con dosi di erotismo assolutamente inusuali per un’epoca in cui facevano scandalo anche le gambe delle ballerine in tv. Il nudo ancora non c’è, ma vestaglie trasparenti, reggicalze, mutandine e reggiseni abbondano più o meno in tutti gli episodi, le morbosità si sprecano, non mancano gli stupri. Si tratta davvero del primo fumetto per adulti, anche se naturalmente andava a ruba tra i ragazzi delle medie e anche più giovani.

Eppure Kriminal è roba da educande se lo si confronta con la sua sorellina Satanik, nata solo pochi mesi dopo, nello stesso anno 1964. Marny Bannister è una sorta di Cenerentola alla rovescia: una ragazza brutta e frustrata, con il volto deturpato da un’enorme voglia, bistrattata dalla madre e dalle attraenti sorelle, verso le quali cova un risentimento profondo. Studiosa di chimica, riesce a produrre un siero prodigioso, che la trasforma in una stupenda pin up dai capelli rossi. Ma non le passa neppure per l’anticamera del cervello di usare la conquistata avvenenza per cambiare la propria vita in senso positivo. Anzi la mutazione sembra far esplodere quanto di peggio covava nella sua psiche. Essere bella per lei significa acquistare potere e ricchezza, prendersi un’efferata rivincita sul mondo che la disprezzava.

Se Kriminal è senza dubbio, per l’epoca, un personaggio innovativo, le storie di Satanik sono a dir poco rivoluzionarie. Innanzitutto perché protagonista è una donna e poi perché la sua disinibita malvagità è di gran lunga superiore a quella dei maschi. Basti pensare che Kriminal, nel primo episodio, elimina i disonesti uomini d’affari che ne avevano ridotto in rovina il padre. Invece Satanik, nell’albo numero 1, inaugura lo sterminio della sua stessa famiglia, che porterà a termine nel giro di poco tempo. Insomma, se Tony Logan è una variante nera del classico vendicatore a fumetti, Marny Bannister è una strega priva di qualsiasi freno morale, che uccide con una sconvolgente carica di sadismo.

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Per certi versi Satanik incarna gli incubi dell’immaginario maschile di fronte ai primi segnali di emancipazione della donna: un'autentica mantide che seduce uomini ricchi per spremerli come limoni e poi sopprimerli. S’innamora solo dello spregevole Alex Bey, ma finisce per causarne involontariamente la morte, per poi rimpiangerlo amaramente nei suoi sogni. Persino il tenente Trent, che le dà inutilmente la caccia, finisce per subirne il fascino. Non a caso è lei ad aver lasciato il segno più durevole sui lettori, come dimostra non solo il volume di Rizzoli, ma anche il maggiore spazio dedicatole dagli appassionati su Internet rispetto a Kriminal (vedi per esempio l’ottimo dossier sul magazine elettronico "Glamazonia", all’indirizzo www.comune.modena.it/glamazonia/
articoli/satanik/satanik_intro.htm
).

Kriminal e Satanik si muovono in un ambiente ipocrita e corrotto, infrangendone le regole senza il minimo scrupolo, ma sono ambedue figure tormentate, incapaci di sfuggire ai propri demoni interiori. Tony è perseguitato prima dai ricordi della sua infanzia infelice, poi dal dolore per la morte del figlio neonato. Marny cela dietro il suo aspetto sfolgorante e spavaldo un’intima fragilità, anche perché la sua trasformazione è temporanea: se non beve regolarmente la pozione, che poi viene sostituita da periodici irraggiamenti di una speciale luce al laser, ritorna al suo repellente aspetto originario.

Il crinale che separa la diabolica dominatrice dalla povera zitella inacidita è dunque tremendamente sottile. Ed è solo l’aspetto esteriore a fare la differenza, quasi a confermare per l’ennesima volta, in modo crudele, la dipendenza femminile nei confronti del fattore estetico.

Inutile aggiungere che ai loro tempi Kriminal e Satanik (e perfino Diabolik) furono oggetto di furibonde campagne censorie. Genitori adirati, magistrati all’antica, onorevoli in vena d’interrogazioni roboanti fecero a gara per promuoverne la messa al bando. Denunce e sequestri fioccarono. Gli autori si difesero come potevano. Accentuarono gli aspetti grotteschi rispetto alle tinte fosche. Di Kriminal fecero quasi un giustiziere, impegnato più a combattere grandi organizzazione malavitose che a compiere lui stesso delitti. E misero Satanik al servizio della legge, sia pure in modo clandestino e non ortodosso, sfumando un po’ la vena horror delle sue avventure.

Tuttavia ormai il ghiaccio era rotto, il noir a fumetti aveva acquistato una sua dignità, capace d’influenzare gli sviluppi successivi. A Kriminal si sarebbero ispirati, almeno in parte, molti eroi dal carattere tetro e dal passato tragico. Di Satanik sarebbe stato debitore in parte il fumetto erotico ma soprattutto quello a sfondo occultistico, per esempio lo stesso Dylan Dog. Tony e Marny appartengono a un’epoca lontana, ma il loro spirito non ha smesso di aleggiare nel mondo dei comics all’italiana.


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