Caffe' Europa
Attualita'



Chi ha inventato il crime jazz?



Francesco Màndica




Articoli collegati:
Uno strumento per decifrare la realtà
Temperance Brennan contro Harry Potter
La meta’ oscura
L’uomo che non c’era
Dura madre
Il caso Spider Boys
Kriminal e Satanik, il fascino del Male

Chi ha inventato il crime jazz?

Il contrabbasso corre in quattro, segue i passi del detective di turno che cammina sotto un tappeto di ottoni d’orchestra demodé. La batteria entra pian piano e sfonda la cortina sonora al momento giusto quando si incontrano gli occhi della vittima, si caricano le pistole... zolfo nell’aria grigia di una notte losangelina: crimine e jazz vanno a braccetto a meraviglia.

Chi ha inventato il crime jazz, la musica che asseconda i nostri palpiti e gioca con la nostra voglia di thriller? Duke Ellington, I presume, che con la sua famigerata orchestra si prestò a chiosare musicalmente Anatomy of a murder, noir di Otto Preminger, anno di grazia 1959. Fu il grande musicista di Washington a capire che la musica sostiene, corrobora, flirta con il crimine, con quell’aria di mistero che il jazz possiede istintivamente nel suo corredo genetico.

always.jpg (5688 byte)

Tanti i rimandi fra musica improvvisata e letteratura noir: i libri di Raymond Chandler, affreschi di vissuto californiano con tanto di palme e gin tonic, sono diventati musica, quella del Quartet West di Charlie Haden che da anni sonorizza le avventure del detective Marlowe: Always say goodbye (Verve) è un disco dedicato all’iconografia anni Quaranta. Si tratta di una raffinatissima coazione al flashback: il gruppo di Haden suona e poi pian piano entrano le registrazioni dell’epoca con tanto di interludi cinematografici. Che brivido la voce di Humphrey Bogart che stuzzica Lauren Bacall nel Lungo Addio:

Bogart- "What’s wrong with you?"
Bacall- " Nothin’ you can’t fix"

Perfetto. Flusso dei ricordi, anche quelli mai vissuti: ecco il potere di queste atmosfere. Niente a che vedere con il sapore fanè della macchietta dell’ispettore Colombo/Peter Falk: un trench non si spiegazza così, neanche sotto un rullo compressore. Marlowe era vero, lo vedevi lì con le gambe sulla scrivania, il calzino (rigorosamente lungo) ben tirato sul polpaccio e il telefono bianco. Lui incarnava una generazione, quella dell’America che sognava l’altrove, sogni da middle class, antidoti alla recessione, pillole di crimine da prendere sul patio prima di andare a letto.

ellington.jpg (11483 byte)

Non che in America non succedessero crimini e misfatti. Un evento di cronaca in particolare ha scatenato fantasie di scrittori e musicisti: quello che riguardava Black Dahlia, al secolo Elizabeth Short, trovata morta ventitreenne in circostanze poco chiare. Charme, mistero intrighi a sfondo sessuale (paradossalmente Elizabeth, per una malformazione all’utero, era incapace di provare piacere nei rapporti sessuali), una non ben identificata relazione con Marylin Monroe e le pagine bellissime del libro di James Ellroy che, da buon rabdomante letterario, tira fuori il marcio della società americana, l’irrequitezza di quegli anni, quella sottile e drammatica necessità di evadere dal conforme trovando l'informe, il deforme, morte e crudeltà: non è forse questa uno dei leit motif dell’ultimo film dei fratelli Coen (vedi articoli collegati)?

Bob Belden ha trasposto la storia di Elizabeth Short in musica: il disco si chiama Black Dahlia ed è uno dei più sottovalutati degli ultimi dieci anni, un racconto sonoro che ci siamo persi ,storditi fra lo sfrigolio delle radio commerciali e la mondezza con due accordi di chitarra in mezzo che chiamano pop di qualità.

Sparse tra le registrazioni del passato troviamo tante tracce per ricostruire l’omicidio del crime jazz, un genere solo apparentemente passato in cavalleria insieme a film, libri, atmosfere che l’homo globalizans sive globalizatus speriamo non si perda per strada. Henry Mancini, Lalo Schifrin, Stan Getz, ed orchestre non ben identificate che correvano su per la divina collina sacra del cinema a registrare colonne sonore, contribuendo alla cornice, spesso più bella del quadro.

Ma esiste ancora il noir per la nostra società? Si, è tutti i giorni nel nostro piatto mentre ci assale la lobotomia televisiva, smaliziati e disattenti non ce ne curiamo più. Risolto il caso il nostro interesse si sposta, nel feticcio, buono a dar soldi e fama all’utile talking head di turno ospite nel confessionale di Vespa.

anatomy.jpg (9738 byte)

Ma il noir, quello vero, e’ vivo e vegeto, lontano dal mal comune televisivo, nelle teste di tanti appassionati che sentono il brivido arrivare, davanti allo specchio mentre per un attimo aggiustandosi l’impermeabile si tirano su il bavero, mettendosi di tre quarti e sussurando:

-"qualcosa non va?"
-"niente che tu non possa mettere a posto"

Allora si prende il sacco della spazzatura, lo si fa roteare un paio di volte con abile e domestica maestria, ci si abbassa il bavero e via, verso quel tram chiamato putiferio.


Articoli collegati:
Uno strumento per decifrare la realtà
Temperance Brennan contro Harry Potter
La meta’ oscura
L’uomo che non c’era
Dura madre
Il caso Spider Boys
Kriminal e Satanik, il fascino del Male

Chi ha inventato il crime jazz?



Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui

Archivio Attualita'


homearchivio sezionearchivio
Copyright © Caffe' Europa 2001

 

Home | Rassegna italiana | Rassegna estera | Editoriale | Attualita' | Dossier | Reset Online | Libri | Cinema | Costume | Posta del cuore | Immagini | Nuovi media | Archivi | A domicilio | Scriveteci | Chi siamo