Questioni di democrazia ed
eccessi di potere
Michele Salvati
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Il due opposti schieramenti si rimpallano l’accusa secondo la quale,
in caso di vittoria dello schieramento avversario, la democrazia
sarebbe in pericolo. In campagna elettorale è un’accusa grave e
pericolosa perché delegittima il significato delle elezioni: contro
chi minaccia la democrazia non ci sono consensi elettorali che
tengano, se si ricorda che sia il fascismo, sia il nazismo, andarono
al potere dopo una vittoria elettorale e in modo conforme allo Statuto
Albertino e alla Costituzione di Weimar. Non credo che chi è
preoccupato per le sorti della nostra democrazia oggi abbia in mente
questi precedenti; ma poiché un’accusa di non democraticità è un’accusa
seria, credo sia il caso di indagare più a fondo se, ed in che
misura, essa è fondata. Esaminerò solo l’accusa del
Centro-sinistra contro il centro-destra. Con tutta la mia buona
volontà non riesco a vedere alcun fondamento per quella opposta: il
fatto che il governo e i partiti che lo appoggino piazzino del
personale “fidato” alla Rai o in altri enti pubblici, nel pieno
rispetto delle leggi, è cosa che tutti i governi fanno; in tutte le
questioni serie (aumento delle garanzie processuali, maggior
decentramento decisionale alle autonomie locali, concertazione con i
gruppi di interesse) il tasso di democrazia è aumentato, non
diminuito. Fin troppo, direbbe qualcuno, anche a discapito dell’efficienza.
Il guaio con questo tipo di accuse è la natura emotiva, ambigua e
multidimensionale del concetto di democrazia. Togliamo pure l’emotività.
Rimane pur sempre un problema di definizioni, di requisiti la cui
presenza ci consente di affermare che siamo in democrazia e la cui
assenza non consente di affermarlo. L’Onu e i principali studiosi,
nello stilare le loro classifiche binarie (stati democratici/non
democratici), si limitano a requisiti elementari: elezioni a voto
libero e segreto per tutti i maggiorenni, garanzia dei diritti civili
e politici (proprietà, diritti di espressione e associazione),
separazione dei poteri. Se ci limitiamo a questi requisiti, non credo
proprio che alcuno dei due schieramenti li minacci. Se il
Centro-sinistra ugualmente paventa, in nome della democrazia, la
vittoria del Centro-destra, ha in mente altre e più articolate
definizioni di democrazia, ha in mente una democrazia “piena” o
“buona”. Paolo Sylos-Labini, in una sua bella lettera al Corriere
del 14 marzo, elenca implicitamente alcuni altri requisiti che
vorrebbe veder aggiunti a quelli elementari e che il Polo
minaccerebbe.
Lasciamo da parte una dichiarazione di Berlusconi-premier, nel 1994,
in cui affermava la necessità di una legge sulla stampa per porre
fine alle “distorsioni” dei giornalisti: non credo proprio che un
governo del Polo si attenterebbe a minacciare la libertà di stampa
garantita dalla prima parte della Costituzione e al massimo potrebbe
introdurre restrizioni, compatibili colla Costituzione, per impedire
che questa libertà non contraddica altre libertà egualmente
garantite, e dunque a reprimere con più efficacia la calunnia e la
diffamazione a mezzo stampa o televisione (nel qual caso Sgarbi
sarebbe disoccupato). Quanto al continuo attacco ai giudici da parte
di Berlusconi o dei suoi seguaci, specie quando indagavano sulle sue
attività, lo trovo disdicevole ma fa parte dei suoi diritti (e poi
pensiamo alla gaffe della comunicazione giudiziaria a Napoli, quand’era
presidente del consiglio e presiedeva il G7!)
Più preoccupante, sicuramente, è la volontà di regolare in modo
diverso da ora l’ufficio del Pubblico Ministero. Ma circa la
separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti io
non la trovo una richiesta così bizzarra (altrimenti bizzarri
sarebbero gran parte dei paesi europei). Un po’ più bizzarra,
soprattutto perché difficilmente attuabile, è quella di limitare la
scelta discrezionale dei PM circa i reati da perseguire attraverso
elenchi di reati “prioritari” definiti in sede parlamentare: in
fondo si tratterebbe di una scelta esplicita e “democratica”,
rispetto alla prassi degli Uffici di PM di molti paesi di cui nessuno
si sognerebbe di mettere in dubbio la democraticità. (A scanso di
equivoci, dico subito che a me van bene le cose come stanno: qui però
stiamo discutendo se le idee di Berlusconi circa la giustizia
contraddicano o meno i criteri mediante i quali la giustizia è
organizzata in paese democratici).
Rimane in vita l’ultima delle accuse di Sylos-Labini, e questa
purtoppo è seria. Al di sotto di molti dei requisiti elementari della
teoria democratica (e, ancor prima, della teoria costituzionale) c’è
quello della limitazione dell’”eccesso di potere”: i poteri
devono essere divisi e bilanciati e la concentrazione di un potere
eccessivo in mano alla stessa persona non sta bene, per usare un
eufemismo. Una magistrale esposizione di questo principio di fondo
della teoria democratica sta in Sfere di giustizia, di Michael
Walzer (Feltrinelli), ma non c’è bisogno di scomodare un grande
filosofo per intuirne il motivo: un grande potere in tante sfere
diverse (in ispecie in quella della comunicazione), non soltanto crea
la possibilità di conflitti di interessi quando chi lo detiene è al
governo, ma pone in dubbio lo stesso significato democratico del suo
successo elettorale.
Quanto al primo punto, non mi preoccupa tanto che Berlusconi usi l’attività
di governo a suo vantaggio: ma, anche se non lo fa, ogni atto di
governo sarà valutato e attaccato sotto questo profilo, con intralci,
remore e complicazioni che renderanno ancor più difficile ciò che è
già così difficile di per sé, governare gli italiani. Quanto al
secondo, si ha un bel dire che le televisioni non contano nella
formazione del giudizio elettorale, che gli italiani sono assai più
indipendenti di quanto si pensi: ma se è così, perché Berlusconi ha
montato un tale fracasso per la trasmissione di Satyricon? E quali
saranno le conseguenze se e quando Berlusconi concentrerà in sé
Mediaset, come proprietario, e Rai, come capo del governo? La
democrazia, nei suoi requisiti elementari, ci sarà ancora; ma non
sarà una bella democrazia.
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