L'altra metà del cinema
Paola Casella
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Magari fosse davvero una metà!! In realtà le donne che si sono
occupate di cinema nel corso del primo secolo di vita della settima
arte, sono state una miniranza, soprattutto attrici oppure addette ai
lavori meno glamourous (e meno visibili) della fabbrica dei
sogni. Le registe, le produttrici, le autrici sono rimaste poche, e
poco riconosciute.
Eppure è stata una donna, la francese Alice Guy-Blaché, il primo
regista (uso il maschile perché il suo è un primato assoluto, non
solo femminile) a utilizzarre un soggetto per il grande schermo invece
di improvvisare "a braccio" sul set. Eppure l'inglese Ida
Lupino, di lontane origini italiane, è riuscita a passare dietro la
macchina da presa durante gli sciovinisti anni '50 in America e a
dirigere film impegnati per il cinema e per la televisione, senza
accontentarsi della già raggiunta celebrità di attrice.

Forse, a conclusione di un secolo di cinema, è arrivato per le donne
del cinema il momento di contarsi. A fare il conto delle registe,
tanto per cominciare, è stato il critico e storico cinematografico
Tiziano Sossi, che ha appena pubblicato per Gremese Editore un Dizionario
delle registe che le elenca tutte, e a ciascuna un paragrafo più
o meno conistente, con biogrfia, filmografia e curiosità.
Nel Dizionario compaiono le ormai celebri americane - da Penny
Marshall a Kathryn Bigelow a Nora Ephron - ma anche le italiane -
dalla Cavani alla Wertmüller, da Francesca Archibugi a Roberta Torre,
passando per le attrici che si sono appena cimentate con il corto e il
lungometraggio, come Asia Argento, Chiara Caselli o Sabina Guzzanti. E
poi le francesi - come Claire Denis, Josiane Balasko, Chantal Akerman,
Nicole Garcia - le tedesche - dalla pioniera (e controversa) Leni
Riefensthal a Margarethe Von Trotta - l'inglese Sally Potter, la belga
Agnès Varda, la neozelandese Jane Campion.

Il Dizionario di Sossi non disdegna il cosiddetto Terzo Mondo,
e cita registe sudamericane, africane, asiatiche. C'è spazio anche
per le nuovissime arrivate, da dovunque esse provengano - vedi ad
esempio Samira Makhmalbaf, iraniana classe 1980, della quale però non
è citato il recente e bellissimo Lavagne, immaginiamo per
ragioni di tempi di stampa.
I principali handicap di questo dizionario sono proprio la mancanza di
un aggiornamento recente (la maggior parte delle filmografie si ferma
al '99) e l'estrema sintesi nei profili delle registe, che rende il
volume contenuto (200 pagine di dizionario, più 7 interviste) ma
anche eccessivamente sbrigativo, qualche volta al limite
dell'approssimazione.

In compenso, sono molte le notazioni curiose, che fanno riflettere su
quanto poco si sappia dell'universo della regia al femminile:
scopriamo per esempio che Lillian Gish, celebre attrice americana
degli anni Venti, ha anche diretto un film scritto dalla sorella
Dorothy, Remodeling her Husband; che l'attrice (e scultrice)
jugoslava Oja Kodar, già sceneggiatrice (e compagna) di Orson Welles,
ha girato da regista un film sulla guerra in Bosnia, Tempo d'amare,
ben prima che ci pensasse Kusturica (benché, come ha osservato Paolo
Mereghetti nel suo Dizionario dei film, quel film si sia
rivelato "propaganda, e delle peggiore"). E scopriamo anche
che Lois Weber, regista americana dei primi del secolo, fu la più
pagata del'epoca e una delle prime ad unire impegno sociale e regia
cinematografica, battendosi soprattutto contro la pena di morte.
Questo non le ha impedito di firmarsi, anche nei titoli di testa, Mrs.
Phillips Smalley, usando il nome del marito attore (e suo braccio
destro, o "spalla").
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