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Lettere dal carcere


a cura della comunità di Sant'Egidio




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Quelli che seguono sono stralci di lettere inviate dai detenuti di vari carceri italiani ai volontari della Comunità di Sant'Egidio, e raccolte da Stefania Tallei, che da anni si occupa dei rapporti con i detenuti (i titoli della lettere sono una scelta redazionale).

La Comunità, nata a Roma nel 1968, è oggi diffusa in oltre 30 paesi su quattro continenti, e conta più di 30000 membri. Oltre all'attività di assistenza ai carcerati, si occupa dei senza tetto, per i quali allestisce una mensa nel cuore di Roma, e degli anziani, organizza missioni in tutto il mondo e compie un'opera di evangelizzazione cristiana. Fra le sue battaglie, quella contro la pena di morte e quella contro le mine anti-uomo.

Il sito della Comunità è www.santegidio.org.

Il gigante nero

E.O. viene dall'Africa Occidentale

Vorrei chiederti un cappello e una giacca perché dove lavoro fa un freddo cane.  Ah, dimenticavo, la giacca, misura XXL.
Vorrei anche chiederti una cortesia: mi servirebbe una cartolina (bellissima) di compleanno da mandare a mio figlio che compie 11 anni, se puoi spedirmela o portarmela o farmela avere da qualcuno.  Ci tengo a fare gli auguri a mio figlio.

Il gigante bianco

S.D. è un ricettatore di assegni

Sono alto 1.90 e peso 100 chili.  Essendo privo di ogni affetto familiare e mezzi di sostentamento, avrei bisogno di bianchieria: canottiere, calze, slip, pigiama, asciugamano, nelle misure più grandi possibili.  Così potrei buttare le cose vecchie e rotte che da molto tempo ho.

Il duro

M. A. è un tossicodipendente

Sono già tre mesi che mi hanno tagliato la posta... Ne ho combinate di tutti i colori: rapporti, denunce e piccole risse.  Ma a me i soprusi e gli infami danno enormemente fastidio e per questo motivo le guardie mi fanno i peggio dispetti. 
Adesso che sto per uscire mi chiedo spesso che cosa farò fuori, dove andrò?  Cosa mi succederà ancora?  Riuscirò a smettere?
Mi do sempre delle risposte da solo, e per lo più negative.  Ho una confusione in testa e una chiarezza da far paura.
Dimmi una cosa: tu credi in Dio?  Perché te lo chiedo?  Non lo so.  Così.  Per curiosità.

Il neodivorziato

V.V. è un detenuto russo.

La mia posizione familiare è cambiata.  L'anno scorso mia moglie aveva chiesto nel comune del mio paese il divorzio e ha ottenuto risposta positiva.  Da noi questo meno complicato che in Italia.  Perciò io adesso senza famiglia. E' una cosa da me aspettata.  Sono le conseguenze della mia carcerazione... Ogni sforzo inutile per far cambiare idea alla mia moglie.

Dieci piccoli indiani

A. riceve visite rarissime.


Oggi in un colloquio familiare sono venuto a sapere - dopo tre giorni - che mia mamma è morta.  Non so come affrontare questa situazione: prima il papà, poi mio fratello, e adesso anche Lei.  Dio mi ha portato via un'altra parte di me stesso.

La forma della sofferenza

S. e A. sono due detenuti maghrebini

Le facciamo presente che siamo ricoverati presso il centro clinico, sezione chirurgia, dove stiamo facendo lo sciopero della fame.  La preghiamo gentilmente di venire a trovarci, l'aspettiamo se possibile.  Siamo in pessime condizioni di salute.  Ci auguriamo di vederla al più presto.
Riceva i nostri distinti saluti.

La grammatica del dolore

V. è un detenuto russo

Continuo imparare la grammatica.  Però da solo non riesco a fare bene, mi sempre sbaglio quando ho bisogno degli articoli oppure pronomi e aggettivi indefiniti. Manca un buon insegnante, e come al solito il libro per imparare la grammatica.




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