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L’arte "dentro"


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Diventerà una Biennale con mostra mercato, la manifestazione di arte reclusa “Oltre il muro del sogno” che si è tenuta a Roma dal 7 al 13 luglio. Lillo De Mauro ne è stato l’organizzatore, e dirige la Consulta penitenziaria che opera in collaborazione con Gian Carlo Caselli e col ministero. Una consulta dalla parte dei detenuti e dei lavoratori, mediatrice tra la realtà penitenziaria e le istituzioni.

Il progetto, nato circa 5 anni fa dopo un convegno a Firenze su lavoro fuori e dentro il carcere, si basa “sul concetto che non si può realizzare alcun tipo di inserimento sociale dei detenuti se il territorio non viene sensibilizzato al problema”, racconta Lillo De Mauro. “Ho chiamato la manifestazione 'Oltre il muro del sogno' perché in carcere vivi la libertà sognando e questo sogno diventa anche un muro perché ti impedisce di reagire e andare oltre, dove il sogno si potrebbe realizzare.  La nostra manifestazione consente invece ai detenuti di realizzare il sogno di essere l’artista che sentono di essere, anche solo per una settimana.”

Perché la necessità di manifestazioni come queste?

Per parlare in maniera diversa del carcere.  Se ne parla sempre e solo attraverso i dibattiti tra addetti ai lavori e in questo modo invece si sono voluti toccare gli aspetti più emozionali dell’individuo. Abbiamo posto di fronte alla società la persona, oltre ad aver commesso il reato, ha sentimenti, gioie, sofferenze, capacità artistiche. L’arte è il miglior viatico per esprimere i propri sentimenti e quello che si è dentro al di là del reato che si è commesso. L’altro obiettivo è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema della detenzione, e farlo attraverso l’arte è un modo per raggiungere gli altri in modo più dolce. Andando a vedere un quadro, oltre a godere di un’opera artistica, ci si mette a confronto con un detenuto che magari era un assassino ma ha fatto un quadro meraviglioso.

Un esempio di questa arte?

Il vincitore del premio Arti visive,  Domenico Giglio, che sul suo quadro dal titolo “Specchio delle mie brame” aveva scritto all’infinito: “Fine pena mai” perché è un ergastolano.  Il detenuto comune usa un linguaggi omolto semplici e in quanto tale molto incisivi, perché viene dal cuore.  Il secondo in classifica è stato Valter Bartolucci, in affidamento al Centro servizio sociale adulti di Bari. La sua scultura s’intitola “L’inquisitore”: da una pietra grezza ha fatto scaturire il volto di un inquisitore del '5-600 dietro cui vedere i giudici di oggi.  La terza classificata, Marcela Humano, viveva di pittura a Bahia, e ora sta scontando una pena a Rebibbia. Ha dipinto  “Fiori”, tre orchidee rosse su campo verde, un quadro tipicamente brasiliano, con colori sgargianti.

La manifestazione ha previsto varie giornate dedicate a cinema teatro, letteratura. “IL Premio Montale” ha premiato le poesie migliori. In un’atmosfera emotiva, nella casa delle Letterature, Monica Guerritore ha letto le poesie dei detenuti, emozionatissimi all'idea di aver vinto un premio prestigioso, alla presenza delle loro famiglie,  “Tutte le cose che dicono cadono sullo stesso argomento: “sì, abbiamo sbagliato, però oltre all’errore commesso c’è una parte sana di noi che comunque dovete riconoscerci in qualche modo”.

Qual è stata la reazione del pubblico?

La manifestazione ha riscosso un successo incredibile tra la gente comune, anche grazie alla concomitanza e alla vicinanza col TeverExpo. Siamo riusciti a raggiungere il territorio, cosa che fino ad oggi non succede spesso se non per campagne di stampa forsennate su crimini o fughe, che mettono il più delle volte in evidenza il detenuto come persona di cui avere paura”

Quali sono stati i commenti dei detenuti?

Così commoventi che ho pianto per una settimana, soprattutto davanti ai ringraziamenti per averli portati in mezzo alla gente.

Si è notato un certo timore da parte dei visitatori o da parte delle istituzioni?

No, le istituzioni sono abbastanza abituate alla presenza dei detenuti. Per quanto riguarda il pubblico generale, non ho notato distacco, anzi si sentivano molte frasi di apprezzamento, ci chiedevano i prezzi delle opere esposte perché le volevano comprare, anche se non erano in vendita. Forse chi non ha pensato bene nemmeno si è espresso. Chi si è espresso l’ha fatto per apprezzare l’opera dei detenuti.




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