Micaela ha 17 anni e tutti i
sabati va a ballare ai rave. Le telefono verso le 12.00 di mercoledì. Le chiedo se
disturbo e ridendo mi dice che si è appena alzata. Cominciamo Così senza troppi
formalismi la nostra chiacchierata.
La prima cosa che le chiedo è di parlarmi di lei. Mi risponde senza quasi raccontarmi
nulla. "Non vado a scuola, il pomeriggio seguo un corso per assemblaggio di pc e tre
volte a settimana la sera seguo un corso di java. Poi esco parecchio."
Dall'aprile del 1999 frequenta i vari rave che si svolgono in Italia. Inizialmente non
voleva andarci, perchè era convinta che lì avrebbe trovato i coatti, "quelli
veri", chiedendomi se ho presente di chi sta parlando. Poi i suoi amici le hanno
detto di provare ad andare, che si sarebbe sicuramente divertita. "E infatti così è
stato".
A casa non ascolta la techno, la va a ballare ai rave, e mi spiega che "più il
rave è bello e più si è spinti a prendersi roba". Quando lei va, la mattina prende
la chetamina, poi una pasticca, un po' di speed, e 1/2 trip. "Cocaina ed eroina
mai," precisa. C'è una media di assunzione di droghe che lei rispetta; il tutto
diluito nell'arco di diverse ore scandite a ritmo di gabber e techno-hardcore, amplificati
da mille e mille watt di potenza.

Mi parla di un suo amico che ai rave non si cala, non prende niente e balla tutta la
notte, ma aggiunge un "ti giuro, non so come fa!"
La domanda su come ha iniziato con le droghe è d'obbligo e Micaela racconta che a 13
anni si è fatta la prima canna, a 16 un quartino di trip e la prima pasticca di ecstasy.
Le chiedo di definirmi la sensazione che ha provato, prendendo il primo acido:
"Divertente," risponde, senza eccessivo entusiasmo.
Ritorniamo sull'argomento rave. "Quando vado al festino, me lo faccio prendere al
meglio. Io provo robe diverse perchè la stessa pasticca stufa, anche perchè ognuna ha
effetti diversi."
La storia della pillola della felicità, almeno per lei, non vale: non si impasticca
per integrarsi o per problemi di insicurezza o timidezza verso gli altri. "Io parlo e
scherzo con tutti all'infuori che mi calo o no." Mi spiega in maniera chiara ed
estremamente sincera che usa le droghe perchè "sta bene con loro". Sulla
questione del gruppo e dell'emulazione si esprime in modo molto semplice "Vado ai
raves sempre con le stesse persone ma una volta lì non sto mai con loro. Non so con chi
mi capita di stare durante tutta la notte!"
Ogni tanto il suo tono di voce si abbassa, quasi a nicchiare ma immediatamente precisa
"Scusa se parlo bassa, ma c'è mia madre di là".
Sono incuriosito, ma non cinicamente, perchè vorrei sapere se ha mai avuto esperienze
traumatiche assumendo vari tipi di droghe. Anche qui la risposta è negativa. "Tutto
bene" e aggiunge in maniera molto pacata "Una persona quando si droga deve
pensare alle conseguenze. Non può pretendere di rimanere lucido per poi farsi assalire
dalle paranoie. Sai quello che stai facendo".
"E i tuoi genitori?" "Sanno che vado ai raves. Glielo dico che vado, ma
non sanno quello che prendo. Forse perchè non lo vogliono sapere. Cioè, magari mia madre
mi dice stai attenta, mi raccomando, insomma queste cose però"
La nostra conversazione salta da un aspetto all'altro dell'universo rave, tra vari
argomenti: chi li frequenta: "Puoi trovare tutti i tipi di persona"; lo
stordimento che li accompagna: "Calcola che un sabato sono andata a un rave e poi il
lunedì dovevo montare un computer, quando stavo sul pc ero un po' rimbambita"; il
look del tipo standard che va ai rave: "Pantaloni larghi, scarpe grosse, cappelletto
e piercing in varie parti del corpo". Poi le chiedo un suo pensiero sui morti di
queste settimane causa ecstasy o mix di pasticche e alcol. Fa una breve pausa e poi mi
risponde: "Se la sono cercata. " poi aggiunge "Io non mi sento in diritto
di esprimere opinioni su questa cosa, però penso che bisogna essere coerenti. Non si
possono prendere cinque o sei pasticche e poi bere sette o otto bottiglie di alcol. Ci
vuole coscienza."
Abbiamo chiacchierato per una mezz'oretta. Quando le chiedo con che nome vuole che la
presenti, ci pensa qualche attimo e mi dice "Micaela", scherzando le chiedo:
"Con l'acca?" e lei, per la prima volta nel corso della nostra conversazione
genuinamente scandalizzata: "No no! Per carità!".