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Lettera aperta di un raver


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Scrivo a voi che siete una rivista online perchè sono sbalordito dallo schifo che mi tocca ascoltare alla radio, vedere in televisione e leggere sui quotidiani.

Frequento da molto tempo i raves. Non sono nè un drogato nè un cannibale. Molti parlano senza sapere le cose, e questo crea confusione, allarmismo e tanta ipocrisia su un tema che non va ingigantito a sproposito.

Vorrei raccontare solo la mia esperienza. La prima volta che ho partecipato a un rave è stato a Capodanno dell'anno scorso a Castel Romano, un posto vicino Roma, sulla Pontina. Sono entrato il primo gennaio e ne sono uscito il 5, credendo fosse il 2. Non va sempre così, a volte mi porto i libri per studiare la domenica mattina. Sono iscritto al terzo anno di Scienze Politiche.

Preferisco il rave alla discoteca perchè è un fenomeno underground (almeno i primi anni) e spontaneo. Sto meglio nei rave che a casa mia.

I primi rave qui li organizzavano quelli di destra, cinque, sei anni fa. Uno ogni due mesi, circa. Erano quasi feste private, solo fra loro. C'erano molti ubriachi, un sacco di risse.

Radio Onda Rossa cominciò a trasmettere la musica techno e da questo momento anche i centri sociali legati alla sinistra extraparlamentare, iniziarono a "produrre" i raves.

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Poi Radio Onda Rossa, una radio vicino agli autonomi, a cominciato a mandare la musica techno e da questo momento anche i centri sociali legati alla sinistra extraparlamentare, hanno "organizzato" dei raves. (secondo me non è vero!!! "e da quel momento dei ragazzi vicino ai centri sociali hanno "organizzato...")

Inizialmente il rave era una volta al mese e si svolgeva tra sabato, domenica e lunedì. Adesso se ne trova uno a settimana. Cominciano alle due di notte fino alla domenica mattina, tardi.

Però sono cambiati... oggi i ragazzini di 16/17 anni vanno ai raves per farsi male, per il gusto di calarsi, senza capire quando è tempo di fermarsi.

Non è vero che l'ambiente del rave è spietato o cinico, è proprio il contrario, un luogo solidale, dove è molto più facile parlare con le diverse persone senza bisogno di inutili formalismi. Ci sono stati dei casi, di cui la tv ha parlato, in cui sono morte delle persone che avevano esegerato e sono stati, quasi attraverso un processo naturale, isolati ed esclusi. Parlare di queste persone mi interessa relativamente, quello che mi preme è far capire cosa c'è dietro il rave. D'accordo, girano un sacco di droga e di spacciatori. Ma i ragazzi non c'entrano.

Se proprio dobbiamo cercare dei colpevoli, rispondo che bisogna andare a un rave e vedere cosa succede.

Con i miei occhi ho visto più di una volta le forze dell'ordine passeggiare nei capannoni abbandonati o nelle ex fabbriche e andare via dopo aver preso atto della situazione.

Diverso ad esempio il caso di un altro rave a cui ho partecipato: l'appuntamento era a Grosseto, quando all'ultimo è arrivato il messaggio che si sarebbe cambiata sede. Il rave si sarebbe svolto al lago di Martignano. Qui per una settimana 13 trucks provenienti da diverse parti dell'Europa avevano creato una zona franca. Mentre la mattina passavano madri con bambini, le forze dell'ordine osservavano inermi persone che nello spazio occupato pippavano cocaina. L'unico modo in cui lo Stato attacca i raves è attraverso una politica proibizionista. Un'ipocrisia che non approvo.

 

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