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Continua la diplomazia del dialogo

Giancarlo Bosetti


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Questa intervista di Norberto Bobbio al "Foglio", e a Pierangelo Buttafuoco, che del "Foglio" è l’anima votata allo sberleffo colto, quella che si diverte sistematicamente a irritare gli antifascisti facendo loro salire l’acidita’ di stomaco, è una pagina curiosa e divertente della carriera di quel grande professionista della comunicazione che è il novantenne Bobbio. Ma, attenzione, non è solo un divertimento, sia pure serioso e misurato, in cui le due parti in colloquio hanno soppesato e controllato con sapienza le parole, un significato ce l’ha nella "diplomazia" bobbiana del dialogo, quella stessa che lo aveva spinto ad accettare, qualche anno fa un confronto con Renzo De Felice, che era diventato un libro "Italiani amici-nemici".

In questo caso il confronto non era pero’ con il peso massimo della storiografia del fascismo, etichettato spesso come il numero uno dei "revisionisti", ma con un peso leggero (non certo per cultura) del giornalismo irriverente verso i tic della "cultura democratica", della Prima repubblica, e di tutto quello che è in odore di "egemonia della sinistra", come piace rappresentarla alla destra italiana, e come almeno un po’ certo è stato. Dico "peso leggero" non per denigrare ma per apprezzare la mobilita’ sulle gambe del giovane "ex" del "Secolo d’Italia".

Sentite come se la cava bene nella chiusa del pezzo": "Adesso che il pomeriggio è finito, Norberto Bobbio chiede al suo interlocutore:’Vorrei fare anch’io una domanda, quando ho detto che lei sarebbe venuto, i miei amici del mio entourage mi hanno avvisato: quello è un fascista. Ecco, mi spiega perche’ è fascista?’. Professore, confessione per confessione, io non sono fascista. Sono altro. Ho amato la scandalo di chi gioca da fascista in questo dopoguerra perche’ è stata la prospettiva piu’ inedita da dove ho potuto fare altro, diventare altro, per leggere e studiare in orizzonti ad altri inaccessibili. Lo confido cosi’, al grande studioso, non al suo entourage".

Buttafuoco, insomma, concede di mostrare un "dietro le quinte" del suo gioco giornalistico, abbassando il tono e la portata delle ostilita’ pregresse in cambio del fatto che Bobbio gli regala un racconto leale della sua gioventu’ fascista: "Mi chiede perche’ fino ad oggi non abbiamo parlato del nostro fascismo? Ebbene: perche’ ce ne ver-go-gna-va-mo. Adesso che ho novant’anni, adesso che sono vicino al traguardo io ne parlo. Non l’ho fatto prima perche’ me ne vergognavo". E racconta poi, particolare finora assolutamente inedito (sfuggito anche alle maglie della biografia di Alberto Papuzzi), di aver fatto tre viaggi con il Guf (gruppi universitari fascisti), dove si era iscritto nel 1927 (dunque a diciotto anni), "il primo in Libia, il secondo a Budapest, il terzo, quello piu’ di élite, in Egitto". Non era dottrina, ma vacanza, spiega Bobbio, nonostante sia venuta poi la tessera del partito. "Non esiste un rigo di quegli anni dove io abbia mai fatto apologia di fascismo, non mi interessavo affatto alla politica e i miei amici, da Leone Ginzburg a Vittorio Foa, tutti antifascisti, mi perdonavano queste mie debolezze. Dicevano: a Norberto piace solo studiare e leggere".

Insomma Bobbio torna ancora una volta sulle circostanze da cui sarebbe nata la famosa lettera al Duce, di cui qui non si parla. Quanto a "mobilita' sulle gambe" (Bobbio mi perdoni la gaffe, dopo il suo recente infortunio ortopedico, a proposito: auguri) il novantenne gioca la carta di una disarmante sincerita’ nel raccontarsi per quello che era. E il "disarmo" psicologico è probabilmente il suggerimento principale, se proprio un suggerimento ci vogliamo trovare, di questo colloquio a cuore aperto concesso a un avversario. L’entourage non si inquieti, dunque: che tra destra e sinistra non ci si sputacchi eccessivamente puo’ solo far bene a quel paese di eccessi sgangherati che siamo di natura. E anche Buttafuoco del resto paga qui un prezzo in "buonismo".

Bobbio si sta ancora chiedendo perche’ non gli ha fatto la domanda cattiva, quella che davvero fa stare sulle spine tutti gli azionisti di annata: perche’ tanta indulgenza verso il Pci? Perche’ gli avete lasciato tanto campo? Un vero provocatore non avrebbe rinunciato al passaggio piu’ crudele, anche se scontato, proprio perche’ scontato. Segnatevi la notizia: da oggi Buttafuoco è diventato una pasta di bravo ragazzo. Se questo poi sia vero anche per il suo direttore, Giuliano Ferrara, staremo a vedere. Ci sono speranze fondate.

Che la "diplomazia" bobbiana sia al lavoro per il dialogo, si vede anche da un’altra iniziativa, questa volta del "Corriere della Sera". In una lettera a Enzo Marzo, autore del "manifesto laico" sulla scuola, Bobbio spiega perche’ non l’ha firmato: non gli piace il linguaggio insolente, da vecchio anticlericalismo. Piu’ argomenti, ragazzi, e meno aggettivi sprezzanti. Cosi’, spiega, la cultura laica si trasforma in "laicismo". Il che non va bene. Lasciamo i dogmi di fede alle encicliche e passiamo ai ragionamenti, con calma. Questa volta la seconda colomba (la prima era per il post-fascismo) viene lanciata verso i cattolici.

(copyright L'Unità)

 

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