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Rischio fiducia per un autunno caldo

Domenico Siniscalco

 

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Questo articolo è apparso sul Sole 24 Ore del 30 giugno

All’indomani del voto di Bologna e dopo le elezioni europee, la sinistra si interroga sui motivi della sconfitta. Semplificando, ci si chiede se la sinistra ha perso perché sta litigando col sindacato sulle pensioni, oppure ha perso perché è ancora schiava dello stesso sindacato, fattore di freno delle riforme necessarie. Il dibattito sta prendendo un tono molto acceso,come testimoniano le prese di distanza dal Governo emerse nella direzione dei Democratici di sinistra. Ma, al di là dei tatticismi politici, non si deve trascurare il fatto che i Governi, in tutta Europa, hanno perso dove non hanno saputo creare sviluppo e occupazione e che le elezioni di domenica hanno semplicemente ribadito la tendenza europea.

La questione di fondo, dunque, sembra chiara: al di là dell’ideologia, il Governo, in Italia come in Germania o in Inghilterra, recupererà consenso solo se riuscirà a varare una ricetta contro il ristagno e la disoccupazione. E questa ricetta dovrà essere decisa nei tempi più brevi, a partire dal Documento di programmazione (Dpef) che viene varato stamattina e assume grande valore proprio per il momento in cui viene a cadere. Parlando di politica economica, vale allora la pena di richiamare alcune delle lezioni principali emerse dal l’esperienza più recente.

 

Spesa pubblica e tasse.

Come insegna ogni libro di testo, più spesa e meno imposte spingono lo sviluppo nel breve periodo. Ma questa ricetta, seguita dall’Italia per decenni, sino al 1992, ha generato il debito pubblico che costituisce oggi un potentissimo freno allo sviluppo. Per questo motivo, l’esperienza francese recente, fatta appunto di spesa e assunzioni pubbliche dirette, in Italia non è proponibile nemmeno nel brevissimo termine.

 

Welfare.

Toccare le pensioni di anzianità nel nostro Paese, sembra un tabu insuperabile. Eppure questo istituto, sconosciuto in molti Paesi, è profondamente iniquo: grava i lavoratori di oneri contributivi, danneggia gli esclusi dal mercato del lavoro, avvantaggia spesso chi non ne ha alcun bisogno. Capisco che il sindacato italiano ne faccia un simbolo. Ma vorrei che si capisse che sul tema è possibile un dibattito di sostanza che guardi appunto al Welfare, che non si riduce alle pensioni di anzianità.

 

Privatizzazioni.

Si può fare meglio e occorre fare di più. Nel recentissimo collocamento di Deutsche Telekom, i 500mila investitori italiani sono stati i secondi per domanda alle spalle dei tedeschi, con 46 milioni di azioni. Ciò dimostra che i nostri risparmi sono a caccia di opportunità e che le privatizzazioni restano lo sbocco principale per l’investimento, come mostra il successo del Monte dei Paschi. È possibile, dunque, che non si possa procedere più speditamente creando anche per questa via una riduzione del rapporto tra debito e Pil? Le possibilità nel nostro Paese sono moltissime, dall’Enel, alle municipalizzate, alle dismissioni dell’Iri (Finmeccanica, Rai, Autostrade, Alitalia). Ma i vincoli, purtroppo, sembrano tutti sul lato dell’offerta.

 

Misure microeconomiche.

Queste riforme, che vanno dal l’Antitrust, alla liberalizzazione dei mercati, all’innovazione tecnologica, stanno assumendo sempre maggiore importanza nelle politiche economiche moderne. La flessibilità del lavoro sta già producendo vantaggi insperati sul piano dell’occupazione. Sul pianodell’innovazione, proprio oggi si apre a Roma il Forum della Information society organizzato dalla presidenza del Consiglio. Occorre comprendere che buone misure su questi fronti possono avere un impatto decisivo sulla crescita e che in questo campo siamo soltanto agli inizi.

 

Fiducia.

Insieme alla credibilità, la fiducia è il punto chiave della politica economica, perché senza di essa non si investe e non si cresce. Costruire la fiducia nella imprese e nei consumatori non è semplice. E le prese di distanza dei Ds dal "loro" Governo non aiutano certamente questa costruzione, lasciando presagire rischi e scontri a settembre quando, con la Legge finanziaria, i veri nodi verranno al pettine.

 

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