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Questo articolo e' apparso su "Il Giornale" del 28 giugno Bruttaffare, ragazzi, al Bottegone Oscuro dove sta andando tutto
a rotoli. E dove Walter passerà alla storia come Colui Che Ha Perso Bologna. Questo
diranno. E diciamo Bologna, compagni, mica Roccacannuccia (che già sarebbe comunque
grave). Come mai? Che cosè successo? Sono le ore dei coltelli a serramanico e però
non è solo una questione interna del vecchio Pci: unariaccia globale, o se
preferite globalizzante, tira da quando qualcuno ha detto a caldo che "il Paese è
malato". E in questa diagnosi infatti si rintraccia il nucleo cristallino della
proteina che brilla sulla spirale 416 dellelica sinistra del Dna comunista. È
quella proteina che induce geneticamente al più puro e cristallino automatismo: se il
Partito prende legnate dal Paese, questo vuol dire che il Paese è malato. O, come
orridamente si dice oggi, ha "il mal di pancia".
E dire che il Paese è malato perché non vota più il Partito,
significa fare come lo scienziato tedesco delle barzellette che strappava una dopo
laltra le zampe a una pulce, prima di gridarle "salta". E quando la pulce
non saltò più perché non cerano più zampe, lo scienziato tedesco delle
barzellette ne concluse che una pulce senza zampe diventa sorda. Lo stesso ragionamento
sta alla base del "maldipancia" italiano inteso come rifiuto del mitico Partito.
Non vorremmo che a qualcuno venisse in mente di attaccarci alla flebo di una chemioterapia
bottegoscura. Ma in questa vecchia idea del partito sano per definizione, e del Paese il
cui stato dipende da quanto è più vicino o più lontano dal Partito stesso che è il
sole del sistema tolemaico-leninista, consiste il nucleo genetico e velenoso di cui
dicevamo allinizio. E la prova provata della non liberalità dellex Pc (o
comunque lo si chiami in questa stagione primavera-estate 1999), consiste
nellistintivo tentativo di colpevolizzare qualcuno fuori, senza capire il marcio
dentro.
Ci torna in mente, e del tutto a proposito, la comicissima intervista
che qualche giorno fa lelegante e aristocratico Antonio Giolitti ha rilasciato a un
quotidiano. Il nobile Giolitti, "vicino" ai Ds oggi dopo essere stato un
virgulto di Togliatti, uscito dal Pci per lUngheria nel 56, poi socialista
anticraxiano, infine rientrato alla base, svolgeva in quellintervista una
terrificante antropologia dellelettore di Forza Italia con la spocchia del più
reazionario tory illustrando la volgarità del suo stalliere, anzi no, del suo idraulico,
il quale gli aveva confessato di voler votare per Berlusconi, trovando giusto che chi
lavora abbia la sua giusta mercede. Cito il caso di Lord Giolitti come un caso esemplare e
non come un caso limite: la sinistra neo-trans-post-comunista non fa infatti che
allontanare da sé lamaro calice della resa dei conti con la realtà (e in questo si
rivela pessima alunna di Palmiro Togliatti, che non la perdeva docchio neanche
cinque minuti), trovando molto più comodo insultare gli italiani: la pulce non salta
perché è sorda.
E nello stesso modo si è comportato anche il nobile dioscuro Castore
Walter Veltroni quando ha tirato fuori linsultante teoria dello spot: gli italiani
sono dei mortadellari con il pannolino inserito nel detersivo della crema solare: tu
dàgli la martellata ossessiva del tuo brandy da quattro soldi, e quel babbeo, quel
plebeo, quellidraulico, quello stalliere, quel mondezzaio di gusti da motoscafo con
lo schizzo, da fuoristrada col servosterzo, quella schifezza di consumatore consumista
globalizzato, come un imbecille ti mangia e ti vota a metraggio, come la pizza al taglio.
Tu dàgli lo spot, e vedi quello come obbedisce. Sei uno schizza miliardi? Bene, e tu
spara quei maledetti spot, e vedrai i voti che ramazzi: così, compagni, ha vinto
Berlusconi, radunando mucche e pecore nelle sue stalle agitando il portafoglio. E questa
sarebbe lidea liberaldemocratica di Castore Walter Veltroni.
Cè poi laltra forma di liberaldemocrazia posticcia
praticata dallaltro dioscuro: Polluce Massimo DAlema, il quale si è
decalcomanizzato sulla Nato con la decalcomaniacalità con cui per fedeltà genetica si
poteva aderire soltanto al Patto di Varsavia. Non cè la minima traccia di
liberalità nelle sue parole come nella sua gestualità il cui costante ruotare
docchi connesso con la muscolarità facciale esprime soltanto nausea, disprezzo e
sofferenza per avere a che fare con gente tanto cafona come gli oppositori, signora mia a
che punto siamo arrivati. E la sofferenza consiste nel far finta. Far finta di essere la
Thatcher, far finta di essere Tony Blair, finta di essere Bill Clinton. Finta. Noi
soffriamo, ma sappiamo stare a tavola. Noi facciamo il nostro dovere atlantico perché
questo è il nuovo modo di essere - strutturalmente parlando - più che mai sovietici. Ma
ciò non toglie che questa gente, gli idraulici di Giolitti, ci fa schifo.
Ora, dopo Bologna, ferve il dibattito: chi doveva ricordarsi di dare il
Ddt? Chi è stato che non ha pulito il pavimento di cucina, permettendo che arrivassero
gli scarafaggi. Lun dioscuro, Castore, ha dissipato il tesoro della Corona, Bologna.
Gli è caduto per terra il rubino ed è finito in mille pezzi. Laltro, Polluce, non
ha conquistato un solo liberale in Italia, per quanti cacciabombardieri abbia fatto alzare
dal suolo (e Dio sa, lo dico per inciso, se non ha fatto bene a farlo: non è questo il
punto).
Come mai, dopo aver fatto la guerra con la Nato, dopo aver bombardato
lArmata Rossa dellultima Unione Sovietica sotto casa, DAlema non ha
sfondato lui a destra, non ha conquistato maree di italiani occidentali che amano Londra,
Parigi e New York? Risposta: perché non può convincere neanche cinque minuti. La
vittoria dura e pura di DAlema sullapparato costretto a cambiar vestito e
cravatta per adattarsi ai nuovi tempi, si è trasformata in una sclerosi: il corpo del
vecchio grande partito è diventato una statua rigida, supponente, altèra, ma con la base
di sabbia.
Né ha mai convinto il posticcio filo-americanismo cinefilo del genere
"Altra-America" di Castore, amante della saga americana dei Kennedy, di Paperino
disegnato da Baker e di Martin Luther King, senza però aver assorbito la luce della
liberaldemocrazia. E allora diciamo chi è il vero vincitore di questa sconfitta. Il
vincitore è Akel: Achille Occhetto che con lacrime dolore e sangue ha tratto dal mezzo
del guado in cui sguazzavano da decenni, i suoi. E che ha intuito come un partito
movimentista, un vascello da combattimento su cui potessero salire tutte le ciurme, era
meglio che la corazzata Potiomkim zavorrata di pietre miliari della fallita rivoluzione
mondiale e locale. Noi non siamo ulivisti, Dio ci scampi.
Ma lUlivo è stato e resta unidea, tantè vero che
gli italiani, forse anche lidraulico di Giolitti, potrebbero farne oggetto di scelta
libera e reversibile. Il partito-corazzata invece no, va a fondo. Non serve farne un
fantoccio e tentare di travestirlo da americano col sassofono come vorrebbe fare Veltroni,
oppure da "marine" della 101ª aviotrasportata come farebbe DAlema.
Macché: per poter offrire un piatto quanto appena commestibile sulla tavola della
politica occorrerebbe coraggio, idee e più che altro lonestà di dichiarare chiusa,
fallita, persa, da dimenticare con rossore, tutta la saga del Pci.
Certo, Veltroni scandalizzò i suoi boys un giorno, sussurrando di non
essere stato comunista neanche mezzo secondo, cosa che fece giustamente uscire dai
gangheri tutti quei poveri disgraziati di idraulici di Giolitti che prima di Forza Italia
votavano comunista. Ma dichiarazioni del genere fanno un effetto pessimo, perché in
Veltroni manca lelemento genetico che separa luomo dalla scimmia, lorso
sovietizzato dal cittadino liberaldemocratico. E quellanello genetico mancante è il
rispetto sacrale, doveroso, in certi casi perfino rispettosamente entusiasta, che si deve
avere per il nemico politico, per chi vota dallaltra parte.
Veltroni, invece, e purtroppo per lui, sembra talmente disperato da non
vedere altra strada che non quella, stracomunista, della riduzione dellavversario al
rango di creatura disprezzata e disprezzabile, carne da spot, spazzatura: questa è la
prova della permanenza del leninismo-togliattismo, senza scomodare Stalin, perché il
comunista è quello che, sempre, per minorità ideale, non ti concederà mai la dignità
della tua opinione e radicalmente avversa alla sua.
Ma sempre lo riconoscerai perché sarà quello che griderà: chi ti
paga? Chi paga? E così facendo i dioscuri hanno ormai condotto il vecchio partito nel
mattatoio della memoria, in cui un elettorato sempre più liberale, insofferente e
insensibile alle intimidazioni, lo trasformerà in un ricordo minimo e imbarazzante.
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