D'Antona e Br/Questo paese è più forte Paolo Gambescia
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È terrorismo. Non facciamoci illusioni: è terrorismo e non è finita.
Purtroppo. Vorremmo sbagliarci, vorremmo poter dar credito a quanti, anche molto esperti,
sostengono che queste non sono le Brigate rosse redivive, ma siamo convinti che si farebbe
un grave errore a pensare che l'assassinio di Massimo D'Antona sia un episodio concluso
senza possibilità che si sviluppi una vera strategia di terrorismo omicida.¶

La storia non si ripete mai identica. E' vero: gli anni Settanta sono
lontani, le sconfitte del partito armato hanno spazzato un'intera generazione di
pseudo-rivoluzionari che credevano di cambiare il mondo ammazzando alcuni uomini simbolo.
Le Br che hanno rivendicato l'assassinio di D'Antona non sono le stesse che hanno
ammazzato Tarantelli, Bachelet, Ruffilli. Ma a leggere il loro comunicato, fatto ritrovare
con la solita tecnica nel cestino dei rifiuti, sembra di ripiombare indietro di vent'anni.
Stesso lessico, stessi processi mentali, stessi nemici: prima di tutti il partito più
grande, più solido, con maggiori responsabilità politiche della Sinistra, i Democratici
di sinistra. E poi il sindacato, la Cgil, l'organizzazione dei lavoratori che proprio
perché tiene insieme la lotta e la proposta, perché rappresenta la voglia del
cambiamento nel confronto, perché offre una speranza alla disperazione di chi cerca
lavoro e di chi deve difenderlo. Gli altri nemici sono coloro che vogliono le riforme, che
cercano di costruire un paese normale. Ci sono passaggi nel documento di rivendicazione
del delitto che sembrano tirati fuori da un cassetto polveroso. Non sono le stesse Br, ma
hanno la stessa logica. Anche il tema della guerra e della pace, un tema che dovrebbe
avere, se non altro, connotati peculiari perché per la prima volta l'Italia è così
coinvolta, è trattato con gli stereotipi delle analisi massimaliste, senza un minimo di
ragionamento. Parole d'ordine che tentano di mettere insieme pacifismo e antiamericanismo,
disagio sociale e riforme, lotta al capitalismo e forme di governo. Insomma,
apparentemente un guazzabuglio. Ma così non è. Ci appare, piuttosto come il tentativo di
creare una sorta di partito antagonista. E poco importa che certo non si tratta di un
partito di massa. L'aspirazione è quella di presentarsi come l'interprete di tutti coloro
che sono "contro". Operazione, appunto, non nuova, ma non per questo meno
pericolosa.¶
Non può sfuggire che la prospettiva nefasta è che si ripetano agguati
e delitti, proprio perché, come hanno dimostrato anche la storia e la fine delle
"vecchie Brigate rosse", l'avanguardia con le pistole non riuscirà mai a
trovare unminimo seguito. L'assassinio diventa la ragione stessa dell'esistenza
dell'organizzazione, la sua giustificazioneE allora prepariamoci ad una nuova stagione di
tensione. Ma senza paura. Questo stato è forte. Più di quanto lo fosse quello che
dovette contrastare il terrorismo degli anni Settanta. Non sappiamo se ha ragione D'Alema
quando dice che il delitto era stato preparato per essere commesso nel mezzo di una
defatigante elezione del capo dello Stato. Non sappiamo se i terroristi abbiano comunque
agito perché ormai il piano era pronto e bisognava solo attuarlo e poco importava che nel
frattempo Ciampi era stato eletto. Ma è anche poco rilevante, a questo punto, saperlo. E'
bene, invece, essere consapevoli che altre saranno le occasioni che, agli occhi dei
terroristi, possono avere rilevanza per dare eco alla loro presenza e alle loro azioni.¶

Quando nei giorni scorsi abbiamo scritto, unico giornale, che bisognava
stare attenti ai preoccupanti segnali di un antagonismo che si stava trasformando in sfida
aperta e in violenza preordinata, siamo stati tacciati di dietrologismo. Qualcuno ha detto
e scritto che si faceva dell'inutile allarmismo. Forse abbiamo più sensibilità quando ci
sembra che le regole del confronto democratico vengono violate. Forse non ci stanchiamo di
pensare che i nemici della democrazia possono avere molte facce. Forse continuiamo a
credere che il passaggio verso la democrazia compiuta presenta tanti ostacoli. Forse
sentiamo sulla nostra pelle la difficoltà di ragionare intorno ai principi e ai valori.
La stessa difficoltà che sentiva Massimo D'Antona quando si interrogava sulla condizione
dei lavoratori e la gestione del paese, sulle regole e sulle prospettive. Non a caso aveva
scelto di lavorare per il ministro del Lavoro del governo D'Alema e aveva scelto di
scrivere i suoi ragionamenti a voce alta sull'Unità. Non a caso aveva scelto di
schierarsi, lui uomo di studio, nella battaglia politica iscrivendosi ai Ds. Un
intellettuale che non rifiutava di sporcarsi le mani con i problemi reali, con la
concretezza del disagio e con la certezza di poter trovare una via d'uscita. Con rigore e
fantasia, dalla parte di chi è più debole.¶
I nuovi terroristi, come le vecchie Br, di questi uomini e di queste
idee hanno paura. Non dell'avversario di classe, come lo chiamerebbero nei loro documenti,
ma di chi lavora perché questo paese sia più giusto. Ora il paese deve scegliere se
rinchiudersi sotto la cappa plumbea della minaccia terroristica o lottare per accelerare
il cambiamento. È tutto qui l'interrogativo che pone questo delitto apparentemente
inutile: guardiamo indietro o guardiamo avanti? D'Antona ci avrebbe detto: non abbiate
paura, il futuro lo possiamo costruire.
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