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Letti per voi/Chi era D'Antona: "Una vita tra politica, lavoro e solidarietà"

Luana Benini

 

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ROMA - Il palazzo un po' sbiadito, dei primi del '900 a un incrocio della trafficata via Salaria. Un grande portone verde. All'ultimo piano ci sono tre terrazzini di ferro battuto con vasi ordinati, pieni di lillà. Lassù, dietro le finestre, la disperazione di Olga e di Valentina, la moglie e la figlia ventiduenne di Massimo D'Antona. Si può passare così, da una vita serena, piena, impegnata, all'incubo. Perché quella di Massimo, uomo mite, sereno, costruttivo, e della sua famiglia, era una vita partecipata, proiettata all'esterno. Una famiglia particolare, dicono gli amici, capace di grandi slanci. Come quella volta, quattro anni fa, che Massimo e Olga decisero di adottare, a distanza, due bambine bosniache. La guerra stava esplodendo. Erano venuti in contatto con una famiglia di Sarajevo. Partirono proprio quando nella città, divenuta uno dei simboli del martirio, cominciava a mancare di che nutrirsi. D'accordo con i genitori naturali, si presero le due bambine e se le portarono a Roma. Poi il contatto con la famiglia è continuato in uno scambio pieno di momenti da ricordare. Olga Di Serio qualche tempo fa mostrava orgogliosa ai compagni della sezione Salario dei Ds le foto che li ritraevano al mare, in vacanza, a giocare sulla spiaggia con queste due bambine bellissime. Lo racconta Gustavo Imbellone: "Aiutarono anche me e la mia compagna ad adottare un ragazzo bosniaco".¶

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Per più di venti anni la famiglia D'Antona ha abitato in quella casa, con discrezione, con semplicità. "Riservati, alla mano, persone perbene" dice il portiere dall'accento toscano che ha gli occhi rossi e se ne sta in disparte. Fa passare gli amici stretti che entrano silenziosi e commossi. C'è anche Gianni Ciaffi che D'Antona lo conosce fin dai tempi del liceo, quando suonavano entrambi in un complessino (Massimo suonava la chitarra).¶

Alla sezione Ds del Salario, Olga Di Serio è di casa. Ma anche alla sezione Parioli. Coordinatrice dell'Ulivo nel secondo collegio. Da qualche tempo non era più iscritta. Ma nelle ultime settimane si è molto impegnata nella federazione della Quercia. "Per la raccolta di aiuti ai profughi del Kosovo - spiega il responsabile dell'organizzazione Angelo Scacco - abbiamo bisogno di volontari. Olga ha lavorato intensamente, quasi tutti i giorni, attaccata al telefono. Abbiamo inviato in Albania tre carichi di aiuti, l'ultimo la settimana scorsa in Montenegro". Piccolina, minuta, caschetto nero. Una donna piena di voglia di fare. Ci crede, Olga, nell'Ulivo. Ha fatto di tutto perché la coalizione si organizzasse con una sede comune. Il 24 aprile era a piazza del Popolo, alla manifestazione contro il razzismo. L'anno scorso alla sezione Parioli andò anche Massimo D'Antona per parlare di riforma della Pubblica amministrazione. "Fu un dibattito vero, ricco - dice il segretario Guido Lai -. E D'Antona ci colpì per la sua affabilità, per la sua competenza, per la sua chiarezza". Chiarezza, equilibrio. Sono questi i tratti che salgono alla memoria di chi l'ha conosciuto alla Cgil. Perché D'Antona, come l'economista ucciso quasi quindici anni fa dalle Br, Ezio Tarantelli, ha lavorato per anni al fianco del sindacato. "Un uomo non saccente, mai presuntuoso, che sapeva ascoltare". Gigi Di Vittorio lo ha conosciuto quando era membro della Consulta giuridica della Cgil, e per due anni, da '97 al '98, ha avuto con lui un contatto quotidiano al Dipartimento della Funzione pubblica, quando D'Antona "riscriveva" la riforma del pubblico impiego. "Aveva una capacità immediata di comunicare senza perdersi in fumisterie. Non gli ho mai visto perdere la pazienza, anche quando la situazione era complicata". Il sottosegretario Bassanini e il ministro Piazza gli erano molto amici. Ieri erano seduti vicini, alla Camera, affranti. Un profondo affetto nelle loro parole che va oltre la stima per la competenza e il lucido impegno del giurista. "Un uomo sereno, dolce, mite, di straordinaria passione civile, morale, politica". Sindacato, governo, università.

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Nell'androne di Scienze Politiche, alla Sapienza, l'elenco delle lezioni recita: Diritto del lavoro e della previdenza sociale, D'Antona, lunedì, martedì, mercoledì ore 14,15. Gli esami con D'Antona sono fissati per il 25 maggio, l'8 e il 22 giugno, il 6 luglio. Nessuno ha ancora provveduto a cancellare. Al secondo piano, sulla porta del Dipartimento di Teoria dello Stato, c'è un cartello: "Chiuso per lutto". Gli studenti chiedono cosa è accaduto al professore. Si guardano increduli: "Terrorismo?". Nel lungo corridoio si apre la stanza che D'Antona divideva con altri due professori. I docenti sono sotto choc. Parla per tutti il professor Lanchester, direttore del Dipartimento: "L'ho chiamato io tre anni fa nel nostro istituto. Con lui abbiamo fatto un ottimo acquisto. Era uno dei più brillanti giuslavoristi italiani, autore di opere importanti sullo statuto dei lavoratori, sul diritto sindacale". E poi, indicando una sedia nel suo ufficio: "D'Antona si è seduto là solo pochi giorni fa, abbiamo discusso del decreto d'area della facoltà. Era una persona di grande valore, votata all'azione diretta, adorabile dal punto di vista personale". La stanza di D'Antona è vicina a quelle che occuparono Bachelet e Aldo Moro, assassinati dalle Br. Una eredità spaventosa per l'istituto. E tornano "fantasmi del passato".

 

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