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Quale televisione per quale societa' ?

Camilla Lai

 

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Lo scorso anno è partito l’Osservatorio sull’innovazione Sociale, promosso da Mediaset e coordinato da Lorenza Zanuso e Alberto Carullo: una ricerca che, come spiega Carullo, Direttore Marketing di Mediaset, "muove dalla consapevolezza del sempre più importante ruolo giocato dalla TV generalista nella società."

L’italiano ormai vive di televisione. E’ uno strumento che può essere magnifico: con minimi costi, fornisce senza sosta una dieta di divertimento e informazione. Può insegnare ai bambini ben prima che entrino nella scuola, ed ispirarli a diventare membri della società. Ma la funzione primaria della televisione, oltre a quelle di testimonianza (dalla scoperta della luna al processo di Clinton) e di identità (la rappresentazione di modi di vita), è sicuramente tenere compagnia.

"Che la Tv faccia compagnia lo possono testimoniare un po’ tutti, indipendentemente dall’età e dal ceto sociale. Nel corso della giornata o della settimana ci sono infatti momenti in cui avvertiamo il bisogno di una voce che ci distragga dalle preoccupazioni. Lo dice benissimo Philippe Delerm ne "La prima sorsata di birra", descrivendo il languore che ci prende la Domenica sera, quando gli amici se ne sono andati e, dopo aver fatto un bagno caldo, si resta soli con il pensiero della nuova settimana che incombe. "Prendere un libro? Sì, tra un momento. Adesso quel che ci vuole è un po’ di televisione. Va bene il programma più scemo. Ah –guardare tanto per guardare, senza alibi, senza scuse! È come l’acqua del bagno: un’ebetudine che ti intorpidisce di un benessere palpabile. Crediamo di poter rimanere così fino a notte, mentalmente in pantofole."

La TV generalista deve sapersi muovere in un ambito sociale in continua evoluzione, deve capire la direzione del movimento sociale, e modificare, se necessario, la sua rotta con esso. La ricerca dell’osservatorio serve a questo: permettere alla TV generalista di fornire ai telespettatori ciò che essi più richiedono e ciò di cui più abbisognano per proseguire la propria evoluzione culturale. Il fine è pertanto quello di adeguare la futura programmazione televisiva al mutamento sociale e alle nuove esigenze che esso innesca nei telespettatori.

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La ricerca è stata volta in maniera del tutto nuova e sperimentale, sia per quanto riguarda gli strumenti usati, il metodo di lavoro e l’analisi dei risultati, ma anche e soprattutto l’oggetto della ricerca stessa. Argomenta bene Lorenza Zanuso: "L’oggetto non sono quindi i programmi e l’operato degli organismi istituzionali, ma le pratiche delle persone comuni, delle aggregazioni intermedie, dei "soggetti del quotidiano" che – perseguendo il proprio progetto di vita – modificano il presente e anticipano il futuro."

Si è analizzato il percorso individuale del life-long learning, la scelta religiosa del credere, la società multietnica, i rapporti tra le generazioni e la sfera pubblica. Emerge una società profondamente cambiata. Dalla volontà e capacità di un apprendimento continuo non confinato ad una sola fase della vita, né secondo le tradizionali modalità di trasmissione ‘from top down’; ad una ricerca di credenze e spiritualità al di fuori o ‘al lato’ della fede cattolica; ad un fenomeno - presente per la prima volta nella storia italiana -, di convivenza di quattro diverse generazioni, in un contesto di decremento demografico, scomparsa della famiglia tradizionale, precocizzazione delle abilità e competenze sociali dell’infanzia e valorizzazione della ‘seconda vita adulta’. L’Italia contemporanea presenta un’interculturalità crescente, se, davvero 200.000 e 125.000 sono gli stranieri presenti rispettivamente a Roma e Milano e un milione e mezzo gli immigrati nel nostro paese. "Il modello che meglio rappresenta questa pluralità culturale è quello della rete (web) e la cultura degli italiani si delinea sempre più come un patchwork di valori acquisiti dalle più varie esperienze." (Carullo).

La società italiana è cambiata profondamente negli ultimi anni: perché la televisione non ce ne parla? Si chiede la Zanuso, "Perché quel che ci accade di fatto - i molti e nuovi modi dell’apprendere, del credere, di far famiglia, di rapportarci agli "altri", di partecipare alla vita pubblica - sono così spesso ignorati a favore di una rappresentazione stereotipata dell’istruzione, della religiosità, delle età della vita, dei rapporti tra generi e generazioni, dell’immigrazione, etc.? O, viceversa, confinati in trasmissioni di segmento o in figure più o meno caricaturali, secondo i codici alternati del "problema sociale", o del "fenomeno di costume"? O, peggio ancora, in quelli insieme mostruosi e consolatori della "TV del dolore"?"

"La sfida che oggi attende la Tv generalista è dare conto della pluralità sociale con molta naturalezza. Essa verrà vinta quando la Tv darà conto degli extracomunitari ben integrati, o dei nuovi assetti familiari emergenti (famiglie di fatto, famiglie allargate…), o dei molteplici modi di cercare la spiritualità, non più come se fossero "stranezze", ma per quello che in realtà sono: diverse sfaccettature del mondo contemporaneo. Componenti "normali" della pluralità presente attorno a noi (e, perché no, anche dentro di noi). Soltanto con l’offerta di una prospettiva di più ampio respiro la Tv generalista potrà abituare il proprio pubblico a leggere il mondo con più sensibilità e tolleranza, in una parola: con maggiore maturità." (Carullo)

Il ruolo istituzionale della televisione generalista resterà sempre tale. La TV continuerà ad essere la priorità di molti italiani nell’arredamento della casa e delle loro vite. Ma, allora, che sia un’istituzione attiva, che sfrutti al meglio i risultati della ricerca, che sappia trasformarsi in un imput per stimolare quel processo di life-long learning che la società ha già intrapreso. Altrimenti diventerà "solo fili e luci in una scatola" (Edward R. Murrow)

 

 


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