Elogio della tv generalista Emanuele Pirella intervistato da Paolo Marcesini
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Pirella, arrivano anche in Italia i nuovi canali satellitari. E alla
televisione generalista cosa succederà? Assisteremo a una deriva trash dei contenuti
della sua programmazione?
Esistono due tipi di risposte a questa domanda, una estetica, una etica. Esteticamente
sono daccordo con chi dice che la televisione di oggi non è una gran cosa, ma da un
punto di vista strettamente etico, le cose cambiano. Per natura non sono apocalittico. La
nostra lingua non usa lo slang, non è pulp, non è trash. Se
guardiamo alla narrativa ci accorgiamo che i cannibali, di cui tanto si è parlato, in
realtà sono stati molto poco rappresentativi dellinsieme del nostro panorama
letterario. Allo stesso modo, in Italia la televisione generalista sarà sempre e comunque
una televisione perbene. Potrà diventare un po più povera, di sicuro non perderà
il buon gusto. Non riuscirà mai insomma ad essere bassamente popolare, a copiare le
degenerazioni americane e giapponesi. In fondo, per capire come sarà il nostro futuro, è
sufficiente andare in edicola; così come non troviamo quotidiani stracolmi di sesso e
cronaca nera, allo stesso modo non avremo mai canali televisivi "alla deriva".
Non li potremmo sopportare. La nostra televisione generalista userà sempre la parola al
livello superiore, mai quella a livello più basso, più carnale, più povero. Ogni qual
volta la telvisione propone modelli di linguaggio alternativi, sgraziati, volgari,
assistiamo ad una ribellione, cala laudience, la critica si scatena, le associazioni
dei genitori insorgono, i dirigenti televisivi reagiscono chiudendo i programmi
incriminati. Sono sufficienti un vestito trasparente, una barzelletta sporca, una coppia
di gay che raccontano la loro omosessualità, e il perbenismo si scatena. Siamo e
resteremo sempre in futuro una bella nazione piena di moralisti.
La televisione generalista verrà salvata dal linguaggio?
Dal linguaggio inteso come espressione della cultura alta, aulica, di
tradizione cattolica e giuridica, in una parola italiana. E poi la televisione generalista
è come il liceo classico, alla fine non può che far bene. La difendo perché credo
allincrocio di esperienze, alle molte voci che arrivano e si parlano in uno stesso
luogo. Abbiamo ormai pochi spazi di socialità, la televisione è uno di questi. Siamo
soli di fronte a lei, ma guardiamo quello che guardano gli altri. In una parola,
partecipiamo. I canali tematici satellitari e le pay tv invece ci isolano ancora di
più.

Come sostituirà sul piano dei contenuti quello che gli verrà
tolto dalle pay tv?
Nel palinsesto non verranno mai a mancare le cose più importanti.
Tanto per essere chiari, non perderà mai del tutto il calcio, il cinema, la cronaca,
continueremo a vedere le partite della Nazionale, le finali di Coppa, molti bei film, i
telegiornali. Sul piano dei contenuti la televisione generalista sta già cambiando. Sta
abbandonando il desiderio di denuncia a tutti i costi e sta provando a definire per sé un
nuovo ruolo centrato sulledificazione, sulla costruzione, sulla proposta. Vuole
iniziare a segnalare quello che va bene e non più solo quello che va male. Questo accade
perché latteggiamente ansiogeno, drogato e strumentalmente provocatorio, alla
lunga, genera distacco, rifiuto. Vedremo sempre più dei monsignor Tonini, con tanta
solidarietà, tanto perbenismo, tanta razionalità. Facendo un esempio, se sino a poco
tempo fa la televisione ci faceva vedere le coppie al momento della rottura, adesso ce le
presenta quando si uniscono o riuniscono dopo un momento di crisi. La televisione dopo
essere stata confessionale sta diventando assolutoria. In fondo siamo tutti un po
cattolici...
Questa televisione "perbene" incontrerà il favore del
pubblico?
Lo incontrerà come lo stanno già incontrando fiction seriali come Un
posto al sole e Un medico in famiglia, racconti edificanti che ti offrono
ambienti ingenui e consolatori. Nessuno pone domande, nessuno da delle risposte, e la
grande fiaba continua senza scossoni in attesa di un lieto fine scontato. Il modello tipo
della nuova televisione generalista è Fabio Fazio, innocentemente depoliticizzato, sembra
non avere punti di vista, a lui vanno bene tutti, laggettivo "mitico" lo
si regala a chiunque. Non butta via niente perché tutti, dal cantante di grande piccolo o
scarso successo, al compagno di banco del liceo alla pubblicità di Calimero, in fondo ci
appartengo. Per il resto staremo a vedere, è ovvio che ledificante, il pedagogico e
leducativo da un punto di vista strettamnete estetico sono molto meno piacevoli e
stimolanti del contrasto dialettico ma il nostro pubblico non vuole sorprese. Desidera
continuamente essere rassicurato, coccolato. Rifiuta lenfasi, le urla e vuole la
tranquillità. Qualche anno fa si diceva che eravamo invasi dal buonismo, sbagliavano i
tempi, il buonismo, quello vero, è arrivato adesso, in diretta televisiva e a reti
unificate.
Eppure sia Mediaset che Rai allarrivo della pay tv hanno
manifestato un certo allarmismo motivato non tanto dalla possibile perdita di audience ma
soprattutto dalla probabile diminuzione del loro appeal pubblicitario...
Hanno ragione a preoccuparsi. Prese tutte insieme le televisioni a
pagamento influiranno in modo significativo sugli investimenti pubblicitari perché per
definizione sono canali costruiti su target predefiniti. Se devo vendere scarpe da tennis
sceglierò di pianificare i miei spot nei canali tematici sportivi perché tutti gli
spettatori sono contatti utili ed evito inutili dispersioni. La pubblicità si sta
accorgendo che puntare molte risorse sui grandi numeri della televisione, sul Festival
di Sanremo o su Domenica In, facendo grandi investimenti, può essere inutile,
perché i partecipanti al grande numero del consenso televisivo non rappresentano più un target
disponibile allacquisto di un prodotto "a priori". Spesso noi pubblicitari
comunichiamo a tutti cose che interessano a pochi. La televisione generalista comunque
reagirà proponendo allinterno del suo palinsensto molti angoli tematici.
La pubblicità di che televisione ha bisogno?
Sinora è andata dietro ai grandi numeri portando anchessa grandi
numeri al mercato televisivo. Ogni hanno sui sei canali nazionali vanno in onda almeno
settecentomila spot con una spesa di oltre tredicimila miliardi. Tutto questo ha provocato
una overdose di comunicazione. Per ovviare a questo la pubblicità chiede alla
televisione tariffe più alte, più adeguate, in una parola più europeee. I nostri spazi
pubbicitari sono tra i meno cari dellUe, se costassero di più vedremmo due terzi di
spot in meno, leffetto bombardamento sarebbe ridotto e la pubblicità non sarebbe
più avvertita dagli spettatori come qualcosa di invasivo, noioso e da rifiutare.
Resterebbero pochi spazi privilegiati di messa in onda che migliorerebbero di molto la
comunicazione dei prodotti. Anche perché i consumatori sono più avanti dei
telespettatori, sono esigenti, desiderano essere informati con calma. E poi, consumare
richiede cultura, per guardare la televisione è sufficiente solo una buona vista..
Perché allora il costo degli spazi pubblicitari non aumenta?
I grandi clienti in fondo sono contenti di spendere meno e andare in
onda molte volte e la piccola e media impresa che altrimenti rimarrebbe tagliata fuori,
può pianificare una sua campagna in televisione. Cè in tutti il desiderio,
assolutamente inutile, di essere presenti e poco importa se nessuno ti vedrà.
Che tipo di trasmissioni vuole la pubblicità
Recentemente abbiamo scoperto che allinterno di spettacoli con
contrapposizioni drammatiche e violente, la pubblicità non funzionava, il messaggio
risentiva dellatmosfera sgradevole del programma. Pianificare allinterno di un
grande film di prima serata o durante le partitre di calcio poi non sempre è sinonimo di
redditività, dipende dal film, dal prodotto, dallesito della partita. Sempre più
chi investe in pubblicità cerca la qualità dellascolto e non la quantità. In
altre parole quello che prima era definito il target di consenso, oggi si è trasformato
in una sottigliezze da pubblicitari che vogliono giustificare nei confronti del
cliente-azienda lampiezza, spesso esagerata, delle loro pianificazioni. Se vuoi
parlare alle mamme o alle sorelle maggiori, è inutile che davanti allo schermo ci siano i
padri, i nonni e i fratelli minori. Paradossalmente, allinterno della Santa Messa,
uno spot raggiungerebbe il livello massimo di coinvolgimento. E poi la pubblicità ha
bisogno di un modo nuovo di fare televisione
Ci può fare un esempio di nuova televisione?
Vorrei citare il caso Mtv, un esempio straordinario. Loro, e solo loro,
hanno trovato un linguaggio, un mondo, una cultura, delle facce e un target assolutamente
esclusivi e innovativi. Cè una consonanza, addirittura estrema, tra chi produce,
chi conduce, chi ascolta e chi investe. I pubblicitari addirittura creano spot ad hoc per
andare su Mtv. Purtroppo è lunico caso.
Che tipologia di trasmissioni consiglierebbe a chi progetta canali
tematici?
Un canale interamente dedicato alla cronaca nera, raccontata in modo
duro e violento. Avrebbe buoni ascolti ma porterebbe con sè molti rischi. La scarsità
degli investimenti giustificherebbe la produzione di programmi di bassa qualità, di basso
valore aggiunto, il pubblico allora sarebbe troppo popolare, con minori possibilità di
acquisto, interessebbe poco alla pubblicità. E alla fine fallirebbe
Insomma, la vera trasgressione alla televisione che cè non è
una nuova televisione tecnologicamente avanzata, ma una televisione che cambia
radicalmente il proprio linguaggio.
Le nuove televisioni, per essere competitive, dovranno lavorare
soprattutto sul linguaggio. Telepiù e Stream non hanno cambiato il loro modo di parlare
ai telespetttaori, pensano di essere come Rai Uno e Canale 5. E sbagliano, non si rendono
conto che dallaltra parte dello schermo hanno degli appassionati, dei tifosi, spesso
dei fanatici. Con loro si può e si deve osare. E poi un mezzo nuovo deve creare un
linguaggio nuovo. Altrimenti, molto semplicemente, non è un mezzo nuovo.
Cè chi dice che con le nuove televisioni a pagamento
diventeremo finalmente dei telespettatori modello, protagonisti attivi del nostro
intrattenimento, culturalmente preparati, fruitori consapevoli. E daccordo?
Parzialmente. Non è detto che si diventi tutti più buoni Accanto ai
(pochi) virtuosi ci sarà anche chi potrà coltivare le proprie perversioni. Ci divideremo
sempre più in piccoli gruppi accomunati da interessi simili. Eviteremo qualsiasi scambio
sociale, non guarderemo a culture altre rispetto al nostro particolare. Non mi sembra una
gran passo in avanti. Dirò di più, le pay tv tematiche potrebbero essere persino
pericolose Laccanimento forte verso taluni aspetti del vivere è il contrario
dellarmonia, potremmo assistere al perseguimento monomaniacale dei nostri istinti
più bassi. Un tragitto disumanizzante
A chi serve oggi la televisione?
Fa parte della nostra vita, ci appartiene, ci serve. La televisione,
tutta, è un flusso ipnotico di immagini a cui solo qualche volta si dà un senso
compiuto. Loro, le immagini, arrivano, sta a noi elaborarle, riempirle di significato.
Quando la spegni avverti un vuoto, uno smarrimento, senti che ti manca qualcosa.
Personalmente rimango stordito per venti secondi. Poi la riaccendi e tutto sembra non
vero, i telegiornali sono fiction, i protagonisti della cronaca sembrano attori, se
sono al freddo, il freddo nella tua stanza non esiste, se provano dolore, tu non te ne
accorgi.
Il piccolo schermo è ancora un grande fabbricatore di consenso
politico?
Certamente comunica modelli, suggerisce comportamenti. Influisce sulle
elezioni politiche non tanto perché razionalmente fabbrica consenso verso un determinata
griglia di valori, ma perché anche la politica negli ultimi anni si è trasformata in fiction.
Dal momento in cui le scelte non sono più determinate dallappartenenza ideologica o
da quella di classe, anche il voto politico è diventato un modo come un altro di
partecipare allaudience. Voti per gli attori Berlusconi, Prodi, DAlema,
segui gli infiniti sviluppi delle loro storie, tutto potrebbe trasformarsi in soap. Quando
Prodi mi chiese di dargli una mano durante la campagna elettorale dellUlivo,
parlammo del modello Berlusconi, limprenditore di successo, ricco, famoso,
luomo che tutti vorremmo essere. Prodi, a quel tempo, per gli elettori, era un bravo
professore che sapeva fare i conti, un tecnocrate. Gli consigliai un modello alternativo,
quello del buon padre di famiglia che investe tutti i suoi risparmi nelleducazione
dei figli. Erano due modelli da fiction che si contrapponevano. Daltronde
tutti i grandi movimenti post-ideologici sono riducibili per il cinema, il teatro, lo
spettacolo. E la televisione, madre di tutti gli intrattenimenti, non si sottrae alle
regole. Manda in onda quel che cè.
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