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Il futuro della tv? E' un maresciallo ideale

Giancarlo Bosetti

 

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Le "piazze telematiche" di Michele Santoro (o chi per lui) non funzionano piú, il talk show sta virando sempre di piú verso il varietà, ma anche il varietà in sè e per sè dà segni sempre piú gravi di stanchezza (e poi costa tantissimo). Con le televisioni tematiche che stanno per inghiottirsi il calcio e il cinema, alla tv generalista restano poche praterie per pascolare le sue audience – e mantenersi – e la piú importante di queste praterie è quella della fiction, vale a dire la narrativa a puntate, possibilmente in lunghe serie: sitcom, medici di famiglia, maestri Columbro, marescialli Rocca, avvocati Porta, Bibbie, colossal storici etc. Ecco il futuro. Ma se questo è vero, c’è da mettersi le mani nei capelli perchè produrre narrativa – film, serial, sceneggiati – ci mette in competizione con le majors, con Hollywood, con un sistema che spende 200-300 miliardi per un solo film. Anche soltanto un "Conte di Montecristo" costa 40 miliardi ed ha bisogno per "rientrare" di tutto il mercato europeo.

La cruda analisi non è opera di qualche giornalista arrabbiato, ma dei dirigenti di Mediaset (Mario Brugola, Alberto Carullo), che hanno fatto il punto in un convegno organizzato insieme a "Reset" con alcuni specialisti di media, sociologi e autori. Rispetto ai grandi produttori americani di contenuti televisivi Mediaset (ma il discorso delle dimensioni vale anche per la Rai) è un microbo, la gara sarebbe già persa in partenza. Ecco perchè bisogna aguzzare l’ingegno e trovare soluzioni nuove. Quali? Il convegno lo ha chiesto a un gruppo di sociologi (insieme alla coordinatrice Lorenza Zanuso, Enzo Pace, Marianella Sclavi, Maria Pace Ottieri, Ota De Leonardis, Viola Vitali) autori di una ricerca sull’innovazione sociale realizzata per Mediaset in funzione della caccia alle "idee per la televisione di domani". Confrontando saperi accademici, cronaca e sondaggi, ed esaminando i campi dell’imparare (i molti modi di apprendere nella società della formazione continua per tutta la vita), del credere (il modo variopinto in cui oggi viene vissuta l’esperienza spirituale), del comunicare con gli altri (gli stranieri, gli immigrati, i diversi), del crescere e invecchiare (la nuova mappa delle età e delle generazioni), e dello spazio pubblico, è venuta fuori una società dai comportamenti sempre piú diversificati, plurali, frammentati, individualizzati. Ciascuno rivendica "il diritto di vivere con originalità e in assoluta autonomia" le proprie esperienze, le proprie scelte di consumo. La dimensione chiave è quella della varietà, del patchwork. La gente vuole combinare frammenti di medicina alternativa, autogestita insieme a quella uffciale, esattamente come nelle scelte spirituali vuole combinare un pò di tradizione cattolica con un pò di New Age, di Oriente, di "fai da te" del credere. Gli stili di vita si sottraggono a un modello di massa. Come nel mondo industriale il modello fordista ha lasciato il posto a una produzione personalizzata, flessibile, modellata sui gusti del singolo consumatore, cosi’ nel campo dei valori simbolici e della comunicazione è l’individuo a imporre le proprie regole e scelte.

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Tutto questo non è una novità dell’ultimo momento: l’individualismo dei gusti e delle culture ha fatto già molta strada negli anni Ottanta, ma allora la televisione generalista era nella sua fase di massimo splendore (crescita degli ascolti, boom delle entrate pubblicitarie, nessuna tv tematica e a pagamento in vista). Oggi invece è in sofferenza, da povertà di idee e da crescita dei costi. Ma a nessuno sfugge che la sua importanza – l’importanza della tv commerciale gratuita (con o senza l’additivo pubblico istituzionale del canone) – non è destinata a declinare.

L’enfasi intorno alla televisione digitale (fonte di qualche confusione perchè tutta la televisione, generalista e tematica, diventerà nei prossimi anni digitale), la crescita effettiva della televisione a pagamento e delle nuove tecnologie Web, nulla tolgono al fatto che la tv generalista rimarrà determinante nel formare una opinione pubblica, nell’alimentare uno spazio comunicativo e simbolico nazionale, nella vita politica e culturale di un paese moderno. Il problema dei costi potrebbe spingere, come diversi segni stanno a indicare, verso un declino della qualità: un peggioramento generale del livello che lascerebbe le cose buone al mercato di quelli che possono e vogliono pagare. Per salvarsi da un destino di spazzatura, alla gloriosa vecchia tv rimangono le strade maestre dell’informazione (naturalmente) e della narrativa di qualità. Quanto questa possa accompagnare, precedere o seguire il mutamento sociale si può a lungo discutere. Fatto sta che si potrebbe fare una storia della società americana attraverso le sue sitcom, cosi’ come si potrebbe, forse, fare una storia della società italiana attraverso gli sceneggiati della Rai. La narrativa televisiva cammina insieme alla società cui è destinata. È piú convincente però la tesi che i grandi successi dei feuilleton televisivi sono quelli che tendono a consolare piú di quelli che tendono a sperimentare o a innovare. La prova? La fornisce Laura Toscano, autrice sia del maresciallo Rocca che dell’avvocato Porta. Stabilito che Gigi Proietti era ugualmente bravo nelle due parti, il maresciallo ha funzionato piú dell’avvocato perchè era un personaggio rassicurante, il carabiniere modello che vorremmo, mentre il secondo era ricco di difetti che lo facevano somigliare, piú che a un sogno consolatorio, a un personaggio della nostra vita vera.

 


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