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Editoriale



Perche’ sulla guerra i cuori sono divisi

Giancarlo Bosetti

 

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Giancarlo Bosetti La bugia che la guerra non serve

E’ una penosa bugia quella che le guerre non servono mai. E questo e’ uno di quei casi in cui la guerra e’ necessaria. Ha ragione lo scrittore forse piu’ amato dagli italiani Andrea Camilleri; lo ha detto sulla Stampa in questi giorni. E con lui tutti gli altri che hanno espresso la stessa idea. Ma Camilleri ha anche speso, mentre lo scriveva, qualche parola di comprensione per chi fatica a pronunciare quelle parole, "la guerra ci vuole", senza un po’ di sofferenza. Si dice "si’" alla guerra qui oggi in Italia, ma con il "cuore in due scisso", secondo il poeta.

Che cosa vuol dire? Forse che siamo i soliti furbacchioni, meta’ di qua e meta’ di la’, in modo che mai nessuno si possa trovare del tutto dalla parte del perdente? Ipocrisia insomma? No, io non credo che le cose stiano cosi’. Questa volta, almeno qui in Italia, fortunatamente per ora, non c’e’ da rischiare la pelle a dichiararsi pro o contro. Non e’ una scelta che ci metta di fronte all’urto con un regime. La pelle la rischiano solo alcuni aviatori, che e’ bene partano in missione sapendo di avere alle spalle delle buone ragioni e l’appoggio dei concittadini. Ma in ogni caso, anche nel peggiore, l’Italia non sembra destinata a pagare un prezzo superiore a quello gia’ pagato, in vittime civili, per dirne una, con il disastro del Cermis. Dunque siamo tutti in condizioni di pronunciare la nostra opinione senza farne una scelta di vita o di morte.

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L’attacco ci voleva, anche prima

E il libero giudizio che possiamo esprimere in questo momento ci dice che questo attacco della Nato alla Serbia ci voleva. Ci voleva probabilmente anche prima, prima del Kosovo, quando era stato il turno della Bosnia. Sono convinto che un enorme quantita’ di sofferenza e di morte sarebbe stata evitata bombardando le strutture militari serbe nel ’93 e bloccando sul nascere il progetto della Grande Serbia. Oggi gran parte della catastrofe e’ gia’ avvenuta, ma un’altra parte e’ ancora possibile, forse, risparmiarla. Perche’ allora il "cuore scisso" e tante esitazioni e tremiti nel dire di si’ alla guerra? Come mai la maggioranza favorevole all’intervento tra gli Italiani non e’ schiacciante come potrebbe sulla base di un ragionamento e di un giudizio su quel che Milosevic sta facendo ai kosovari?

 

Chi esita e perche’

Non tutte le esitazioni hanno la stessa origine. C’e’ chi e’ contrario a seguire fino in fondo i vincoli che derivano dalla nostra partecipazione alla Nato per riflessi condizionati di vecchie appartenenze "orientali". E’ venuto meno il contenuto politico comunista della potenza sovietica, ma perdura da parte di Cossutta e Bertinotti – e con loro di qualche frazione dell’opinione pubblica – un riflesso antiamericano, piu’ ancora che filorusso, la preoccupazione di consegnarsi a una egemonia incontrastata della superpotenza vincitrice dei conflitti mondiali, prima con il soldato Ryan, a meta’ del secolo, poi con il soldato Reagan verso la fine. A questa egemonia, in verita’, non ci sono alternative, almeno fino a quando l’Onu non uscira’ da un condizione di paralisi decisionale da veti incrociati e fino a quando l’Europa non manifestera’ di essere anche un soggetto della politica internazionale. Fino ad allora non si potra’ fare a meno degli Stati Uniti come fattore di ordine nei rapporti internazionali.

 

Come ridare ossigeno ai kosovari

C’e’ chi esita perche’ la efficacia dell’azione aerea sulla Serbia e’ ancora effettivamente da dimostrare. Finora non e’ servita a fermare i rastrellamenti e la pressione terroristica per realizzare la pulizia etnica. Non si vede bene quale dinamica politico-militare possa restituire un po’ di ossigeno alle popolazioni kosovare e come, ammesso che i bombardamenti riescano a piegare la volonta’ del regime nazionalista serbo, possa ricostituirsi una situazione di pacifica convivenza tra le vittime delle purghe etniche e i loro aguzzini. Ed e’ difficile considerare il passaggio dalla guerra aerea a quella terrestre come qualcosa di automatico che i paesi della Nato possano permettersi senza una fase assai complicata di consultazioni dei loro cittadini.

 

Viva i nostri premier "pantofolai"

C’e’ poi chi esita per una istintiva, sobria autodifesa: la scelta di innescare una logica militare, anche se inevitabile, necessaria e giusta, sta bene nei paesi democratici sulla bocca, nella testa e negli atti di persone riflessive, di per se’ poco propense a dare la parola ai cannoni. Nessuno, credo, che abbia la testa sulle spalle, si sentirebbe tranquillo sotto la guida di un governo che partecipi gioiosamente ed entusiasticamente ad imprese militari come questa. Che le democrazie abbiano difficolta’ a fare la guerra si sa. Che debbano fare i conti con una opinione pubblica agitata da correnti diverse e’ un vantaggio e non un danno. Che tutti gli atti dei governi coinvolti nelle decisioni della Nato debbano essere soppesati ben bene, e anche piu’ di una volta, potra’ anche essere di qualche impaccio dal punto di vista militare, ma e’ cio’ che fa la differenza per cui possiamo dichiararci fortunati di non avere sulla testa un governo "deciso a tutto" pur di realizzare i propri deliri come quello che c’e’ a Belgrado. Meno male insomma che non abbiamo bisogno di contrapporre a Milosevic qualche Stranamore. Teniamoci i nostri premier europei con quella loro vocazione, che Mussolini avrebbe certamente definito "pantofolaia" e che a noi e’ cosi’ cara. Una vocazione che non ha impedito di dispiegare l’azione militare aerea e di proseguirla.

 

Se Manconi e Cossutta se ne vanno

Gli italiani, come tutti gli europei, non sono divisi tra amanti della pace e amanti della guerra. Sono, siamo, tutti amanti della pace, ma siamo anche convinti, in grandissima maggioranza che ci sono crimini che vanno impediti, se ci si riesce, anche con l’impiego delle armi. Sbagliano Bertinotti, Cossutta e Manconi, quando pensano che la ostilita’ alla guerra, cosi’ forte nei sondaggi, coincida con le loro posizioni. Si tratta invece di quel "cuore diviso" con cui nessuna persona seria puo’ prendere atto che in qualche caso "la guerra ci vuole". Se poi verdi e comunisti italiani lasceranno il governo facendo traballare la maggioranza questo non dimostrera’ che gli italiani sono divisi, come qualcuno ha sostenuto, e che si fanno sempre "conoscere" per questa loro rissosita’. Dimostrera’ soltanto quello ormai hanno capito tutti in Italia e all’estero: che abbiamo un sistema politico che non funziona e che non riesce a mettere insieme una coalizione abbastanza omogenea da durare quanto serve. Ma questa e’ un’altra questione nella quale siamo ormai tutti superesperti, seppure impotenti.

 


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