"Yankee go home: uno slogan da
dimenticare"
Luigi Colajanni* intervistato da Marco Calamai
Articoli collegati:
Perche' sulla guerra
i cuori sono divisi
"Yankee go home:
uno slogan da dimenticare"
Fini e' pronto ad
appoggiare D'Alema
Sondaggio/La guerra e
gli italiani: a favore o contro?
Kosovo/Tutte le foto
"ufficiali" della guerra, il punto di vista americano e quello serbo
Letti per voi/La scacchiera
dei massacri
Letti per voi/La guerra
non e' mai santa
In un suo recente articolo
(lUnità, 24 marzo ´99 ) lei solleva un problema di fondo che lei stesso definisce
"etico-politico": la necessità di intervenire militarmente nelle situazioni
estreme quando, come nel Kosovo, sia stata esaurita ogni via diplomatica. E pone
lesigenza che la sinistra faccia un salto di qualità, superando la vecchia
concezione del non intervento in ogni caso.
E ormai evidente che il dovere di ingerenza
umanitaria si è posto in questi anni di transizione verso un nuovo ordine internazionale
come un tema politico-morale decisivo. Il tema è stato posto dalla guerra civile in
Ruanda, dalla lunghissima agonia di Sarajevo e da altre terribili crisi che hanno messo in
evidenza come nel mondo si continuino a violare i diritti umani oltre ogni limite. Si
tratta di una situazione non più tollerabile. Occorre superare il vecchio vincolo della
non ingerenza negli affari interni di un paese. In Kosovo questo limite è stato superato
dalla Nato, che ha compiuto uno strappo politico-pratico prima ancora di aver definito le
regole e le metodologie che devono presiedere alle ingerenza umanitaria.
Eppure, malgrado lintensificarsi del massacro in Kosovo, una
parte della sinistra, insieme a gruppi del pacifismo cattolico e perfino alla Lega di
Bossi, manifesta contro gli Usa e contro la partecipazione italiana allintervento
della Nato a fianco della popolazione albanese del Kosovo. Sembra di stare ancora nella
guerra fredda quando per la sinistra gli americani erano sempre e comunque i
cattivi.
Il punto vero è che nella sinistra , non solo italiana, pesa
unantica storia di rifiuto dellintervento armato, alla quale si somma, in
certi ambienti, un forte antiamericanismo. Noi consideriamo queste posizioni del tutto
sbagliate nel mondo attuale. Per quanto ci riguarda un fatto mi sembra chiaro: di fronte
al fenomeno della pulizia etnica su larga scala nel Kosovo, la maggioranza dei nostri
militanti e dei nostri simpatizzanti reagisce positivamente e condivide, anche se in modo
sofferto, la nostra posizione. Daltra parte la sofferenza è comune a tutti noi. A
nessuno può far piacere la guerra, anche se questa è una guerra di ingerenza per aiutare
le popolazioni colpite da una sanguinosa repressione.
Possiamo affermare che si è attenuato in Italia il pericolo di una
crisi di governo?
Non direi. Credo che nel caso in cui i bombardamenti dovessero durare
ancora a lungo oppure nel caso in cui si ritenesse di passare dallattuale fase a
quella di un intervento sul terreno, avremmo problemi di tenuta della maggioranza
Qui tocchiamo un tema chiave che va al di là dei ritardi di una
parte della sinistra. LItalia viene giudicata da molti come lanello più
debole della Alleanza Atlantica. Come reagirebbe il nostro paese se si dovesse passare
allintervento di truppe Nato nel Kosovo?
Certamente tra gli italiani, in generale e per tante ragioni , esiste
una forte componente pacifista ed io non la considero negativa. Tuttavia non credo che
vada cercata qui la ragione principale per cui lItalia stenta a darsi una politica
estera chiara e netta. Credo che le nostre incertezze siano da collegarsi ad una non
ancora compiuta trasformazione del nostro sistema politico verso un assetto realmente
bipolare. Ciò fa sì che le coalizioni di governo, non importa se di centrodestra o di
centrosinistra, non siano in grado di esprimere posizioni omogenee di politica estera. La
conseguenza è che il nostro paese non è nelle condizioni per compiere azioni di prima
fila. Ogni volta che lItalia vuole fare ciò, si trova scoperta alle spalle. Non
cè dubbio che lattuale coalizione di governo in Italia sia la più fragile
tra quelle dei paesi che partecipano attivamente alle attuali azioni della Nato.
In ogni caso, al di là del sistema elettorale, resta il problema di
una sinistra e anche di un certo mondo cattolico che non capisce o non è in grado di
capire la vostra posizione come partito al governo. In realtà cè un settore della
popolazione che non vuole prendere atto che gli americani non sono più quelli del Vietnam
e della Guerra fredda.
Certo, ci sono ancora residui di antiamericanismo. Io
penso che tra noi e gli americani ci siano forti differenze strategiche, ma sottolineo che
si tratta di valutazioni politiche, non di principio, che riguardano, ad esempio, il modo
di trattare lintegralismo islamico o il modo di affrontare lattuale crisi del
Kosovo. Tuttavia queste differenze non devono fare velo al fatto essenziale e cioè che,
dopo il crollo del sistema sovietico e la fine del mondo diviso in blocchi, gli Stati
Uniti hanno giocato un ruolo determinante nella soluzione di alcuni fondamentali conflitti
.Senza gli americani non ci sarebbe stato lavvio del processo di pace in Medio
Oriente, o gli accordi di pace in Irlanda e in Bosnia. Cè un altro dato importante:
in questo momento gli Stati Uniti non appoggiano nessun regime militare o reazionario e
non sono un ostacolo alla battaglia per laffermazione dei diritti umani. In linea di
principio sono nostri alleati nella lotta per la democrazia.
Torniamo alla guerra. Esiste secondo lei la possibilità che si
decida, ad un certo punto, linvio di truppe Nato in Kosovo?
Allo stato attuale un intervento sul terreno è escluso da tutti i
paesi che hanno partecipato allazione. Nessuno è nelle condizioni di decidere una
cosa del genere. Neanche gli americani, che vedrebbero bocciata la decisione
dellintervento a terra dal loro Congresso.
E se i tentativi di mediazione politica prevedibili nei prossimi
giorni dovessero fallire?
In questo caso sarebbe indispensabile una riflessione approfondita tra
i Capi di Stato che hanno iniziato lazione militare e che non possono passare ad una
fase diversa del conflitto senza una riconsiderazione dellintera situazione.
Ritiene possibile, da parte dei paesi Nato, una riconsiderazione
dellaccordo di Rambouillet che i serbi hanno rifiutato di firmare?
La condizione per riprendere le trattative è che i serbi pongano fine
ai massacri nel Kosovo. Se ciò avverrà, si andrà ad una nuova fase di trattative. Per
quanto riguarda il tipo di accordo, tocca ora ai serbi, visto che hanno rifiutato
Rambouillet, proporre qualcosa di nuovo.
Per il momento si fa strada nellopinione pubblica la
sensazione che Milosevic non intenda rivedere le sue posizioni, né tanto meno fermare il
massacro etnico in Kosovo.
E vero, ma non dobbiamo sottovalutare i tentativi in corso per
riprendere il negoziato.
E lEuropa? Si ha limpressione, ancora una volta, che sia
incapace di svolgere una propria azione politica autonoma
In primo luogo cè la questione dellONU e della sua
inadeguatezza. Il Consiglio di Sicurezza è paralizzato dal diritto di veto. E´
necessario modificare questo meccanismo. Poi cè ,senza dubbio, il tema decisivo di
una Europa che deve dotarsi di una politica estera e di difesa comuni, con i relativi
strumenti. Il che vuol dire un esercito europeo, separabile ma non separato dalla Nato. La
struttura di questo esercito è stata già definita in tutti i particolari. Ora si deve
solo prendere una decisione politica. Inoltre lEuropa deve darsi una strategia
comune per quanto riguarda il futuro assetto dei Balcani. E decisivo che
lEuropa sappia proporre una prospettiva di pace e stabilità a questa regione, di
cui il Kosovo rappresenta in questo momento il punto più drammatico ma non certo
lunico problema.
A proposito del Kosovo, si parla in questi giorni della possibilità
di una separazione di questa provincia. Secondo alcuni osservatori sarebbe questo
lobiettivo di Milosevic. Il Nord andrebbe alla Serbia e il Sud si ricongiungerebbe
alla Albania. Potrebbe essere questa una ipotesi da prendere in considerazione in
alternativa a Rambouillet?
Non spetta a noi proporre nuove soluzioni. I serbi, in ogni caso,
stanno procedendo ad una sorta di spartizione militare del Kosovo. Penso che questo
elemento, quando si riprenderanno le trattative, peserà nel negoziato. Comunque, per
quanto ci riguarda, è prematuro dire quali saranno le possibilità di accordo.
*Eurodeputato e responsabile per la politica estera dei Democratici di
sinistra
Articoli collegati:
Perche' sulla guerra
i cuori sono divisi
"Yankee go home:
uno slogan da dimenticare"
Fini e' pronto ad
appoggiare D'Alema
Sondaggio/La guerra e
gli italiani: a favore o contro?
Kosovo/Tutte le foto
"ufficiali" della guerra, il punto di vista americano e quello serbo
Letti per voi/La scacchiera
dei massacri
Letti per voi/La guerra
non e' mai santa
|