Cultura della legalità, sviluppo economico,
sicurezza dei cittadini e funzionamento delle istituzioni. Dal circolo vizioso al circolo
virtuoso
Ernesto U. Savona*
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Cultura della legalità, sviluppo economico, sicurezza dei
cittadini e funzionamento delle istituzioni. Dal circolo vizioso al circolo virtuoso
Come i giornali trattano la criminalità/Intervista a
Alessandro Curzi, direttore di "Liberazione"
Come i giornali trattano la criminalità/Intervista ad
Antonio Di Rosa, vicedirettore del "Corriere della Sera"
Come i giornali trattano la criminalità/Intervista a
Paolo Gambescia, direttore dell'"Unita"
Come i giornali trattano la criminalità/Intervista ad
Antonio Polito, inviato a Londra di "Repubblica"
Relazione presentata al convegno di Società Libera su: Società
Libera, Mezzogiorno e Criminalità - Napoli, 13 marzo 1999
INDICE
1. Premessa
2. Il made in Italy della sicurezza prêt a porter
3. Le politiche di controllo penale: che cosa funziona e che cosa non
funziona nei programmi di "tolleranza zero"
4. Quali strategie per produrre prevenzione della criminalità e
ridurre linsicurezza
4.1. La prevenzione della criminalità e le strategie per realizzarla
5. In sintesi: un mix di welfare e controllo penale
6. Applicare questo mix di welfare e controllo penale nel Mezzogiorno
per produrre sicurezza ed innescare il circolo virtuoso
RIFERIMENTI
1. Premessa
Il titolo stesso di questa relazione contiene un assunto,
uninterpretazione, un auspicio ed unindicazione:
- Lassunto è che cultura della legalità, sviluppo economico
equilibrato, sicurezza dei cittadini e funzionamento delle istituzioni sono reciprocamente
collegati in un circolo dove uno dei quattro elementi influenza laltro in maniera
positiva (virtuoso) o negativa (vizioso);
- Linterpretazione dei dati è che in molte delle sue aree il
Mezzogiorno parta da indicatori peggiori del resto dItalia per ciascuno dei quattro
elementi e che questi indicatori tendono al peggioramento;
- Lauspicio è che, se si vuole invertire il circolo da vizioso a
virtuoso, è possibile che sia sufficiente intervenire su uno o più di questi elementi.
La scelta del quale di questi e del come modificarlo dipende dai criteri della sua
fattibilità e del tempo per realizzarla (breve o lungo). Occorrerebbe, cioè, individuare
quel fattore che tra i quattro presenta le maggiori probabilità di successo
nellessere prodotto;
- Lindicazione è che, considerata oggi la situazione del
Mezzogiorno in particolare e la rilevanza che il problema sicurezza ha nella doppia
valenza di macro e micro criminalità, uninversione del circolo da vizioso in
virtuoso e, quindi, un aumento dei livelli di cultura della legalità, sviluppo economico
equilibrato e sicurezza dei cittadini, possa essere innescato da una miscela di Polizia (nel
breve periodo) continuando con Giustizia e Welfare (nel lungo periodo). Perché
partire dagli apparati della sicurezza nel breve periodo? Perché queste istituzioni sono
più riformabili delle altre in tempi brevi e con decisioni centralizzate.
Limportante è avere la volontà politica di aggredire i problemi e la fantasia nel
ricercare le soluzioni più adeguate.
E necessario un avvertimento per spiegare perché in questa
relazione si insisterà molto sugli apparati di sicurezza senza parlare di quelli della
giustizia. E chiaro che lefficacia dei primi, almeno nella loro funzione
deterrente, è subordinata allefficacia dei secondi. Le ragioni riguardano la
fattibilità reale della loro riforma e suoi tempi. Purtroppo la struttura ed il governo
delle istituzioni della Giustizia non permettono, oggi, in tempi brevi una loro riforma in
direzione di una maggiore efficacia (accertamento delle responsabilità, condanna dei
colpevoli) ed efficienza (tempi più brevi e costi inferiori). E questo vale sia per la
giustizia penale che per quella civile, il cui mancato funzionamento ha serie
ripercussioni sui bassi livelli di cultura della legalità.
Questa relazione, partendo dal presupposto che lazione di riforma
nel breve periodo debba partire dagli apparati che producono sicurezza, affronta
brevemente il dibattito sulla sicurezza nel nostro paese, una sicurezza che si svolge
prevalentemente per slogan, e guarda proprio a quegli effetti che le politiche di
"tolleranza zero" hanno avuto in altre esperienze dove sono praticate. Dopo una
valutazione di cosa funziona e cosa potrebbe funzionare per produrre sicurezza, questa
relazione passa ad esaminare il problema nel contesto del Mezzogiorno proponendo due
strategie attraverso le quali si può attivare il circolo virtuoso, del quale si è
parlato allinizio, tra cultura della legalità e sviluppo economico equilibrato.
2. Il made in Italy della sicurezza prêt a
porter
Il problema sicurezza ha due componenti: lammontare di
criminalità esistente e la sua paura da parte dellopinione pubblica. Occorre agire
su entrambe queste componenti dato che oggi esse si muovono con segnali opposti: la
criminalità diminuisce e la sua paura aumenta.
Il dibattito sulla sicurezza in Italia è povero di idee, si muove alla
ricerca di soluzioni prêt a porter da spendere subito nel mercato politico.
Ciascuna delle soluzioni proposte, più che misurarsi con i problemi di efficacia e di
efficienza degli interventi indicati, vuole mandare un segnale rassicuratorio
allopinione pubblica, rischiando alla fine di produrre solo confusione ed un
crescente allarme sociale. Al vuoto di conoscenze su cosa funziona e cosa non funziona si
aggiunge la rigidità organizzativa degli apparati di sicurezza e giustizia.
Le proposte sul piatto diventano spesso frasi ad effetto.
"Tolleranza zero", per esempio, è la più discussa, e i favorevoli ed i
contrari ne vedono soltanto rispettivamente pregi o difetti senza guardare alla
complessità dei problemi dove "tolleranza zero" è una delle moltissime
alternative praticabili a certe condizioni e certi limiti. Anzi proprio lanalisi dei
risultati dei programmi di "tolleranza zero", che producono qualche riduzione
della criminalità nel breve ed il rischio di un ritorno a grandi quantità di
criminalità nel lungo periodo, costituisce una lezione dalla quale imparare.
3. Le politiche di controllo penale: che cosa
funziona e che cosa non funziona nei programmi di "tolleranza zero"
Gli interventi o programmi chiamati "tolleranza zero" partono
dalla teorie del "vetro rotto" (Wilson e Kelling, 1982), secondo le quali aree
urbane disordinate che appaiono fuori da ogni tipo di controllo attraggono la criminalità
violenta, nello stesso modo in cui una finestra con un vetro rotto attrae più pietre di
una finestra sana. Lipotesi che ne discende è che maggiore è il numero di arresti
fatti dalla polizia per piccoli reati, minore sarà il numero di reati gravi (Skogan,
1990). Questa ipotesi è stata reinterpretata in diversi tipi di intervento e
"tolleranza zero" è diventato un concetto di moda con significati diversi da
quello originario. Riguardo agli effetti vanno fatte le seguenti precisazioni:
- il declino della criminalità americana è imputabile più a fattori
demografici e occupazionali che a interventi come "tolleranza zero";
- la valutazione dellimpatto dei programmi di "tolleranza
zero" ha dimostrato che, se è vero che una maggiore attenzione della polizia alla
piccola criminalità riduce la criminalità grave nel breve periodo, ha buone
probabilità di aumentarla nel lungo periodo. E stato dimostrato che
programmi generali di "tolleranza zero" realizzati attraverso arresti in massa
per piccoli reati producono le seguenti controindicazioni:
ß riducono le chances occupazionali e quindi linserimento
sociale dei giovani a rischio (Schwartz e Skolnick, 1963);
ß delegittimano la Polizia sia tra le persone arrestate che nel loro
network familiare;
ß producono effetti criminogenetici, accrescendo la propensione degli
arrestati ad una maggiore violenza domestica ed all'abuso di minori (Sherman, 1993).
Conclusione: "tolleranza zero" funziona solo nel breve
periodo, ma in assenza di altre politiche, rischia di non essere uno strumento efficace.
Nel lungo periodo gli svantaggi sono maggiori dei vantaggi. E questo senza contare i costi
in termini di diritti umani che si pagano subito con la violenza dei metodi utilizzati in
alcuni dei programmi così chiamati.
4. Quali strategie per produrre prevenzione
della criminalità e ridurre linsicurezza
Obiettivo di ogni progetto di sicurezza "serio" dovrebbe
essere quello di realizzare la massima prevenzione possibile a minori costi economici e
sociali nel rispetto dei diritti della persona. Proviamo ad esporre le acquisizioni più
recenti in tema di ricerche sulla prevenzione della criminalità/sicurezza dei cittadini
per cominciare a riflettere seriamente sul problema in Italia. E necessaria
innanzitutto una precisazione sul significato di prevenzione.
4.1. La prevenzione della criminalità e le
strategie per realizzarla
Il concetto di prevenzione della criminalità si presta ad una serie di
interpretazioni e distorsioni e, tra queste, lantica dicotomia tra prevenzione e
punizione. Al di là del dato temporale ante o post delictum, la prevenzione
deve costituire il fine, la punizione uno degli strumenti per raggiungerla. Proteggere i
giovani a rischio di criminalità riducendo questo rischio, mettere le grate alle
finestre, chiudere in carcere un criminale non sono tra loro in opposizione, si tratta di
politiche che tendono a ridurre lammontare complessivo di criminalità agendo su
obiettivi e destinatari diversi, evitando che i giovani intraprendano una carriera
criminale nel primo caso, riducendo le opportunità e quindi il rischio di vittimizzazione
nel secondo caso, e rendendo impossibile la commissione di nuovi reati nel terzo. Per
questo motivo unefficace politica di prevenzione può essere definita come quella
che produce un più basso numero di reati rispetto a quello che sarebbe stato prodotto
senza quella politica. Il che vuol dire meno eventi criminali, meno autori di reati, meno
danni provocati, meno costi di giustizia e meno persone vittimizzate. Il concetto ha delle
inevitabili distorsioni nel suo uso simbolico e si presta a numerose strumentalizzazioni
politiche. In altre parole, occorre ricondurre il concetto di prevenzione a quello di
riduzione della criminalità. "Severità", "afflizione",
"vendetta" sono tutte categorie che esulano da una valutazione accurata di che
cosa funziona e di che cosa non funziona. I criteri sui quali si dovrebbero misurare le
politiche di prevenzione sono quelli dellefficacia e dellefficienza, ambedue
con lunico limite dei diritti della persona (il soggetto criminale) che vanno
comunque tutelati.
Quattro sono le strategie tradizionalmente usate per produrre
prevenzione della criminalità:
1. programmi basati sulle comunità, sia che si tratti di un villaggio,
un quartiere urbano, un vicinato, per lo sviluppo di forme di controllo sociale informale;
2. forme di socializzazione primaria, secondaria, attraverso i media ed
il lavoro per ridurre i processi di esclusione sociale e scoraggiare la produzione di
violenza;
3. riduzione delle opportunità per rendere il comportamento criminale
più difficile, meno profittevole e più rischioso;
4. arresto-condanna-reclusione del criminale con il doppio effetto
della deterrenza psicologica e dellincapacitazione fisica.
Ciascuna delle strategie indicate tocca una o più sedi dove si può
fare prevenzione delle criminalità. Si tratta della Comunità, della Famiglia, della
Scuola, dellAmbiente urbano, del Mercato del lavoro, delle Agenzie di Polizia, della
Giustizia, del Carcere. In questi luoghi si svolgono ruoli diversi: quello di genitore, di
educatore scolastico, di datore di lavoro, quello di commerciante, quello di operatore di
polizia, di giustizia e carcerario, quello di parroco, volontario, assistente sociale e di
cittadino.
5. In sintesi: un mix di welfare
e controllo penale
Riassumendo, queste strategie ed i risultati positivi e negativi delle
loro diverse applicazioni costituiscono una lezione che si può riassumere schematicamente
nella seguente affermazione.
La prevenzione della criminalità e la riduzione della sua paura
tendono ad aumentare quanto ottimale (maggiore efficacia per costi inferiori) sia la
miscela delle seguenti politiche (che possono essere di breve o di lungo periodo):
ß POLITICHE DI WELFARE
dirette alla protezione dei giovani in età a rischio di intraprendere
una carriera criminale (lungo periodo);
dirette alla protezione ed assistenza delle vittime (breve periodo)
ß POLITICHE DI RIDUZIONE DELLE OPPORTUNITA CRIMINALI
dirette a proteggere i beni e le attività dal rischio criminalità
(breve periodo)
ß POLITICHE DI CONTROLLO PENALE DELLA POLIZIA (breve periodo) E
GIUSTIZIA (lungo periodo)
dirette a scoraggiare i potenziali criminali dalliniziare
comportamenti criminali e a impedire attraverso sanzioni appropriate, come la reclusione,
la ripetizione di comportamenti gravi.
Lefficacia di queste politiche tende ad aumentare al
crescere della loro interdipendenza e del loro decentramento nel territorio.
Ricerche svolte dimostrano che interventi mirati in ciascuno dei luoghi
indicati al termine del paragrafo precedente, se coordinati tra di loro, possono produrre
un ammontare crescente di prevenzione della criminalità. E dimostrato, ad esempio,
che il carcere può avere effetti positivi in termini di prevenzione se alluscita il
recluso trova unadeguata e mirata assistenza sociale e un percorso definito nel
ciclo formativo/lavorativo. Spesso la validità di un intervento è legata alla
sussistenza di un altro intervento in unaltra delle sedi istituzionali indicate. Il
circolo famiglia-scuola-comunità è un esempio di molteplicità delle sedi e degli
interventi e della necessità della loro integrazione.
Per quanto riguarda il decentramento sul territorio di queste strategie
va detto che sia le politiche di prevenzione della criminalità che di riduzione della
paura devono avere una dimensione locale. La qualità e la quantità di criminalità nelle
città è diversa dalla provincia e città italiane hanno tipologie di criminalità
diverse tra loro. Ha sempre meno senso parlare di criminalità italiana e sempre più di
criminalità a livello locale: la criminalità di Milano, di Napoli, di Palermo oppure dei
piccoli centri sono diverse e sempre meno comparabili tra di loro.
Se la tendenza è verso la localizzazione della sicurezza a livello
comunale, provinciale, regionale, oggi rimane il problema di quanto lasciare di centrale e
quanto introdurre di locale. Resta il dato fondamentale che nel tessuto istituzionale
italiano le competenze di controllo criminale e di carcere appartengono al governo
centrale (Mercato del lavoro, Polizia, Giustizia, Carcere) ad esclusione della polizia
municipale, mentre quelle maggiormente relative alla sfera del sociale appartengono al
governo locale (competenti per Famiglia, Scuola, Comunità, Ambiente urbano). A livello
locale, meglio che a livello centrale, possono essere intraprese tutte quelle azioni che
devono caratterizzare una politica della sicurezza efficace ed efficiente.
6. Applicare questo mix di welfare e controllo
penale nel Mezzogiorno per produrre sicurezza ed innescare il circolo virtuoso
Ritornando al problema centrale di questa relazione si pone una domanda
alla quale occorre tentare di dare una risposta: come si può innescare il circolo
virtuoso tra cultura della legalità, sviluppo economico equilibrato e sicurezza dei
cittadini partendo da questultima? In questa relazione si prova ad affrontarlo
partendo dal problema sicurezza. Che cosa si può fare e come? Si propongono due strategie
ed relativi obiettivi:
Strategia della legittimazione, cioè la riduzione delle
inefficienze e della corruzione dentro gli apparati della sicurezza al fine di
legittimarli presso lopinione pubblica
I cittadini vogliono sicurezza e pagano per ottenerla. Le
"inefficienze palesi" (i.e. poliziotti addetti a lavori civili di segretariato)
e le distorsioni dellattività principale provocate dalla corruzione hanno un
effetto "onda" producendo un abbassamento della cultura della legalità e, come
conseguenza dellipotesi del circolo vizioso o virtuoso, labbassamento dei
livelli degli altri fattori. Il danno prodotto dalloperatore di polizia corrotto o
dal vigile urbano corrotto che non mette le multe in cambio di favori, o il finanziere che
scambia tolleranza fiscale con favori personali, producono un notevole abbassamento del
livello di fiducia e quindi di cultura della legalità. Ridurre il rischio di inefficienze
e di corruzione deve essere un obiettivo prioritario in quanto presenta le seguenti
caratteristiche: essere fattibile in tempi brevi e a costi bassissimi. Si stanno facendo
alcune cose ma occorre farne di più e in modo diverso. Come?
Sviluppare lattività di Commissioni interne di valutazione
costi/benefici e costi/efficacia e Commissioni interne anti-corruzione. Si tratta di
sentieri oggi praticabili e produttivi, sia amministrativamente che politicamente, di un
impatto positivo nellopinione pubblica in termini di crescita della cultura della
legalità. Requisito fondamentale per innescare il circolo virtuoso dovrebbe essere quello
di rendere pubblici i risultati del lavoro di queste Commissioni, denunciando le
inefficienze e gli episodi di corruzione. Esattamente lopposto di quanto si fa
abitualmente. La denuncia di scandali da parte degli apparati nei quali questi scandali
vengono consumati ha il valore di avvicinare il pubblico a queste istituzioni ed alzare i
livelli di fiducia, presupposti indispensabili per un miglioramento della cultura della
legalità.
Strategia della tutela articolata su tre obiettivi: a) protezione
dei soggetti a rischio di criminalità, b) tutela delle attività economiche a rischio di
estorsione e c) riduzione delle opportunità criminali per combattere la criminalità
organizzata.
Considerato che le risorse sono limitate, la loro allocazione ai
diversi obiettivi di sicurezza sconta gli effetti di trade-off e richiede decisioni
sulle priorità. Le alternative sono numerosissime. Se ne elencano soltanto alcune.
Considerato che lo scopo degli apparati di Polizia è quello di
aumentare la sicurezza cioè ridurre la quantità di criminalità prodotta in un dato
luogo e tempo e ridurre la paura della criminalità, questi obiettivi generali possono
essere raggiunti agendo su obiettivi specifici che richiedono azioni diverse con costi
diversi. Ridurre complessivamente il numero dei reati? Oppure ridurre quelli gravi e
lasciare quelli piccoli? Preferire la criminalità organizzata a quella disorganizzata
invogliando la prima a controllare la seconda? Ridurre il numero delle vittime o
lammontare del danno? Sembrano obiettivi simili ma agire su uno non vuol dire
automaticamente riprodurre effetti sugli altri. Quali scegliere e perché?
Nel contesto di questa relazione ci si occupa di quelle strategie che,
producendo prevenzione, sono capaci di innescare, soprattutto nel Mezzogiorno, il circolo
virtuoso del quale abbiamo parlato. Se consideriamo la premessa delle risorse scarse, le
scelte su dove e come allocare in modo ottimale le risorse per produrre sicurezza sono
tante con limbarazzo della scelta. Ma se aggiungiamo la necessità di innescare
leffetto "circolo virtuoso", questa scelta si restringe ai tre obiettivi
prima delineati:
a) la protezione di soggetti deboli a rischio di criminalità:
politiche di welfare (lungo periodo);
b) la difesa delle attività economiche dal rischio di racket:
politiche di controllo penale (breve periodo) e di welfare (lungo periodo);
c) la riduzione delle opportunità criminali per combattere la
criminalità organizzata: politiche regolative (breve/lungo periodo).
Riguardo al primo obiettivo, la protezione dal rischio di criminalità
di soggetti deboli minimizza la possibilità di un loro reclutamento nelle organizzazioni
criminali e quindi le indebolisce. La domanda è: come facilitare la loro opzione verso le
attività legali quando le scarse offerte di lavoro rischiano di essere solo quelle di
attività illegale? La risposta sta proprio in una delle strategie per la prevenzione
della criminalità prima delineate ed il cui impatto positivo sullammontare di
criminalità è ormai patrimonio di conoscenza della ricerca criminologica più moderna.
Si tratta della strategia n. 2 (sopra riportata al par. 4.1), cioè "forme di
socializzazione primaria, secondaria, attraverso i media ed il lavoro per ridurre i
processi di esclusione sociale e scoraggiare la produzione di violenza". E una
strategia che può essere iniziata nel breve ma certamente si avvantaggerebbe
delleffetto "circolo virtuoso" nel lungo periodo. Una strategia efficace
verso gli immigrati come dimostra lesperienza in Svezia, unico paese in Europa dove
la criminalità della seconda generazione di immigrati è inferiore a quella della prima
generazione. Questo accade perché la Svezia ha saputo, meglio di altri paesi, pianificare
e realizzare politiche integrative delle minoranze etniche. Ancora una dimostrazione che
le politiche di welfare, se ben attuate, producono effetti maggiori a costi inferiori
delle politiche penali.
Riguardo al secondo obiettivo, la difesa delle attività
imprenditoriali o commerciali dal rischio di racket, cè il problema di trovare i
rimedi per evitare che la protezione/ estorsione debba realizzarsi, sia rispetto alle
imprese, sia rispetto agli esercizi commerciali. Una grande campagna di
prevenzione/repressione contro lestorsione produrrebbe molteplici effetti su piani
diversi: una ritrovata fiducia delle imprese nelle istituzioni, un aumento della cultura
della legalità, un miglioramento dello sviluppo economico legato alla riduzione del
rischio criminalità percepito dalle imprese. Questa campagna va orientata verso i
seguenti obiettivi che devono essere resi prioritari: distruzione delle organizzazioni
estorsive da una parte e protezione/assistenza delle vittime di estorsioni attuali e
potenziali dallaltra. Le strategie dovrebbero essere le seguenti:
- uno sviluppo dell intelligence strategica e tattica
verso le strutture organizzative dei gruppi criminali e le loro attività estorsive, al
fine di conoscerne il modus operandi e le dinamiche complessive verso le imprese;
- una pianificazione degli strumenti diretti ad ottenere la
cooperazione delle vittime di estorsioni sia delle attuali che delle potenziali vittime,
differenziando i commercianti dalle imprese. Si tratta di dirigersi verso meccanismi che
producano contemporaneamente incentivi individuali alla cooperazione con le attività di intelligence
e solidarietà della categoria di appartenenza (commercianti, artigiani, ecc.). Il
coinvolgimento delle Camere di Commercio può essere utile.
- una sostanziale ridiscussione degli attuali strumenti normativi
contro il racket. Le misure predisposte dalla legge già riformata sulle vittime di
estorsioni serviranno pochissimo come non sono serviti le precedenti. Questa legge non ha
funzionato e non può funzionare in direzione dellobiettivo proposto. I dati
rilevati sul livello del suo utilizzo ci dicono che il fondo di solidarietà alle vittime
dellestorsione non è sufficiente per ottenere la co-operazione delle vittime.
Riguardo al terzo obiettivo, la riduzione delle opportunità criminali
per combattere la criminalità organizzata, occorre una programmazione di una serie di
interventi di tipo riregolativo o deregolativo diretti a ridurre le opportunità di
infiltrazione della criminalità organizzata nelle attività illegali. Esiste ormai un
patrimonio di conoscenze acquisito di come sia possibile combattere la criminalità
organizzata, evitando il ricorso solo agli strumenti del diritto penale ma praticando
anche gli strumenti del diritto amministrativo. Il settore delle licenze commerciali,
quello degli appalti, e delle forniture alle imprese costituiscono aree dove si può
intervenire per accrescere lefficienza e ridurre il rischio di infiltrazione
criminale. Due esempi per tutti: i casi delle forniture di calcestruzzo alle imprese edili
e quello della formazione di cartelli di imprese per la regolazione illegale della
partecipazione agli appalti. In ambedue i casi iniezioni di deregolazione e competizione
avrebbero avuto un impatto molto più efficace del grande spreco di giustizia penale che
in questi casi come in altri si è fatto nel nostro paese. Linsegnamento viene da
esperienze straniere. Negli USA, ad esempio, analoghi casi di monopolio criminale sono
stati affrontati e risolti con strumenti regolativi ad alta efficacia e a bassi costi.
RIFERIMENTI
Schwarz Richard e Skolnick Jerome, "Two Studies of Legal Stigma", in Social
Problems, n. 10, 1962, pp. 133-138.
Sherman Lawrence W., "Defiance, Deterrence, and Irrelevance: A
Theory of the Criminal Sanction", in Journal of Research in Crime and Delinquency,
n. 30, 1993, pp. 445-473.
Skogan Wesley, Disorder and Decline, Free Press, New York, 1990.
Wilson James Q., e Kelling George L., "Broken Windows: the Police anbd Neighbourhood
Safety", in Atlantic Monthly, n. 249, 1969, pp. 29-38.
*Il professor Savona è direttore di Transcrime
(http://www.jus.unitn.it/transcrime), Gruppo di ricerca sulla criminalità
transnazionale (Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Trento).
Transcrime si trova in via Inama 5 - Trento (Italy) Tel. +39 0461
882304 Fax. +39 0461 882303 e-mail: transcri@gelso.unitn.it
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