Come i giornali trattano la
criminalità/Intervista ad Antonio Di Rosa, vicedirettore del "Corriere della
Sera"
Anna Maria De Blasio, Raffaella Fiochi*
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Rispetto a 15 anni fa, come è cambiato il modo di trattare la cronaca nera, in
particolare la criminalità sui quotidiani?
Rispetto a 15 anni fa cè stato un salto di qualità nella trattazione di questa
materia: in passato cera una certa pruriginosità nel raccontare tutti i dettagli
dei delitti, anche quelli più macabri. Oggi invece, almeno al Corriere, si cerca di
evitare quei particolari che possono dar fastidio al lettore e cerchiamo di limitarci a
raccontare la storia dei personaggi, della vittima e di chi le sta intorno. Insomma come
è avvenuto il fatto, senza però entrare in particolari che possono urtare la
sensibilità del lettore.
Una volta il fattore della violenza e della crudezza erano sbattuti sulle prime pagine
dei giornali con maggiore disinvoltura. Adesso invece è difficile che un delitto occupi
lintero titolo di apertura di un giornale come il nostro: a meno che non si tratti
di un avvenimento di grandi dimensioni come un attentato. La cronaca nera in quanto tale
è stata ridimensionata e questo, secondo me, è un fatto positivo. Perché quando si
verifica un fatto violento si cerca sempre di scoprire, di approfondire i dettagli della
personalità della vittima, gli amici che frequentava, in modo da far capire a chi legge
chi era questa persona, da cosa può essre stato causato lomicidio.
Molti quotidiani hanno parlato di Milano come Chicago o Milano Far West: che linea
interpretativa ha assunto il suo giornale nei confronti della criminalità nel capoluogo
lombardo?
Milano come Chicago è un eccesso, anche se nove delitti nei primi nove giorni
dellanno sono una spia molto preoccupante. La linea interpretativa del Corriere è
semplice: innanzi tutto non ha fatto un processo agli immigrati, al contrario di molti che
hanno fatto credere che solo da quel versante arrivi il pericolo criminale. Come si è
visto ed accertato, i banditi che hanno rapinato e poi ucciso il tabaccaio -
lelemento più inquietante di quei nove giorni - erano italiani.
E Milano come vive oggi questo nuovo clima?
Milano vive un momento di grande tensione perché è la città con il più alto numero
di stranieri, buona parte dei quali persone per bene, ma cè una frangia criminale
che viene dallestero e che si somma alle organizzazioni criminali presenti da tempo
sul territorio.
Dai traffici e dalle gestioni degli affari illeciti che possono esserci in città come
questa emerge una miscela esplosiva che può creare delle situazioni delicate, da
affrontare con serenità, ma anche con molta determinazione.
Quanto può influire sullopinione pubblica il peso che i quotidiani danno ad
alcuni fatti di cronaca?
Credo che ogni persona intelligente si formi un giudizio autonomamente dopo aver letto
le cose scritte sui quotidiani o dopo aver sentito ciò che dicono i TG. Però è chiaro
che linfluenza di un quotidiano importante, ritenuto serio ed equilibrato quale il
nostro, è notevole e può orientare lopinione pubblica. Ecco perché bisogna essere
molto responsabili e stare attenti al tipo dinformazine che si fa.

Secondo lei la notizia di un tabaccaio ucciso sarebbe andata in prima pagina quindici
anni fa?
Ci sarebbe andata sicuramente, mentre oggi probabilamente non ci sarebbe andata se non
fosse stato il nono omicidio in nove giorni. Il grande clamore che ha suscitato questa
vicenda non è stato determinato solo da fatto in sé, che era grave, ma soprattutto dalla
frequenza quotidiana di omicidi in una città come Milano, dove da parecchio tempo questo
non avveniva.
Se pensiamo che il dato del 1998 per questa città è di 35/40 omicidi in un anno, nove
omicidi in nove giorni allinizio del 1999 sono un dato preoccupante. Ed è un
fenomeno che per fortuna adesso si è fermato. Però i fatti sono stati così violenti,
frequenti e drammatici, che hanno destato molta preoccupazione: quindi la prima pagina era
dobbligo.
Si può ipotizzare che tutta questa attenzione dei quotidiani sulla violenza, sulla
criminalità, sia dovuta ad unassenza di notizie rilevanti in questo momento?
No, questa è la cosa che dicono sempre i giovani politici quando si pubblica qualcosa
che dà fastidio .
No, perché è chiaro per qualsiasi persona intelligente che nove omicidi in nove
giorni a Milano sono un dato preoccupante. E lo dimostra il fatto che qui sono venuti
subito il Ministro dellInterno e il Presidente del Consiglio. Inoltre il Governo si
è preoccupato di intervenire immediatamente sperimentando una cosa che dovrebbe essere
provata in tutto il Paese, cioè lunificazione delloperatività delle forze di
Polizia: per cui chiamando i numeri 112-113 c'è un centralino che fa intervenire la
volante più vicina al luogo dove è avvenuto il fatto. Un esperimento importante affichè
le Forze dellOrdine collaborino tra di loro e non siano in competizione.
Cè un caso che lei ha seguito in passato e che oggi tratterebbe e
collocherebbe in maniera diversa sul giornale?
Possono essercene diversi, anche perché in passato ho fatto anchio il cronista e
quindi il mio lavoro era quello di raccontare il fatto. Ma la collocazione era decisa dal
Vice Direttore, dal Caporedattore o dal Direttore del giornale. Quindi non sono in grado
di fare questo parallelo: quindici anni fa non era mia competenza decidere la collocazione
o meno in prima pagina.
Se e quando, secondo lei, i mezzi di informazione devono esercitare il black-out
informativo per i fatti di cronaca?
Mai, assolutamente mai. Sarebbe un segnale negativissimo per qualsiasi democrazia. Il
black-out per linformazione significa auto-censura e questa non può essere una
parola accettabile per chi fa questo mestiere. Il giornalista deve essere equilibrato e
valutare bene ciò che scrive, ma non deve mai autocensurarsi. Non parlare di certi
argomenti perché si potrebbe incentivare il fenomeno dellemulazione dell
criminalità, come molti affermano, è un errore. Ed è una cosa grave per il mondo
dellinformazione e inaccettabile per noi giornalisti.
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Antonio Polito, inviato a Londra di "Repubblica"
*Studenti del corso Teoria e tecnica del giornalismo dell'Universita' Roma 3 |