Come i giornali trattano la
criminalità/Intervista ad Antonio Polito, inviato da Londra di "Repubblica"
Isabella Angius, Ilaria Marchetti*
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Come i giornali trattano la criminalità/Intervista ad
Antonio Polito, inviato a Londra di "Repubblica"
Parliamo dei fatti criminali delle prime due settimane di quest'anno a Milano. Secondo
lei i giornali hanno creato un ingiustificato allarmismo contro gli immigrati per ciò che
riguarda la criminalità e la microcriminalità?
Non credo sia vero che i giornali si siano occupati in questi ultimi tempi di cronaca
nera con una attenzione che non avevano avuto in passato. Se per cronaca nera vi riferite
al singolo delitto, è un genere trattato da sempre, che fa tuttuno con la storia
del giornalismo popolare. Se invece vi riferite ai fenomeni sociali di criminalità
diffusa, non credo sia tutto frutto del potere di agenda dei giornali. La verità è che
un fenomeno veramente nuovo esiste: le statistiche possono accertare che il numero di
episodi di cronaca nera non è radicalmente cambiato rispetto a 15-20 anni fa. Ma di certo
è mutata la qualità dal delitto. Il delitto compiuto da un immigrato, magari
clandestino, è un fatto socialmente nuovo. La difficoltà per un paese nasce quando si
trova a dover convivere con sacche di criminalità endogena, per giunta non controllata.
Questa è una novità e mi sembra normale che i giornali se ne occupino con grande rilevo.
Ma da come sono state presentate le notizie è sembrato che il nostro Paese si fosse
trovato a dover fronteggiare il problema dellimmigrazione e della criminalità ad
essa collegata per la prima volta.
E evidente che non è così. Indubbiamente lItalia è un Paese che conosce
da tempo quali sono le zone del territorio controllate da forme di criminalità
organizzata: non deve sorprendere che in una zona della Campania la gente tolleri di più
lesistenza della camorra che non una banda di albanesi. Il problema è che esiste un
livello di tollerabilità sociale dei fenomeni oltre il quale lopinione pubblica
percepisce il subire uningiustizia.
Ma paradossalmente sono meno tolleranti i cittadini di Milano che non quelli della
Calabria. Basti pensare alle manifestazioni e agli slogan "tolleranza zero".
Ma "tolleranza zero" non è uno slogan riferito agli immigrati, almeno nelle
sue origini: è unidea di fronteggiare la criminalità non tollerando neanche la
più piccola deroga alle regole. Cioè partire dal piccolo teppistello che rompe una
finestra per restaurare un clima di convivenza sociale. Il fatto che le zone più ricche
del Paese reagiscano con maggiore fastidio, è comprensibile perché è lì che il
contrasto è più stridente.
Quindi non si può parlare di una vera e propria tendenza alla spettacolarizzazione:
non è questo il caso in cui le notizie vengono eccessivamente gonfiate o distorte .
Io non dico che non ci siano distorsioni o esagerazioni, lungi da me! E ovvio che
la stampa tende a scegliere la via più facile nel presentare i fatti. Ma i giornali
comunque corrispondono a quello che avvertono che il loro pubblico sente e gradisce. Cioè
il fenomeno di allarme sulla microcriminalità è un fenomeno reale e le enfatizzazioni
dei giornali fondano comunque su un humus condiviso dalla popolazione. Non è seplicemente
una mattana dei giornali che cercano solo di spettacolarizzare: certo la spettacolarizione
cè, ma poggia su un fenomeno esistente, quale è appunto lallarme sociale.
Voglio solo dire che se la tendenza alla spettacolarizzazione fosse campata in aria, cioè
non corrispondente ad un allarme sociale reale, i giornali avrebbero già smesso, perché
i lettori avrebbero segnalato il loro disappunto per questa linea.
Ci sono differenze nel modo di affrontare temi legati alla criminalità fra il
giornalismo italiano e quello giornalismo inglese?
Lattenzione ai fenomeni sociali di criminalità e immigrazione clandestina in
Inghilterra è altrettanto forte che in Italia. Infatti, seppure in maniera e misura
diversa, anche lInghilterra è stata interessata da unondata di profughi
clandestini recentemente. Qui la posizione della stampa è in maggioranza conservatrice,
molto rigida su questi temi. I giornali popolari, compresi quelli di orientamento di
sinistra, sono addirittura più sensibili di quelli italiani riguardo questa materia.
Quindi la tendenza alla spettacolarizzazione cè forse anche di più, perché e più
ampia la stampa popolare.
Ma cè anche un diverso rapporto con gli immigrati ?
Sicuramente. Questo è un Paese che ha conosciuto una prima ondata migratoria dai
Cararibi già 50anni fa. Quindi ha una storia più antica di ondate migartorie
contrassegnata sì da fenomeni di reazioni razziste, ma anche da un processo di
integrazione continuo e, secondo me, di successo. Si trattava però di
unimmigrazione più controllata perché proveniva da colonie dellex-impero.
Quindi era più gestita, non caotica, come quella che avviene in Italia.
Quindi il problema in Inghilterra viene affrontato in una maniera più avanzata?
Certo, e questo vale in parte anche per la Germania. Cioè il problema che qui si pone
è come rapportarsi agli immigrati che già sono qui, ormai anche da due generazioni: dei
britannici a tutti gli effetti. E come se si fossero già costituiti gli anticorpi
del problema, perché la malattia è più antica.
Tornado al problema della presentazione delle notizie, in Italia questa tendenza è
aumentata anche a causa del tipo di informazione che viene presentata dalla televisione.
Anche in Inghilterra la tv ha fatto aumentare nei giornali questo amore per ciò che è
morboso, la ricerca delleffetto, laddove magari non cè?
Non direi. In generale qui cè una differenza nel rapporto tra i vari mass media
in rapporto allesperienza italiana. Ciò che certamente è più spettacolarizzato e
aggressivo è particolarmente presente nella stampa scritta che non nella televisione.
Anzi, questa è più compassata: la BBC in particolare, ma anche la altre TV private.
E difficile che apra una questione centrale per il Paese: in genere è la stampa che
lo fa e poi la televisione la riprende. La televisione inglese è molto meno spettacolare
e spettacolarizzata rispetto a quella italiana.
Di certo in Italia manca un lavoro di approfondimento, di inchiesta, come invece
avveniva una ventina danni fa. Non è solo una tendenza a caricare eccessivamente i
toni, non trova?
Sicuramente uno dei veleni dellinformazione italiana è il modo in cui viene
fatte linformazione televisiva. In generale comunque la carta stampata è più
articolata nella presentazione dei suoi argomenti : articolata nel senso stretto del
termine, cioè presuppone un ragionamento. Anche se vengono utilizzate delle metafore e si
caricano i toni, la carta stampata ha la possibilità di contestualizzare i fenomeni, fare
un rapporto statistico tra i fenomeni criminali tra le diverse città.
Infatti Milano non risulta come la città più violenta dItalia...
Sì, ma ciò non toglie che i milanesi hanno ragione a preoccuparsi se avvengono nove
omicidi in nove giorni. Non è che poiché Milano è statisticamente meno violenta di
altre città, allora non è giustificato lallarme sociale. E i giornali hanno
ragione a parlare di "far west", anche se è sempre opportuno contestualizzare
il discorso, proporre unanalisi del problema.
Ed è proprio questo che manca
Si, direi di sì.
Però indubbiamente cè una subalternità alla televisione: i meccanismi
produttivi tendono ad assomigliarsi.
Sì, daltronde pensate al quotidiano "La Stampa", che ha mutuato due
formule di comunicazione televisiva quali leditoriale francobollo, di sole venti
righe, che non permette lapprofondimento tipico delleditoriale classico, e il
giornalismo didascalia, il racconto di una storia non attraverso le parole, ma tramite
immagini, grafici e fotografie brevemente commentate con piccole didascalie. E
quindi ovvio che si tenda a spettacolarizzare, perché in poche righe bisogna esagerare.
Ma il ruolo dei media non dovrebbe essere anche quello di educare il pubblico ad
approfondire, aiutarlo a capire le cause di fenomeni come limmigrazione e la
microcriminalità? O è unatteggiamento un po paternalistico?
Sì, non condivido lidea di un giornalismo educativo. Mi sembra unidea
oltretutto vecchia. Inoltre leditoria è la produzione di un bene che deve andare
sul mercato. Il successo sul mercato dipende sia dalla sua sintonia con i consumatori, sia
dalla sua autorevolezza. Quindi è evidente che è nellinteresse dei giornali essere
seri e rigorosi nella spiegazione dei fenomeni.
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Antonio Polito, inviato a Londra di "Repubblica"
*Studenti del corso Teoria e tecnica del giornalismo dell'Universita' Roma 3 |