La paura cresce più del crimine
Ernesto U. Savona intervistato da Giancarlo
Bosetti
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La paura cresce più del crimine
Cultura della legalità, sviluppo economico, sicurezza dei
cittadini e funzionamento delle istituzioni. Dal circolo vizioso al circolo virtuoso
Come i giornali trattano la criminalità/Intervista a
Alessandro Curzi, direttore di "Liberazione"
Come i giornali trattano la criminalità/Intervista ad
Antonio Di Rosa, vicedirettore del "Corriere della Sera"
Come i giornali trattano la criminalità/Intervista a
Paolo Gambescia, direttore dell'"Unita"
Come i giornali trattano la criminalità/Intervista ad
Antonio Polito, inviato a Londra di "Repubblica"
La miscela da dare al paziente deve contenere una dose di Polizia, una di Giustizia e
unaltra di Welfare. Il primo ingrediente può fare effetto subito, ma senza gli
altri due non si mette in piedi, nel lungo periodo, quel circolo virtuoso che tiene
insieme le società libere e bene ordinate e che si regge su tre gambe: cultura della
legalità, sviluppo economico equilibrato e sicurezza dei cittadini. Ernesto Savona, di
mestiere criminologo (è ordinario allUniversità di Trento), ha del problema una
visione sistematica e non condizionata dalle tensioni politiche del momento. Al convegno
di Napoli, organizzato dalla fondazione Società libera, proporrà il suo dosaggio ideale
della pozione anticrimine di cui hanno bisogno lItalia, il Mezzogiorno, ma anche
Milano e il Nord. Il professore spiega che è difficile rimettere la discussione sui
piedi, dal momento che "la paura aumenta anche se la criminalità diminuisce".
Questo non è un campo dove valgano solo ragioni aritmetiche, come ora vedremo. E poi il
dibattito sulla sicurezza è, secondo Savona, "povero di idee, si muove alla ricerca
di soluzioni prêt a porter da spendere subito nel mercato politico. Si bada agli
effetti che possono avere segnali rassicuratori per lopinione pubblica, ma si
rischia di produrre solo confusione ed un crescente allarme sociale. Al vuoto di
conoscenze su cosa funziona e cosa non funziona si aggiunge la rigidità organizzativa
degli apparati di sicurezza e giustizia." E si illude chi pensa che la
"tolleranza zero" possa avere effetti miracolosi. Vediamo perchè.

Professor Savona, cè davvero una differenza tra le tendenze oggettive della
criminalità in Italia e la percezione che gli Italiani ne hanno?
È incontrovertibile, sulla base dei dati, che ci sia una diminuzione del fenomeno
criminale ma che la paura aumenti. Lo confermano i dati sulla vittimizzazione. Le ragioni
sono diverse. Prima i media riportavano solo fatti accaduti in un circondario piú
delimitato, oggi un omicidio di Milano può turbare qualcuno a Palermo, un evento di
cronaca in America può produrre impressione fin qua. Cè poi una componente di
pregiudizio razziale, si veda Milano. I nove omicidi dellinizio dellanno sono
dun fatto casuale perchè il numero degli omicidi a Milano è diminuito.
Anche il rapporto 98 del Censis documenta che cè un maggiore allarme generale
anche se questo allarme si riduce quando ciascuno guarda al territorio in cui
effettivamente vive.
Il fatto è che se un tabaccaio viene ammazzato a Milano tutti i tabaccai in Italia
entrano in fibrillazione perchè ciascuno di loro avverte quel rischio come suo.
Statisticamente lammontare di criminalità diminuisce, e con essa anche il rischio,
ma questo non fa diminuire la paura delle categorie piú esposte. Quello della paura è un
meccanismo non sempre razionale. Ricerche americane dimostrano che i settori sociali
piu impauriti sono quelli che hanno minore probabibilità di essere vittima di atti
criminali.
Dal punto di vista dellinformazione sui crimini il mondo sviluppato è tutto
uguale? O ci sono paesi a temperatura piú alta?
La cronaca ha sempre avuto un grande effetto. Oggi lelemento nuovo è che i fatti
della criminalità sono passati dalle pagine di cronaca a quelle della politica. Sia in
Europa che in America questo è diventato un tema politico importante sul quale
presidenti, capi di governo o ministri della giustizia si giocano il posto.
In America non è una novità la politicizzazione della giustizia e delle
responsabilità di polizia, lo è probabilmente in Italia, se circoscriviamo il discorso
alla criminalità comune (diverso il discorso per quella politica, per mafia e
terrorismo).
La criminalità urbana è finalmente diventato un punto dellagenda politica come,
da tempo, lo è in Francia, in Inghilterra e nel Nord Europa a causa di una lunga
parentesi in cui lattenzione dei media era occupata da un altro genere di
preoccupazioni: mafia, terrorismo, tangentopoli.
Veniamo alle sue proposte.
Si tratta di una miscela di welfare e politiche repressive. Le prime producono effetti
sui tempi lunghi, le altre possono funzionare anche subito, ma non ci si può affidare
soltanto a queste seconde; infatti lesperienza di "tolleranza zero"
dimostra che se si agisce solo sulla leva repressiva ritornano nei tempi piú lunghi gli
stessi livelli di criminalità che si credeva di avere eliminato.
Che cosa non funziona nel modo in cui lItalia affronta la lotta alla
criminalità?
Le risorse che abbiamo a disposizione non sono distribuite bene. Cè uno
squilibrio a danno delle grandi città. Il rapporto tra numero di poliziotti e abitanti è
tra i migliori di Europa, ma non si produce una quantità di sicurezza proporzionata. Ed
ancora piú grave è linconveniente che spesso giustamente lamentano i poliziotti:
"Se i giudici non condannano i criminali, noi che cosa ci possiamo fare?". È
una grande verità, dal momento che gli apparati di sicurezza funzionano solo se
funzionano quelli della giustizia.
Ecco i grandi guai italiani allora: squilibri territoriali e guasti della giustizia.
Manca la effettività della punizione. Io arresto il criminale ma se tu non lo condanni
non cè piú il deterrente della pena.
Si può quantificare il malfunzionamento della giustizia?
È dimostrato da risultati di ricerca che lefficacia della sanzione non dipende
dalla sua quantità, ma dalla velocità della sua applicazione. Un anno solo di pena per
un furto? Benissimo ma che lo si sconti veramente e a breve distanza dal furto. È inutile
comminare cinque anni dopo sei anni che il furto è stato commesso. Ampliare la sanzione
penale non serve a niente, se il processo penale dura quattro anni con tre gradi di
giudizio; e con il rischio della prescrizione.
In quale tipo di crimine abbiamo il bilancio peggiore: rapine, omicidi, furti
dauto, dappartamenti?
La piccola criminalità ha oggi un trattamento che rasenta la impunità perchè di
fatto la pena comminata non viene applicata. Diamogli trenta giorni di carcere, se
dobbiamo dargli il carcere, ma che sia carcere. Gli arresti domiciliari e cose del genere
funzionano molto poco come deterrenti.
Ci sono reati di diversa gravità, dal piccolo furto alla rapina a mano armata, magari
con il morto. Come vanno le cose nei diversi campi?
Questa criminalità piú pericolosa è statica, non è in aumento, ha un andamento
ciclico in rapporto alla ricchezza del paese e ai livelli di disoccupazione. I dati
americani per esempio dicono che la diminuzione della criminalità dipende da ragioni non
imputabili alla "tolleranza zero", che non cè dovunque, ma da alcune
variabili concomitanti: la diminuzione della disoccupazione e soprattutto dal fatto che i
giovani tra i 15 e 25 anni sono diminuiti a causa dello sboom demografico.
Ma la "tolleranza zero" è stata veramente applicata da qualche parte?
Ci sono tanti diversi programmi da molto tempo che portano il nome di "tolleranza
zero", che significa fondamentalmente partire dalla piccola criminalità e applicare
un metodo rigido mettendo in carcere i borseggiatori della metropolitana. La tesi e
che facendo cosi si riesce a diminuire lammontare della criminalità violenta.
È stato misurato limpatto di questi programmi ed i risultati sono semplici:
funziona nel breve periodo, nel lungo ritorna tutto come prima.
E perchè?
Perchè scatta una tensione che riduce le possibilità di occupazione per i giovani a
rischio, perchè si delegittima la polizia sia tra le persone arrestate che nella rete dei
rapporti famigliari, perchè si accresce la propensione degli arrestati ad una maggiore
violenza. Los Angeles non ha tolleranza zero, New York lha applicata: e si è visto
che la criminalità a Los Angeles è diminuita nella stessa percentuale di New York.
Quindi non è neppure la soluzione per noi?
Noi labbiamo importata nella nostra discussione in modo talmente schematico che
non fa giustizia neanche a quelli che lhanno applicata effettivamente. Alcune cose
andrebbero anche bene, ma mescolate con altri elementi di terapia sociale. Se vogliamo
effetti nel lungo periodo, non funziona.
Una politica della sicurezza deve affrontare anche la questione immigrati?
Certo. Ed il mix tra politiche di welfare e controllo penale funziona anche per
limmigrazione. Ne è una prova la Svezia, lunico paese in Europa dove la
seconda generazione di immigrati commette meno reati della prima, perchè è il paese che
ha pianificato politiche di integrazione sociale degli immigrati molto piú di altri come
la Germania o lInghilterra. Il che vuol dire che il welfare paga se bene orientato.
Integriamo gli immigrati, usiamoli come forza lavoro e avremo anche una riduzione dei loro
comportamenti illegali.
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