Una settimana in chat 
           
           
           
          Sara Selva 
           
           
           
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          Entrare in una chat con un nick femminile - il nick è lo pseudonimo -
          e veder apparire sul proprio schermo un'infinità di finestre con
          proposte di conversazioni più o meno indecenti è tutt’uno. Per
          visitare con calma e curiosità una chat, e parlo di quelle generiche,
          quindi non a tema sessuale, occorrono due cose: la prima è la
          resistenza al disgusto che provocano alcune domande irripetibili, con
          le quali vieni salutata, la seconda è una grande abilità nel far si
          che queste richieste di conversazione non interrompano il viaggio o la
          conversazione che stai facendo. 
           
          La storia è completamente diversa se entri con un nick maschile: in
          quel caso nessuno sembra accorgersi del tuo ingresso. Quando decido
          che la mia curiosità passiva è soddisfatta, dopo aver girovagato per
          un po’ nella chat senza attivare conversazioni, decido di non
          rispondere alle chiamate ma di chiamare io. Seleziono una persona
          della mia età di sesso maschile che segnala argomenti di
          conversazione a me noti, sono sorpresa dalla gentilezza e dalla
          facilità con cui riesco a parlare con lui, facilità che mi si
          ripresenta nelle conversazioni successive ma non con la stessa carica
          di simpatia. 
           
          Sono incuriosita dall’enorme differenza di espressione delle persone
          che contatto, a giudicare dalle frasi che continuano ad arrivarmi con
          proposte di conversazione. La prima persona a cui decido di rispondere
          ha un nick particolarissimo, mi ricorda un romanzo che mi è piaciuto
          molto e non sbaglio infatti la scelta dello pseudonimo, che nasce
          dalla mia passione per la letteratura yiddish. Comincio a rispondere
          anche a messaggi con nick meno delicati e con messaggi imbarazzanti e
          superata la prima battuta scompare l’aggressività e mi ritrovo a
          conversare con persone che più di ogni altra cosa vogliono
          raccontarti la loro vita. 
           
          Questa è la mia impressione sicuramente casuale, io non possiedo la
          Webcam, che è uno degli strumenti preferiti per il cybersesso, e
          comunque non mi dichiaro poi così disponibile. Finalmente mi faccio
          coraggio ed entro nelle stanze a tema dichiaratamente sessuale: ce ne
          sono parecchie, alcune mi sembrano frequentate da ragazzi molto
          giovani e il sospetto che possano essere minorenni mi mette a disagio
          a tal punto che nonostante sia curiosa di natura non riesco a
          rimanerci. 
           
          Giro per stanze che hanno nomi con riferimenti sessuali ed espressioni
          spesso da caserma, ho delle sensazioni di trovarmi in un cesso
          pubblico o alla stazione, insomma in luoghi di rimorchio squallido e
          povero, finchè non approdo ad una stanza di sesso estremo: in gergo
          si chiama bdsm, che scopro voler dire bondage,
          dominazione-sottomissione e sado-maso. Il nome della stanza è
          esplicito ma educato e all’ingresso è richiesta proprio educazione. 
           
          Noto subito una grande allegria, sono spettatrice passiva finchè non
          incontro in privato R. - maschio, 48 anni - che dopo un po’ mi
          inserisce nella stanza pubblica. E' un po’ come entrare in un
          salotto e scambiare opinioni, che dico, non opinioni: è uno scambio
          di battute educate ma goliardiche divertente tutto sommato e lo sfondo
          è la sessualità, ma è chiaro che si potrebbe parlare di calcio, di
          Ferrari o dell’ultimo film d’autore. 
           
          R. mi presenta altre persone, con cui scambio qualche battuta e che si
          dichiarano disponibili a parlarmi del loro rapporto con la chat e il
          sesso. Conosco D. - femmina, 35 anni - che mi racconta di come sia
          arrivata per caso in questa stanza e avendo trovato un ambiente
          simpatico e con pochi tabù ci sia rimasta, infatti è li quasi ogni
          sera. Stranamente mi intimidisco - e mi dispiace, perché è veramente
          simpatica - e non le chiedo che influenza ha nella sua vita sessuale
          questo gioco, cosa che invece riesco a chiedere con più semplicità a
          P. - 41 anni, maschio - che da buon hombre latino esordisce dicendo
          che la chat è un luogo dove si incontrano molte donne disposte a fare
          sesso, sesso estremo, e che lui è proprio per questo che la
          frequenta. 
           
          Altro che cybersesso, la chat per lui è un’occasione per fare
          conoscenze reali. Gli chiedo se ha amici maschi in chat, risponde no;
          amici veri, quelli coi quali condividere tutto? No, ma ha incontrato
          un paio di persone fidate con cui ha del feeling, è li la
          condivisione sulla propria esperienza sessuale è un grande
          trade-union. Cosa trova P. in chat che non trova nella vita reale? È
          più facile, l'approccio è immediato, si possono esprimere
          francamente desideri o preferenze, cosa che nella vita non si fa. Mi
          chiede come reagirei se ad una festa qualcuno mi chiedesse
          esplicitamente se mi piace essere legata, se preferisco essere
          frustata e altre amenità del genere: be', capisco immediatamente. 
           
          R. invece si trova bene in chat perchè la Rete è fruibile in
          qualsiasi momento e da qualsiasi posto, e offre la possibilità di
          interagire con persone geograficamente e socialmente lontane. Ma,
          chiedo, il sesso quanto influisce? È un argomento simpatico che
          usualmente non viene trattato liberamente, senza volgarità, come
          accade qui, mi risponde. Poi aggiunge che di tanto in tanto capita un
          incontro reale e che la cosa non è disprezzabile. 
           
          M. - femmina, 40 anni - è entrata in chat in seguito alla separazione
          dal marito e ha usato il tempo passato alla tastiera - e anche alcune
          forme di sesso virtuale - per annientare il dolore dell’abbandono.
          E' approdata a questa stanza perchè curiosa e per un'intuizione: “poter
          comprendere qualcosa di rimasto inespresso tra lei e il marito”. L’ha
          compreso, anche se non le è servito per riconciliarsi, e ora
          sicuramente è più tranquilla e non usa più la chat come anestetico,
          ma ci torna di tanto in tanto per salutare degli amici con i quali ha
          ritrovato un senso di allegria. 
           
          Infine quando sto per concludere il mio giro vengo chiamata da A; che
          ha un nick esplicito e usa il mio nome, quindi mi conosce, si scusa
          per il nick, è il ragazzo timido amante della buona letteratura,
          certo se una settimana fa mi avesse chiamato con quel soprannome non
          gli avrei risposto, e allora visto che si è scoperto chiedo anche a
          lui, cosa trova in queste chat? Lui mi racconta di non essere un
          frequentatore abituale, entra con il nick esplicito solo se, come in
          quel momento, ha bisogno di recitare un ruolo e prova a farlo anche
          con me. E' indubbiamente molto persuasivo, ma io non riesco a
          partecipare a questo gioco e allora cambiamo argomento. 
           
          Delle chat, A., come P., apprezza il vantaggio di poter parlare
          esplicitamente, ma forse perchè più giovane - ha 29 anni - riconosce
          anche un grande valore terapeutico all'incontro in Rete protetto
          dall'anonimato, un'uscita dall'isolamento utile per la condivisione ma
          anche per la consapevolezza di sé. Una consapevolezza che si esplica
          attraverso l'incontro con l'altro che è anche incontro con se stessi
          attraverso una pratica ormai poco usata: la scrittura. A. sembra
          descrivermi le dinamiche dei gruppo di auto-aiuto, e infatti non a
          caso gruppi come gli Alcolisti Anonimi, oltre alle riunioni reali,
          fanno ormai da anni, soprattutto negli Stati Uniti, riunioni in chat. 
           
           
           
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