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Il craxiano irriducibile


Nicola Zoller

 

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Rovereto, 20 gennaio 2000
Per caffeeuropa@caffeeuropa.it
con preghiera di pubblicazione

Craxi come gli antifascisti, in fuga dai tribunali speciali

MORTE IN ESILIO DI UN UOMO LIBERO

Penso alle parole di Mario Soares, il leader più autorevole dell’Europa democratica e antifascista che nel giorno della scomparsa di Bettino Craxi afferma: "Ho sempre pensato che il processo contro di lui fosse solo un processo politico". Altro che "certezza del diritto", altro che "legge uguale per tutti": per Bettino Craxi si sono adottate le procedure cruenti del giustizialismo fazioso, infierendo poi contro di lui con rilievi gretti e conformisti quali quelli di essersi sottratto - rifugiandosi ad Hammamet - a cotanta "giustizia" sommaria.

Nel settembre 1998 scrissi per l’Avanti un articolo citando una rubrica della rivista "Internazionale" curata da Anne Hanley. Sotto il titolo "Memoria selettiva tra Venezia e Hammamet" costei raccontava di un suo colloquio con Bettino Craxi ad Hammamet e così concludeva: "Ho osato dirgli che c’era poco di onorevole nel fuggire, nel non rispondere davanti alla giustizia, nel non rimanere sul posto per dimostrare la propria innocenza...". Dopo la morte di Craxi, abbiamo dovuto ancora registrare appunti analoghi da parte dell’editorialista Sergio Romano e di altri commentatori.

Ora, le considerazioni della Hanley e di Romano (e, beninteso, della vasta platea di italici filistei, che saranno comunque pronti a cambiare opinione se appena mutasse la direzione del vento) sarebbero accettabili se nell’ Italia degli anni ’90 ci fosse stata una condizione democratica normale. Ma era ‘normale’ una situazione in cui si commettevano - stando alle parole non di un estremista ma di un mite liberale come Piero Ostellino - cose "abominevoli dal punto di vista dello Stato di diritto"? ( si veda il suo articolo sul Corriere della Sera del 26 settembre 1998). Era ‘normale’ una situazione in cui l’ex presidente della Corte costituzionale, Antonio Baldassarre, dichiarava che "certi comportamenti dei magistrati fanno a pugni col diritto costituzionale, che sancisce il diritto a un processo giusto e alla difesa" ? (si legga la sua intervista al Corriere della Sera del 17 settembre 1998).

Domando ancora se era ‘normale’ una situazione in cui perfino l’ex magistrato on. Violante poteva dichiarare - il 2 luglio 1998 - che "l’azione penale, in Italia, è assolutamente discrezionale"? Basterebbe anche ricordare che in precedenza il giudice di Firenze, Sebastiano Puliga, aveva messo per iscritto (il 3 giugno 1997) la seguente constatazione: "l’azione penale è lasciata alla discrezione del pubblico ministero che sceglie di quale reato occuparsi, commesso da chi e quando, prelevando la notizia di reato tra le centinaia a disposizione"; mentre il procuratore Carlo Nordio (il 18 agosto 1997) aveva ulteriormente precisato: "L’azione penale...di fatto è oggi arbitraria; formalmente obbligatoria, tutti devono indagare su tutto, in realtà uno indaga come, quando e dove vuole".

Azione discrezionale..., arbitraria: la tirannia inizia e si consolida quando le regole (ad esempio l’articolo 112 della Costituzione, il quale prevederebbe che l’azione penale sia obbligatoria, cioè uguale e rigorosa per tutti) sono applicate in modo, appunto, "discrezionale" e " arbitrario" dagli stessi tutori delle regole. Il fascismo per infliggere agli avversari una ‘giustizia faziosa’, aveva istituito un ‘Tribunale speciale’, al quale cercarono più che onorevolmente di sottrarsi molti leader democratici italiani, ‘fuoriusciti’ all’estero. Altri furono aiutati ad evadere dal carcere. Naturalmente anche allora, fior fiore di gerarchi, sbirri, pensatori, popolo grasso e minuto si sbracciarono nel chiedere segregazioni esemplari.

Craxi è stato in questi anni di presunta ‘rivoluzione morale’, il leader democratico italiano più bersagliato e privato di difese istituzionali (un altro leader, Giulio Andreotti, pur sottoposto ad un mega-processo a Palermo e a Perugia, restava pur sempre un senatore a vita della Repubblica, aderente al PPI, secondo partito della maggioranza governativa, ed ha goduto costantemente dell’appoggio vaticano oltre a quello delle istituzioni italiane: nel giorno del suo 80° compleanno - quando si trovava ancora sotto il peso delle accuse smisurate di assassinio e di mafia - venne omaggiato da tutto l’establishment parlamentare, governativo ed editoriale).

A proposito del segretario socialista, pochi ricordano, o vogliono ricordare, che a detta dello stesso procuratore aggiunto di Milano, Gerardo D’Ambrosio, "la molla di Bettino Craxi non era l’arricchimento personale, ma la politica"(si veda l’intervista al giornale Il Foglio del 23 febbraio 1996). E invece si è fatto percepire l’opposto, attraverso una campagna raccapricciante da parte di avversari tanto ostili quanto ipocriti. Quegli stessi avversari infatti si finanziavano ben più corposamente del PSI e nel contempo ebbero l’impostura - che Craxi da schietto democratico non ha avuto - di negare che la politica ha dovuto anche ricorrere a finanziamenti ‘aggiuntivi’ rispetto a quelli ufficiali. Di Craxi hanno fatto il capro espiatorio della loro cattiva coscienza (ed ora magari piangono lacrime da coccodrillo), adoperando metodi sommariamente illiberali per colpirlo. Per questo l’onore non solo di Craxi ma emblematicamente di tutti i veri democratici è stato meglio difeso con il reciso rifiuto della dispotica gogna carceraria alla quale avrebbero voluto sottoporlo nella patria perduta. Egli è morto da uomo libero. Ciao Craxi, viva la libertà.

 

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