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Il virus impotente


Michele Serra

 

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Questo articolo è apparso su la Repubblica (www.repubblica.it) del 2 gennaio

Tutti sanno accendere la luce, pochi sanno fare un impianto elettrico. Non è diverso per l'elettronica, figlia leggera e impalpabile dell'elettricità, cento volte più stupefacente ma mille volte più sfuggente. Si clicca che è una meraviglia, ma il funzionamento dei computer e delle loro minutissime interiora è nelle mani di una casta di sapienti.

Per sapere quanto vorace o sdentato fosse il famoso Baco della Mezzanotte, abbiamo così dovuto attendere la prova empirica, confidando nell'ombrello protettivo che i vari comitatoni nazionali ed esteri garantivano di averci aperto sulla testa. Noi italiani, poi, eravamo già stati degradati (dagli americani, ossessionati dai batteri elettronici tanto quanto da quelli biologici) al ruolo di retrogradi improvvisatori, impreparati al micidiale attacco. L' anello debole della catena globale, il luogo più probabile di un cortocircuito che avrebbe poi bruciato anche i fili altrui. Poi non è successo niente. Tranne un mezzo macello alla Stazione Termini, però provocato, dicono, non dai microchips infartuati ma da una macrofolla gagliarda, antica e sanissima che ha ingorgato i binari per un traffico concentrato, e malamente concertato, di auguri, panettoni e spumanti da smistare per l'Italia.

Ora, da quegli utenti oscuri e all'oscuro che siamo, sappiamo già di non poter sapere se il Millennium Bug è stato scongiurato dalla previdenza dei nostri capi informatici o dall'inconsistenza di un pericolo sopravvalutato. E se da entrambe le cose, da quale in maggior misura. Questa incoscienza, possiamo mettere in archivio. Dipendiamo da sistemi tecnologici la cui robustezza, grande o piccola che sia, ci sfugge. E spesso, a giudicare dai segnali discordi che ci arrivano da chi se ne intende, sfugge anche a chi se ne intende. Ci portiamo nel Duemila, intatta, una sudditanza culturale che davvero ci apparenta, mutati i tempi e le condizioni, ai nostri avi dell'anno Mille.

Se allora fu la teologia la disciplina tra le cui pieghe leggere il caos, lo sprofondo, l' avvento di Satana, oggi è la tecnologia il sovrastante ordine che minaccia disordine. Colpiva assai, nei giorni e nei mesi scorsi, cogliere nei dispacci di allarme, nelle raccomandazioni e financo nelle spiegazioni una definizione alquanto incerta, e molto soggettiva, dei pericoli in divenire.

Convinti che, trattandosi di tecnologia, la base delle previsioni non potesse essere che scientifica, e oggettiva, scoprivamo invece che di questo fottuto Baco ogni analista, ogni sapiente dava una descrizione difforme, proprio come negli antichi bestiari. Locusta, piranha, orco, virus, scarrafone, o malattia mentale dei cervelli elettronici nostri infidi servi, come una schizofrenia (oggi non è oggi, è ieri) o una psicosi (sono Napoleone e dichiaro guerra al mondo). Ci siamo sentiti ignoranti. E da bravi ignoranti, superstiziosi, in balia dei fantasmi più inverosimili, timorosi di untori appestanti, di maledizioni meritate per aver tirato troppo la corda della conoscenza. Squattrinati davanti a Bancomat resi sordomuti dalla folgore, senza nome e albergo come gli scomunicati.

Gore Vidal, nei giorni scorsi, ha scritto per questo giornale un magnifico trattatello per sostenere, vichianamente, che siamo nel corso (ricorrente) del caos, ma che dobbiamo tenercelo stretto perché dopo ogni caos arriva (ricorrente) un evo teocratico a rimettere le cose a posto, con pessime maniere e a scapito della libertà. Ma forse - ho pensato - i nostri tempi sono così accelerati, e compressi, che caos e teocrazia sono costretti a convivere e sopportarsi. La tecnologia potrebbe essere, per dire, teocratica e caotica nel tempo stesso. Un' entità superiore da onorare senza discutere, dalla quale dipendere, dalla quale ricevere gli ordini e addirittura l'Ordine (i francesi, più affezionati di noi alla lingua madre, chiamano il computer "ordinateur"). Ma che contiene in sé, come rimedio e contrappeso, anche una sana vocazione al caos, all'imperfezione, al difetto, al contrordine. Così basta l'idea di un Baco, generato da una sbadataggine da scuola materna (non saper leggere una data), a sconnettere la fiducia cieca nella scienza, a far balenare lo spettro del freddo e del buio, insomma a ridimensionare su scala umana la divina perfezione dei computer. Credevamo fosse un virus, forse era solo un benefico anticorpo. Auguriamocene degli altri: aver paura aiuta a stare svegli, aguzza l'ingegno e insegna a diffidare della troppa fede.

 
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