Questo articolo è apparso sul Corriere
della Sera (www.corriere.it) del 3 gennaio 2000
Inaugurato l'anno dei tre zeri, dopo una lunga disputa rimane diffusa l'asserzione che
siamo già nel terzo millennio. Lo proclamano le pubblicità, secondo il precetto che
l'esagerare fa sempre vendere. Lo ripetono spesso i telegiornali, recidivi nell'incuranza
del controllo sulle parole. Lo credono i teledipendenti, con sonnambolica passività verso
l'audio. Per chi poi è suggestionato dai tre zeri, o vuole sentirsi testimone d'un evento
straordinario qui e subito, serve a poco la persistenza di voci autorevoli
nell'argomentare che fino al Capodanno 2001 siamo ancora nell'ultimo secolo del secondo
millennio.
Eppure, come ricordano gli storici del calendario, gli anni a partire dalla nascita di
Cristo si contano dal primo compiuto, anche se la datazione della natività è
convenzionale. Concorda lo stesso programma del Giubileo, curato dagli scrupolosi uffici
vaticani, poiché già nella lettera apostolica del '94 veniva usata l'espressione
«grande Giubileo conclusivo del secondo millennio». Pareri conformi vengono
dall'Osservatorio di Greenwich, così come dalla Biblioteca del Congresso di Washington.
Può bastare o lasciamo perdere?
Ma se neanche ci s'intende sul calendario, chissà poi come si potrà discutere sulle
questioni più complesse dei prossimi tempi. Esempio, le prospettive del Terzo mondo, a
cominciare dall'India, che ha superato il miliardo di esseri umani. Può raggiungere
modelli di produzione o consumo simili a quelli occidentali, a parte ogni altra
difficoltà, senza compromettere l'intera ecologia planetaria? Ecco forse perché ora,
dopo mezzo secolo, è caduta in disuso l'espressione «in via di sviluppo». Rimane, quasi
per l'intero mondo superpopolato, il «sottosviluppo» ancorché mitigato, mentre non è
verosimile che l'Occidente industriale possa o sappia recedere ormai dalle sue condizioni
economiche malgrado qualsiasi appello all'austerity e all'etica della limitazione
gandhiana o swadeshi.
Altra questione drammatica, per il nuovo secolo, è l'immigrazione di massa
dall'emisfero meridionale a quello settentrionale. Realpolitiker che si reputano
lungimiranti, o semplici fatalisti e provvidenzialisti, considerano ineluttabile non meno
che incontrollabile una continua dilatazione del fenomeno trasmigratorio. Eppure i dati
geoeconomici presentano limiti oggettivi per i flussi dal Sud America, dall'Asia e
dall'Africa verso il Nord America e l'Europa occidentale, nell'impossibilità di
rivolgersi alla Cina e all'India come all'iperpopolato arcipelago nipponico e alle gelide
steppe russe. Poiché la popolazione mondiale ha superato i sei miliardi e ancora
prolifera, senza credibili progetti alternativi per la sussistenza del Terzo mondo la
trasmigrazione senza fine pare semplicemente impossibile.
Ancora una questione inquietante coinvolge poi la dottrina cattolica ufficiale, come
quella islamica, in materia di demografia e trasmigrazione. Per quanto ci riguarda basta
ricordare che il Papa, evocando in occasione del «grande Giubileo» l'universalismo
cattolico, invoca «una grande apertura» verso genti e culture del mondo intero e persino
una sanatoria per tutta l'immigrazione clandestina. Con l'ansia di emendare o aggiornare
l'immagine della Chiesa romana, confessa i torti storici del cattolicesimo verso ebrei,
albigesi, ugonotti e tanti altri, senza dimenticare il rogo di Giordano Bruno e la
condanna di Galileo. Ma, per il presente, conferma la condanna dei contraccettivi anche
nel Terzo mondo e persino dei profilattici nonostante il flagello dell'Aids fra i
latinoamericani e i numerosi proseliti africani.
Questi, ben oltre la disputa sul calendario, saranno i veri e severi problemi d'inizio
del terzo millennio, che comunque è alle porte, senza ignorare grandiose incognite come
l'immenso travaglio della Cina e la globalizzazione della Wto. Ma per chi volesse ancora
dedicarsi a distrazioni di fine secolo, ecco pronta una perplessità lessicale. Dopo
connotazioni come settecentesco e ottocentesco e novecentesco, ci troveremo in qualche
difficoltà nel Due mila.