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Se l’underground affiora in superficie


Raffaele Oriani

 

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Nella Berlino che rinasce e si candida a diventare una delle capitali del ventunesimo secolo e’ accaduto un fatto strano: la quinta ha rubato la scena, il fondale architettonico si e’ mangiato lo spazio della vita che deve ospitare. E’ accaduto insomma che per i media di tutto il mondo la capitale tedesca sia oggi soprattutto Potsdamer Platz, il Reichstag, Friedrichstrasse; e che i suoi protagonisti vivano a Londra, a Parigi o a Genova piuttosto che a Kreuzberg o sull’Unter den Linden. Fatto strano, perche’ in questi anni la citta’ non e’ cambiata solo per mano dei vari Norman Foster, Renzo Piano, Jean Nouvel; perche’ insomma gli sguardi concentrati sulle gru e sui palazzi hanno spesso trascurato di registrare una metamorfosi ben piu’ radicale, che ha intaccato i tempi, le abitudini, l’anima stessa della capitale tedesca.

Berlino oggi e’ una citta’ giovane. Anche a dispetto dell’anagrafe, che ti fa incontrare giovani stilisti sopra i quaranta, giovani registi a meta’ dei trenta, giovani riviste con la freschezza del primo numero anche dopo anni di onorato servizio. Berlino e’ giovane perche’ non sai mai da dove venga ne’ dove stia andando; e perche’ i suoi protagonisti sono arrivati al successo sulle ali di un sogno, e anche ora che ce l’hanno fatta sono ben decisi a non scegliere tra il miraggio dell’espressione e la realta’ della professione.

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Si continua a correre, ad esempio, nelle Sophiensaele del quartiere di Mitte: uno spazio di inizio secolo che a fine ‘96 viene affittato per quattro soldi da un gruppo di teatranti e nel giro di pochi mesi diventa la mecca indiscussa della nuova scena berlinese. E’ ormai l’unico palazzo cadente di una zona in pieno boom immobiliare, ma la direttrice Amelie Deuflhard spera di non dover mai rinunciare allo charme dei calcinacci, delle macchie sul muro, delle pozzanghere in cortile: ‘Tutto qui ci ricorda che siamo una struttura aperta, che comunica col pubblico e con le altre arti. Che dobbiamo continuare ad attingere ai talenti di questa citta’, agli allievi delle scuole e al circuito dei teatri off’. Quattro assi di legno per palcoscenico, quattro tubi d’acciaio per platea: non c’e’ voluto molto alle Sophiensaele per diventare uno degli indirizzi piu’ ambiti del teatro tedesco e per proiettare i suoi protagonisti nell’empireo dell’establishment berlinese. Da qualche mese infatti la coreografa Sasha Waltz e l’impresario Jochen Sandig, trentenni che in questi anni hanno fatto la fortuna del teatro in Sophiestrasse 18, sono passati a guidare la rinnovata Schaubuehne, il teatro che fu di Peter Stein, di Bruno Ganz e di Otto Sander e che da gennaio 2000 vuole tornare ad essere il primo teatro di Berlino (Sophiensaele permettendo).

Mitte e’ il quartiere in cui per dieci anni tutto e’ stato davvero possibile: fondare un teatro con gli amici e scoprirsi dei geni, chiamare a raccolta un gruppo d’artisti e diventare il maggior gallerista della citta’. E’ successo a Klaus Biesenbach, trentenne d’assalto arrivato in citta’ subito dopo la caduta del Muro, che in pochi anni e’ riuscito a fare di Berlino una delle tappe obbligate del circuito dell’arte contemporanea. Anche in questo caso la carriera confina col sogno, e il passo dai venti metri quadri ad affitto agevolato alla direzione delle Kunstwerke (Auguststrasse 69) e all’organizzazione della Biennale berlinese d’arte contemporanea (II edizione: settembre 2000) sembra davvero troppo lungo per non aver richiesto che un paio d’anni e non essere in fondo che una delle tante storie esemplari della Berlino anni novanta. Esemplare e straordinaria come la storia di Cynthia Barcomi, trentenne di Seattle che arriva a Berlino per fare la ballerina e in pochi anni diventa invece la regina dei bagels: apre uno, due, tre locali e riscalda le notti berlinesi con le ricette della cucina ebraica. Ovviamente a Mitte e ovviamente in uno dei magnifici cortili interni dei caseggiati dell’epoca di Weimar.

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Altro quartiere, stessa storia: ci spostiamo infatti piu’ a est e arriviamo a Prenzlauerberg (Kastanienallee 79), dove nel solito splendido cortile cadente si fa fatica a trovare l’atelier di Thatchers, uno dei marchi che stanno rilanciando la moda made in Berlin. A Thomas Mrozek, che con Ralf Hensellek firma le collezioni, chiediamo come e’ cambiata in questi anni Berlino: ‘Era un’isola in cui tutti si sentivano artisti, ora e’ una grande piazza in cui non basta piu’ il talento. Qualsiasi cosa fai bisogna devi saperla vendere’. Anche Mrozek ha iniziato occupando quattro mura fatiscenti quando a est non si capiva bene chi fosse proprietario di cosa, e anche lui ha una storia underground e un presente sotto i riflettori dei media: ‘Ma lavoriamo ancora tra amici e Berlino e’ bella proprio per questo: perche’ se ad esempio ti serve la musica per un Cd-rom non hai che da metterti in cerca, girare per locali e puoi stare sicuro che prima o poi trovi il gruppo che fa per te’. Contaminano i teatranti, contaminano gli artisti, contaminano gli stilisti: tutti alla ricerca di tutti e tutti sicuri di riuscire a trovarsi. A Berlino.

Come si sono trovati i giovani architetti di Freitag: ancora un cortile di inizio novecento, ma questa volta a Kreuzberg, in quello che era l’ultimo angolo di Occidente prima del Muro. Freitag e’ un marchio d’architettura di interni nato nell’aprile ’99 (stand per la Smart a Francoforte, set per la Tv pubblica tedesca ZDF), di proprieta’ di cinque amici di Hannover che come tanti non hanno resistito al richiamo della Berlino di fine millennio: ‘Non abbiamo molti clienti berlinesi - ci dice Markus Fischer, architetto trentenne da un paio d’anni in citta’ - ma la capitale ormai e’ un magnete. E come noi sono arrivati tantissimi altri giovani imprenditori, tanto che a Berlino si vanno riformando circoli di amici da tutte le parti della Germania’. Ma la citta’, domandiamo, sta ancora crescendo? ‘Certo. In questi anni e’ stata costruita la cornice, ma la maggior parte dei palazzi sono ancora vuoti e andranno riempiti di gente e di lavoro. E con la citta’ cresceremo anche noi, perche’ in cinque davvero non ce la facciamo piu’’. I giovani architetti di Freitag condividono l’enorme hangar-ufficio con tre riviste e una ditta di software: saranno venti persone, il piu’ vecchio e’ ben lontano dai trentacinque anni.

Giovani anche nel cortile accanto, Schlesische Strasse 28, redazione di Style and the family tunes. Anche questo e’ un progetto anni novanta, anche questo un fenomeno di subcultura affiorata in superficie e anche questa e’ un’azienda che non ha ancora smesso di crescere. Style e’ la tipica rivista di tendenza, un bimestrale (che il prossimo anno diventa mensile) con una tiratura di 18.000 copie (che il prossimo anno salgono a 25.000). A Christian Tjaben, che ne e’ il guru musicale, facciamo la domanda che chi ci ha seguito sin qui si sara’ posto da un pezzo: ma e’ davvero tutto oro quello che luccica a Berlino? ‘Sai com’e’: ti dicono che Berlino e’ la citta’ del momento. Lo senti dire, lo senti ripetere, tanto che alla fine ci credi. E ti metti sotto come se stessi vivendo davvero nella citta’ del momento. Cosi’, a furia di mettersi sotto, ci si ritrova davvero a vivere nella citta’ del momento’. Chiaro, no?

 

 
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